di Fabio Battiston
Nel 1964 usciva nei cinema italiani Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo, un vero capolavoro comico diretto da Stanley Kramer. Un’opera non banale, tanto che l’American Film Institute lo ha inserito al quarantesimo posto nella classifica delle migliori cento commedie americane di tutti i tempi. Ricordo ancora nitidamente quel pomeriggio del 1964 quando con tutta la mia famiglia (ero con mamma, papà e i nonni, si può ancora dire?) andammo al cinema Empire, a Roma, per vedere questo film; avevo otto anni.
Perché questo ricordo di quasi sessant’anni fa? Beh l’idea (se così la si può definire) me l’ha data l’analisi di uno scenario che, nostro malgrado, sta sempre più connotando l’etica, il costume, e “l’evoluzione” (purtroppo anche religiosa) della società globale: il fenomeno “gender” in tutte le sue forme e aberrazioni.
La mia attenzione, in particolare, è stata attirata da un aspetto, diciamo così, nominalistico. Mi riferisco alle sigle che la comunicazione/informazione massmediale ci propina ogniqualvolta offre al pubblico i panegirici e le agiografie con le quali – con pervicace approccio apologetico – tratta di questo tema, dei suoi protagonisti e dello splendido futuro che le società “arcobaleno” stanno preparando per noi, insulsi refrattari alla cosiddetta inclusività. Ho quindi voluto fare un po’ di storia spicciola di questo “curioso” fenomeno che, in realtà, sottende una ben precisa (e malefica) strategia.
Si cominciò col definirlo “il mondo LGB” dove la sigla sta per Lesbian, Gay and Bisexual. A tutti noi, mondo di uomini e donne eterosessuali e di famiglie dove – che orrore – un padre e una madre mettevano al mondo ed educavano figli e figlie, tutto ciò pareva già abbastanza. Ma non la pensavano così i costruttori di questa nuova società umana. Evidentemente c’era bisogno di allargare il fronte; come si dice, “più siamo e meglio è”.
Ecco quindi apparire la T che, per tutti gli ignoranti in materia, faceva entrare nell’arcobaleno il popolo dei Transexuals. Da allora i mass media non fecero altro che triturare i nostri cervelli con la mitica sigla LGBT. Dall’inizio di questo millennio e in pochi anni la Tv italiana (pubblica e privata) stabiliva e imponeva la legge non scritta delle “quote arcobaleno”. Se oggi la percentuale di pederasti e transessuali televisivi corrispondesse a quella nazionale, ne avremmo 1,5 per ogni famiglia italiana. In questo scenario, chissà perché, la quota “lesbo” è stata sempre minoritaria; che ci sia un razzismo intersessuale anche tra di loro? In ogni caso l’onda montava, e monta sempre più. LGBT diviene un dogma, un mantra, un feticcio, chiamatelo come volete. Ed ecco arrivare, finalmente, il torrente dei loro diritti! Matrimonio (solo civile, per ora, ma la Cei sta lavorando alacremente per preparare i nuovi altari); adozioni non importa come (tradizionali, con fecondazione assistita, utero in affitto?), obblighi per amministrazioni e aziende, pubbliche e private, di “dotarsi” di adeguate infrastrutture per accogliere degnamente tali soggetti (anche nelle scuole materne ed elementari, certo). E c’è di più; se l’Italia, l’Europa ed il mondo devono essere LGBT, allora occorre anche imparare un nuovo linguaggio, nuove parole e modi di dire, come pratica dimostrazione di essere perfettamente allineati col nuovo che avanza. Devono, capite? E insieme a questo un altro orrendo obbligo: non pronunciare più certe parole o espressioni. Non manifestare più altre opinioni su questo fenomeno che non siano quelle impartite da chi ha, come si diceva una volta, “il mestolo in mano”. La società LGBT ci dice come parlare, come agire, cosa pensare e, soprattutto, cosa d’ora in poi è tassativamente vietato dire o fare. Arrivano nuove leggi a mettere il bavaglio a tutto ciò che non è più conforme a questo pensiero unico, con pene fino alla galera. Ecco quindi mostrarsi in tutta la sua magnificenza l’omofobia (termine assolutamente imbecille e creato ad hoc per evocare mostri), il nuovo nemico da combattere e distruggere, con le relative leggi che la contrastano.
