di Francesco Balducci
Il Meeting di Rimini è stato qualcosa di unico nel panorama cattolico non solo italiano, ma mondiale, e di tutta la storia della Chiesa: una settimana di eventi, incontri, mostre, dibattiti (con una media di quasi un milione di visitatori ogni anno) che hanno portato alla pubblica visibilità temi, storie, opere fino ad allora poco conosciute al di fuori della cerchia ecclesiale. Con don Giussani e la sua santa “fissazione” della presenza pubblica in ogni ambito della società, i cattolici hanno ritrovato coraggio e brio, e sono usciti da quella sorta di complesso di inferiorità che li aveva caratterizzati per secoli. Un meeting che ha fatto capire e sperimentare a milioni di persone, nel corso dei decenni, come la fede generi opere e renda la vita bella e piena di fascino.
Purtroppo quel Meeting non c’è più. C’è un suo pallido erede, slegato dal carisma giussaniano che lo ha originato, come del resto il Movimento di Comunione e Liberazione. Ma mentre CL sta provando a tornare alle origini con la nuova presidenza di Davide Prosperi, dopo il disastroso quindicennio targato don Juliàn Carrón, il Meeting è rimasto saldamente nelle mani dei seguaci del prete spagnolo, grazie a uno statuto della Fondazione Meeting per l’Amicizia tra i Popoli che prevede che il Cda sia nominato in maggioranza (tre membri su cinque) dai soci partners, nello specifico: Fondazione per la Sussidiarietà; Associazione Compagnia delle Opere; Associazione italiana centri culturali. Le prime due realtà fanno riferimento a Giorgio Vittadini, figura storica di CL, legatissimo a don Carrón, mentre l’Aic è presieduta da Letizia Paoli. Altre figure di spicco del Meeting sono il presidente Bernard Scholz, già numero uno della CdO, e il vicepresidente del Meeting, il professore universitario fiorentino Andrea Simoncini.
In sintesi: il Meeting di Rimini è organizzato da enti e persone che, da anni ormai, hanno un’impostazione culturale e una linea ecclesiale che cozza con la storia da cui provengono. Come ha giustamente ha scritto in un post il giornalista e scrittore Antonio Socci, uno dei “figli” di don Giussani: “Don Giussani nel 2003 invitava a non essere cortigiani della storia. Una lezione inascoltata dai suoi. Infatti, dopo sedici anni di devastazione carroniana, CL è inesistente, ridotta a fare la clacque del Potere”.
Anche durante questa edizione, a parte qualche mostra (particolarmente belle quelle dedicate a Rosario Livatino, ai Gulag, a don Giussani per il centenario della nascita e quella curata dai Missionari e Missionarie della San Carlo sul Libro di Tobia) e qualche incontro, è emersa la solita impostazione culturale: microfoni aperti, senza contraddittorio e senza un giudizio, per i rappresentanti del Potere (c’era mezzo governo Draghi), dall’altro una pericolosa ambiguità simboleggiata dal grande salone dedicato all’Agenda 2030, che è un’agenda piena di obiettivi che fanno a pugni con la Dottrina sociale della Chiesa.
Molti ciellini si chiedono, in queste ore e in questi giorni sui vari gruppi social e chat private, che senso abbia un Meeting così slegato dalla sua storia e dal carisma di don Giussani, e si domandano per quale motivo non sia direttamente la Fraternità di Comunione e Liberazione a organizzarlo. La standing ovation per Mario Draghi ha fatto arrabbiare diverse persone, stupite, che si chiedono cosa leghi l’esperienza giussaniana a un premier così lontano da quello che era il mondo ciellino.
Nel frattempo, don Carrón sta girando da oltre due mesi tutte le comunità di CL in Italia, e quest’estate ha preso parte a diverse vacanzine e campi estivi degli ormai sparuti gruppi universitari del CLU. Una sfida aperta al neopresidente Prosperi, nonostante proprio lo scorso 10 giugno il cardinale prefetto del Pontificio consiglio pro Laicis, Kevin Farrell, abbia rivolto un forte richiamo allo stesso Carrón, pur senza citarlo esplicitamente, accusandolo di aver diffuso “una dottrina della successione del carisma gravemente contraria agli insegnamenti della Chiesa”, e di altre gravi mancanze, insieme a chi condivideva con lui responsabilità nella guida del Movimento: “Un clima di sfiducia nei confronti della Chiesa e di resistenza alle sue indicazioni; un forte personalismo; divisioni interne e logiche manipolatorie; un ampio dissenso riguardo agli interventi e alle decisioni dell’autorità ecclesiastica”, sono le dure accuse del cardinal Farrell. Nel frattempo, raccontano fonti interne a CL, la vecchia guardia carroniana spera in una rapida ascesa al soglio di Pietro del cardinal Zuppi, amico personale del prelato spagnolo, nella speranza di veder cancellate le norme sui Movimenti volute da papa Francesco nel 2021.