Cari amici di Duc in altum, la vicenda che oggi vi raccontiamo assomiglia per certi aspetti a una storia tipo Don Camillo e Peppone, relegata a un fazzoletto di territorio della provincia italiana, ma la portata di quanto è successo va al di là del caso di cronaca in sé. Dimostra come un uomo di Chiesa, se vuole mantenersi tale e fare gli interessi della comunità che gli viene affidata, possa trovarsi al centro di macchinazioni e accuse. E chi dovrebbe stare dalla sua parte si eclissa, tace o, peggio ancora, sta dall’altra parte.
Tempo fa, quando le cronache si sono occupate del caso, hanno parlato della rimozione di un prete “no mask”. In realtà la storia è ben diversa.
Il sacerdote in questione si chiama don Diego Minoni, all’epoca dei fatti amministratore parrocchiale a Vanzago (Milano), e la faccenda delle mascherine copre un’operazione mossa dall’interesse economico.
In sostanza, tempo fa don Diego si è opposto alla vendita di un bene di proprietà della parrocchia, una piscina, perché di fatto sarebbe stata una svendita, del tutto sfavorevole dal punto di vista economico. Di qui l’accanimento contro di lui e di qui la scusa addotta per chiederne la testa: essere “no mask”, uno stigma che merita una condanna senza appello, specie in una diocesi, come quella ambrosiana, che ha voluto sempre distinguersi, fino alla morbosità, nell’adozione delle misure anti-contagio.
Dunque, la piscina. Siamo, come detto, nel comune di Vanzago, e più precisamente nella frazione di Mantegazza. Quando la parrocchia di Cristo Re decide di vendere l’impianto (piscina coperta con annesso edificio di due piani più il seminterrato e circa duemila metri quadrati di terreno) il compromesso con i promissari acquirenti è stipulato a fine 2018, con prezzo di vendita fissato in 235 mila euro. A fine 2019 i promissari acquirenti sollevano una serie di problemi e chiedono al nuovo parroco don Diego, arrivato a settembre, altri mille metri quadri di terreno e un forte sconto. Vogliono pagare di meno. La richiesta viene quindi sottoposta a un’assemblea generale parrocchiale che si tiene nel giugno 2020. Risultato: respinta. Da questo momento da parte dei promissari acquirenti inizia una serie di iniziative per intralciare la conclusione dell’operazione. Nella trattativa privata coinvolgono anche il Comune, e il Comune si lascia coinvolgere. Nel febbraio 2021 il Comune afferma che la parrocchia deve cedere alle richieste dei promissari acquirenti, ma la parrocchia tramite il proprio avvocato manda una diffida: se il Comune proseguirà nel suo intento sarà denunciato per tentata estorsione.
È da quel momento che sui social, e poi sulla stampa, si scatena la campagna denigratoria contro don Diego. Non solo. Il sacerdote si vede prima appioppare dalle autorità una multa di 400 euro per non aver indossato correttamente la mascherina e poi, il 7 aprile 2021, con un preavviso di sole tre ore, la Curia di Milano gli fa sapere che deve lasciare immediatamente la parrocchia.
Tolto di mezzo il prete scomodo, i promissari acquirenti si affrettano a chiedere di fissare il rogito e di conoscere il nome del nuovo plenipotenziario che firmerà l’atto, ma c’è una circostanza curiosa: il loro avvocato dimostra di aver saputo ancor prima del diretto interessato che don Diego di lì a poco non sarebbe stato più in carica.
Ora, che don Diego non sia mai stato un tifoso esaltato di mascherine, gel e altri provvedimenti anti Covid lo dice lui stesso. Ma non è mai stato “no mask” e da subito alla gente ha comunicato le disposizioni della Curia diocesana. Semplicemente, si è affidato alla responsabilità dei fedeli senza insistere ossessivamente sulla questione. Ma questa, chiamiamola così, “freddezza”, questa mancanza di fanatismo da sanificazione è stata ritenuta una colpa imperdonabile. Ed è stata prontamente gonfiata e usata da chi voleva che don Diego uscisse di scena.
Il rogito, segnato da condizioni molto onerose per la parrocchia per aderire alle richieste della controparte, è avvenuto il 3 febbraio 2022, e la domanda è: la Curia di Milano ha a sua volta utilizzato la scusa del prete “no mask” per allontanare don Diego, “colpevole” soltanto di aver fatto gli interessi della parrocchia contro un gruppo di pressione?
L’impressione è che la Curia abbia in effetti accettato tutte le condizioni poste dai promissari acquirenti. Ripetutamente sollecitate dai fedeli in proposito, le autorità curiali non hanno però fornito spiegazioni. Nell’ultima mail del maggio 2022, per esempio, i fedeli chiedevano perché la curia milanese avesse trasmesso un documento falso e perché nel rogito stipulato a febbraio si fosse concesso agli acquirenti di costruire a confine senza una reciprocità e la definizione di tempi e spazi.
Don Diego chiede giustizia. Per rispetto verso se stesso, verso la comunità che gli era stata affidata, verso la Chiesa tutta e in definitiva verso la verità. Tanto spesso oltraggiata proprio da chi dovrebbe farsene testimone.
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