Mentre scrivo mi vengono in mente altri periodi, altre nazioni e altri governi in cui ritrovare le nefandezze e le oppressioni portate da questa “nuova” cultura e società. Erano scenari in cui i nemici da opprimere ed eliminare erano categorie religiose e umane (tra cui anche molti esponenti di quella che allora non si chiamava comunità LGBT). Oggi, mutatis mutandi, il nemico da reprimere è rappresentato dalla cosiddetta omofobia, dalla famiglia “normale”, dalle idee di un papà o mamma, di un maschio o femmina che vogliono continuare a essere, e a difendere, ciò che sono sempre stati. Ma la cosa più tremenda è che si vuole sopprimere un pensiero, un’opinione, un’idea (e anche una fede?). Gli strumenti sono ben diversi da quelli di un tempo ma gli obiettivi sono simili. Non si uccide più nessuno fisicamente, ma cosa sono l’isolamento, la calunnia, il dileggio, il linciaggio mediatico e l’insulto quando sono quotidianamente supportati da un poderoso apparat di comunicazione e potere politico? Un potere che può arrivare (come la dittatura sanitaria ci ha insegnato) a licenziare in tronco insegnanti, giornalisti o semplici lavoratori che non intendono piegarsi a questa ideologia. Ecco allora ricomparire oggi tra noi, con altri nomi e storie, gli Hanns Kerrl, i Franz Gürtner, i Whilelm Frick e i Bernhard Rust di un tempo. Chi sono? Andateli a cercare e troverete rapidamente la loro storia.
Ma torniamo alla nostra sigla che cresce, cresce sempre di più. Il mondo LGBT è ormai troppo stretto per i disegni dei suoi accoliti. Da un po’ di tempo, infatti, troviamo sempre più spesso, nella onnipresente comunicazione massmediale, il termine LGBTQ. È arrivata la quinta lettera; e che accidenti significa? Dovete sapere, cari lettori di Duc in altum, che esistono i Queer. Essi non provengono dalla sfrenata fantasia di Isaac Asimov, che ha posto questi esseri in qualche remoto pianeta del suo Impero Galattico, no! Dall’oracolo googleiano apprendiamo che trattasi di soggetti che non sono eterosessuali e/o non sono cisgender, cioè il genere che corrisponde al sesso che i dottori hanno assegnato alla nascita, tipicamente basandosi sui genitali. Evidentemente si pensa che tale categoria possa apportare un più che robusto aumento dei reggimenti di un’umanità sempre più tesa al conseguimento di un potere assoluto.
Pensavo fosse finita qui, e invece! Nell’ordine sono arrivati: LGBTQ+: come LGBT ma con l’aggiunta (ecco il significato del segno +) di coloro che non si sentono pienamente rappresentati sotto l’etichetta di donna o uomo eterosessuale; LGBTQIA+. Leggendo questa sigla non ce l’ho fatta più e mi sono dovuto arrendere. Abbiamo ora ben sette lettere e un simbolo aritmetico. Disperato, ho smesso di cercare significati a quella che, lo dico con estrema franchezza, mi appare ormai come un’autentica follia. La cosa singolare, tuttavia, è che quest’ultima sigla compare all’interno di un articolo della newsletter di Tradizione, Famiglia e Proprietà. Vi si descrive con dovizia di particolari l’azione “inclusiva” svolta, negli Stati Uniti, dalla “Villanova University” retta dai padri agostiniani. Pare che una sottosezione del sito web di questa benemerita Università sia dedicata addirittura a un gruppo, denominato “Villanova University Pride”,composto da studenti, docenti e personale che lavorano insieme per promuovere la consapevolezza e la celebrazione delle identità LGBTQIA+ nel campus. Potremmo aprire un concorso a premi per i primi tre lettori che ci indicheranno il significato di questa nuova sigla.
Nel 1964 Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo era solo un film, uno splendido film. La tragedia dei nostri giorni è constatare che questo nostro mondo, oggi, è tutt’altro che pazzo; è semplicemente divenuto un mostro.
Il finale che propongo è multimediale. Cliccate qui e vi troverete un divertente ma, al tempo stesso, serissimo video di Silver Nervuti (ByoBlu). Nei suoi tre minuti e poco più offre uno spaccato di grande intelligenza su come questo mondo fatto di sigle appaia oggi agli occhi di molti di noi.
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Nella foto, fratel Korbinian Klinger, guardiano del monastero di Kreuzberg (Germania), che ha issato la bandiera arcobaleno e tiene in mano una copia dell’esortazione apostolica di Francesco, Amoris laetitia.