I francescani martiri in Cina e il sacrificio di sant’Antonino Fantosati
di Aurelio Porfiri
Quando si parla delle missioni in Cina si va subito con la mente a quelle dei gesuiti che ebbero senz’altro una grande importanza. Ma si dimentica che prima di loro, nel quattordicesimo secolo, arrivarono i francescani, tra i quali il beato Giovanni da Montecorvino (primo vescovo di Pechino) e il beato Odorico da Pordenone.
La missione francescana continuò a lungo, fino a inaugurare il ventesimo secolo con la gloria del martirio. Prendiamo per esempio Antonino Fantosati (battezzato Antonio Sante Agostino), nato a Trevi in provincia di Perugia, la cui famiglia aveva legami con quella di Gioacchino Pecci, futuro papa Leone XIII (prendo queste informazioni storiche da varie fonti, tra cui la voce a lui dedicata compilata da Fortunato Margiotti nel 1994 per il Dizionario biografico degli italiani).
Fantosati studiò dai francescani e intorno ai sedici anni manifestò il desiderio di unirsi a loro. Terminati gli studi e ricevuto il sacerdozio, nel 1867 si mosse verso Marsiglia dove era atteso dai confratelli per partire per la missione in Cina. Si recò nella provincia centrale dell’Hubei, dove rimase per circa venticinque anni girando per varie città. Dopo questo servizio fu trasferito nella regione limitrofa dell’Hunan, dove nel 1892 fu consacrato come vescovo e vicario apostolico dell’Hunan meridionale. Il suo territorio era difficile, con poche migliaia di fedeli (intorno ai cinquemila) e circa quindici sacerdoti autoctoni non ben formati. Inoltre vi erano le persecuzioni anti cristiane culminate poi nella rivolta dei Boxer. Monsignor Fantosati a un certo punto si sentì travolto dal peso delle responsabilità e chiese a Propaganda Fide di affidare il vicariato apostolico agli agostiniani delle Filippine, ma da Roma gli fu detto di no. Le cose in seguito sembrarono andare meglio, ma per poco. Sentiamo come il Margiotti racconta l’epilogo della vita di Fantosati: “Ma quando già sembrava tornata la calma, il clima politico si surriscaldò paurosamente contro gli stranieri indicati come la causa di tutti i mali dell’Impero cinese (rivolta dei Boxer). Il 5 luglio gli giunsero le prime confuse notizie dell’incendio delle opere della residenza centrale di Hwangshawan, dell’uccisione del padre Cesidio Giacomantonio e della dispersione delle ragazze della Santa Infanzia. Nella speranza di poter salvare il salvabile, il giorno 6 partì in barca insieme col padre G. M. Gambaro. Ma quando, sul mezzodì del 7 luglio 1900, vide con i propri occhi le rovine fumanti di Hwangshawan, decise di recarsi dalle autorità provinciali di Changsha. Riconosciuti però subito come stranieri, furono aggrediti e percossi con bastoni e sassi sulle rive del Hsiang-chiang. Il martirio del Gambaro terminò relativamente presto, mentre quello del Fantosati si protrasse per più ore. Ambedue i corpi mutilati furono bruciati. Il Fantosati fu beatificato da Pio XII il 24 novembre 1946”. Verrà poi canonizzato da Giovanni Paolo II.
Antonio Borrelli (santiebeati.it) racconta con più particolari la morte di questi martiri: “Verso mezzogiorno del 7 luglio 1900, la barca arrivò sul fiume nei pressi della città; riconosciuti da alcuni ragazzi e al grido ‘morte agli europei’, la plebaglia dalla riva prese le barche dei pescatori e circondarono quella dei missionari, i quali a stento riuscirono a scendere sulla riva, dove, aggrediti dalla folla urlante, furono massacrati con sassi e colpi di bastone; padre Gambaro morì dopo una ventina di minuti di percosse, mentre al vescovo Fantosati, agonizzante per le botte, ma ancora vivo, un pagano infilò un palo di bambù con punta di ferro da dietro; negli spasmi il martire riuscì a sfilarlo, ma un altro pagano, preso lo stesso palo, lo conficcò in modo che uscì dall’altra parte; dopo due lunghe ore di martirio moriva così il vescovo Fantosati, dopo trentatré anni di missione a cinquantotto anni di età”.
Certo è difficile immaginare tanta crudeltà sofferta per amore di Cristo e dei cinesi. Matteo Liut su Avvenire afferma: “Il cuore dei cristiani batte con il respiro del mondo e supera le barriere che la storia, le culture e le distanze geografiche pongono tra popoli e nazioni. La vita di sant’Antonino Fantosati fu animata da questo stesso palpito e culminò nel sacrificio totale che questo prete francescano fece di sé al popolo cinese”. Il sacrificio supremo.