di Arturo Viviani
Caro Valli,
scrivo in relazione all’intervento Le ragioni del creazionismo e la favola evoluzionistica del lettore Sergio Marra sul fisico Cabibbo e sulla sua tesi di conciliazione tra la Creazione e una certa “evoluzione” umana. Credo sia necessaria una specificazione e insieme una netta distinzione tra le posizioni, differenti, di chi sostiene in ambito scientifico una certa “evoluzione” compatibile con la Creazione e di chi invece fa propria la teoria dell’evoluzionismo di tipo darwiniano, che è in radice estranea e contraria alla Dottrina della Chiesa.
Mi pare che l’ingegner Marra non colga sufficientemente bene, nel suo articolo, questa sottile ma anche fondamentale differenza, tendendo invece, in qualche modo, a fare della questione, che è complessa, di tutta l’erba un fascio (“evoluzionismo”).
Ritengo significativo che l’assai dotto e senza dubbio totalmente ortodosso papa Pacelli, Pio XII, nel 1950, nella sua enciclica (antimodernista ed anti-nouvelle theologie) Humani generis, dedicata ad “alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della Dottrina cattolica”, fece importanti distinzioni sul tema, addirittura autorizzando la ricerca e la discussione teologica in tale campo, e non impedendola in modo aprioristico e pregiudiziale: un grande insegnamento metodologico da parte di quel grande papa, rigoroso nella difesa del Dogma ma intellettualmente aperto e dunque dialogante con la scienza, quella vera e pertanto assai rispettosa della Fede rivelata.
Traggo dalla citata enciclica Humani generis questo passo:
“Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede cristiana. Non pochi chiedono instantemente che la religione cattolica tenga massimo conto di quelle scienze. Il che è senza dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo.
Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle scienze e della teologia sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all’evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l’ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede (cfr. Allocuzione Pont. ai membri dell’Accademia delle Scienze, 30 novembre 1941; A. A. S. Vol., p. 506). Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela.
Però quando si tratta dell’altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4)”.
Pio XII e il suo magistero vanno senza dubbio riscoperti e valorizzati!
Successivamente, nel 2006, un interessante articolo (Creazione o evoluzione? La Chiesa di Roma risponde così) faceva il punto sullo status quaestionis proponendo anche alcuni riferimenti al tema di Benedetto XVI, pontefice molto interessato al problema (d’altra parte, come potrebbe un papa non esserlo?).
Appare chiaro che nel trattare questioni come quella di cui stiamo discutendo siano necessarie entrambe le ali che il magistero di san Giovanni Paolo II (e del suo prefetto alla Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger) indicò, nella Fides et Ratio, come imprescindibili perché l’uomo possa innalzarsi verso la contemplazione della verità: Fede e Ragione, appunto. Mai in contrapposizione tra loro, ma in reciproca e completa sinergia e sostegno.
Questa ricerca, assai interessante e necessaria per un cattolico, lo è ancor più per un vero scienziato, ricercatore della verità. Meno stimolanti, invece, le prese di posizione aprioristiche, pregiudiziali, recanti persino, talvolta, un qualche sentore di tipo ideologico.
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