“Qui siamo una grande famiglia multiculturale felice”. Era il 2013 quando la stampa dedicava titoli come questo alla città inglese di Leicester. “Abbiamo cinquantacinque moschee, diciotto templi indù e siamo tutti minoranza”. Un vero modello di integrazione. Che però nei giorni scorsi, mentre gli inglesi erano tutti presi dalla morte della regina Elisabetta, è diventato un sogno infranto.
“Nessuno prevedeva che Leicester diventasse la città più multiculturale del pianeta. Ma è successo proprio questo” scriveva nel 2013 The Independent, giornale della sinistra inglese. Leicester crogiuolo di culture diverse, Leicester laboratorio da prendere a esempio.
Ma sabato 17 settembre il quadro è cambiato radicalmente. Centinaia di musulmani e di indù si sono sfidati per strada. Alcuni erano armati di cartelli, altri di coltelli. Molti sfoggiavano i rispettivi simboli religiosi. Risultato: decine di feriti (poliziotti inclusi), auto distrutte, il centro città messo a ferro e fuoco. Quarantasette gli arrestati, per la maggior parte giovani.
Gli scontri erano nell’aria. La città veniva da settimane di tensioni, con spedizioni punitive, roghi di bandiere nemiche, moschee e templi induisti accerchiati da estremisti minacciosi.
La miccia, si racconta, sarebbe stata accesa durante la partita di cricket tra India e Pakistan, il 28 agosto. Vince l’India, e sulle tribune alcuni membri della comunità indiana di Leicester pensano che sia il caso di festeggiare gridando “Pakistan Murdabad”, “Morte al Pakistan”. Passano alcune ore e un sikh è aggredito in strada. I social si scatenano. Circolano anche notizie false. Il 31 agosto contro la casa di una famiglia indù che celebra la festività del Ganesh Chaturthi vengono lanciate uova. Poi arrivano gli scontri per le strade, a base di spedizioni punitive. Indù che assaltano i quartieri a maggioranza islamica, musulmani che fanno altrettanto nelle zone abitate dagli indù. Tutti sono mascherati. Qualcuno è armato di coltello. I facinorosi non sono tutti del luogo. Alcuni arrivano da Luton, Bradford, Birmingham, anche da Londra. La Bbc dice che la metà dei duecentomila tweet dedicati ai disordini è stata geolocalizzata non in Gran Bretagna ma in India.
“Qualcosa ribolliva sottotraccia da mesi”, spiega al Guardian Ruma Ali, attivista della comunità musulmana. Tra i responsabili degli scontri ci sarebbero numerosi nuovi immigrati arrivati dall’India, più radicali rispetto alla comunità che da decenni convive con quella musulmana e con le altre fedi.
E poi la crisi economica. E poi il Covid. I più giovani si ritrovano senza prospettive. E molto arrabbiati. Sono poco più che adolescenti e ora si scambiano accuse. Musulmani che parlano di attacchi indù, indù che accusano i musulmani di diffondere odio. Pare che dall’India sia stata importata l’ideologia del Rashtriya Swayamsevak Sangh, organizzazione paramilitare ultranazionalista legata al BJP, il partito del premier Narendra Modi. La violenza contro i musulmani in India è aumentata negli ultimi anni.
Secondo l’ultimo censimento (2011) a Leicester (città tradizionalmente a guida laburista) si parlano settanta lingue. Su un totale di oltre 320 mila abitanti i cristiani sono il 32,4% della popolazione, i musulmani il 18,6%, gli induisti il 15,2%. Completano il quadro i sikh (4,4%) e le piccole minoranze di buddisti (0,4%) ed ebrei (0,1%). Il 45,1% della popolazione è bianca, il 37% asiatica, il 6,3% di colore.
Dopo gli scontri, in un comunicato congiunto letto sui gradini della moschea Jame Masjid di Leicester, i leader musulmani e indù hanno proclamato che «entrambe le fedi religiose hanno convissuto in maniera armoniosa a Leicester per oltre mezzo secolo. Siamo arrivati qui insieme e abbiamo affrontato le stesse difficoltà. Insieme abbiamo fatto di questa città un faro della diversità e della coesione sociale».
Ma l’aria non è la più la stessa. I negozianti dicono che la gente ha paura di uscire di casa. E gli indiani temono nuove violenze in occasione della loro festa di Diwali, il prossimo 24 ottobre.
Intanto anche a Birmingham una folla di musulmani ha circondato un tempio indù dopo che si è sparsa la voce di rapimenti e attacchi alla moschea cittadina.
A.M.V.
Nella foto, i leader musulmani e indù di Leicester in occasione della dichiarazione congiunta contro le violenze
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