“I dati di Flightradar24 [servizio di tracciamento dei voli in tutto il mondo, NdR] hanno mostrato che alcuni elicotteri militari statunitensi hanno sorvolato per ore abitualmente e in diverse occasioni il sito dell’incidente degli oleodotti Nord Stream vicino all’isola di Bornholm all’inizio di settembre”. Così inizia un articolo pubblicato su al Jazeera sul sabotaggio dei gasdotti.
Elicotteri americani intorno all’isola di Bornholm
“All’inizio di questo mese – prosegue la nota – un elicottero Sikorsky MH-60R Seahawk della Marina degli Stati Uniti ha passato ore a girovagare sulla posizione dei gasdotti danneggiati nel Mar Baltico vicino a Bornholm, e per diversi giorni di seguito, in particolare il 1, 2 e 3 settembre”.
Flightradar24 ha mostrato anche il sorvolo della zona da parte di “un aereo non identificato”, ma “il codice ICAO a 24 bit dell’aereo compreso nella descrizione consente di stabilire il modello, che è il Sikorsky MH-60R Seahawk delle forze armate statunitensi”. L’aereo in questione è partito da Danzica.
Infine, “Il 10 e il 19 settembre elicotteri statunitensi hanno sorvolato altri gasdotti Nord Stream e altri sono rimasti sul luogo dell’incidente per ore sia nella notte tra il 22 e il 23 che in quella tra il 24 e il 25 settembre”. Ovviamente non potevano essere velivoli russi, dal momento che si tratta di uno spazio aereo Nato, strettamente sorvegliato.
Disinformazione e psicosi collettiva
Ma è inutile ribadire l’ovvio, cioè che il gasdotto non è stato sabotato da Mosca, ma da altri attori geopolitici facilmente identificabili (ne abbiamo scritto in note pregresse). Resta la colossale disinformazione sulla vicenda, in parte dovuta alla subordinazione agli inviolabili vincoli transatlantici, in parte alla macchina propagandistica Nato, che usa allo scopo giornali, giornalisti ed esperti vari.
Per comprendere come funziona tale meccanismo è struttivo leggere quanto scrive John laughland in un articolo dal titolo Gli americani ce l’hanno fatta sul sito del Ron Paul Institute: “Nel suo straordinario libro, La psicologia del totalitarismo, lo psicologo fiammingo Mathias Desmet spiega come la psicosi collettiva possa far perdere alle persone le facoltà critiche”.
“In proposito, cita un famoso esperimento in cui si può far dire a una persona che la linea di un diagramma ha la stessa lunghezza di un’altra, quando in realtà è più lunga, se sette o otto attori hanno finto di arrivare alla stessa conclusione prima di lui”.
Tali “argomentazioni si applicano all’attuale psicosi collettiva sulla Russia. Per anni e decenni, siamo stati alimentati da storie dell’orrore riguardanti la Russia, ovviamente aumentate di intensità dopo l’invasione dell’Ucraina. Ora siamo arrivati a un punto in cui intere sezioni dei media, e i rispettivi governi, affermano di credere a cose semplicemente impossibili. L’ultimo esempio è l’apparente [ma ormai acclarato ndr] sabotaggio dei gasdotti Nord Stream”.
Gli spettri all’orizzonte dell’Europa
L’articolo prosegue dettagliando i tanti motivi che indicano negli Stati Uniti il Paese responsabile dell’attentato e quelli per i quali non può essere stata la Russia (chi vuole può leggere l’integrale cliccando qui). Interessante anche un commento di The Spectator al sabotaggio del gasdotto, dal titolo La discesa dell’Europa nella de-industrializzazione.
“Il rapido collasso economico che la Gran Bretagna sta affrontando – scrive il media britannico – è semplicemente una versione accelerata di ciò che l’intera Europa sta per attraversare; prestiti insostenibili per finanziare il divario tra i prezzi elevati dell’energia e ciò che le famiglie possono effettivamente permettersi”.
“Con il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, ora non c’è più una via di uscita percorribile. L’Europa non può più importare fisicamente il gas russo: i prezzi rimarranno alti fino a quando l’Europa non avrà una maggiore capacità energetica, cosa che potrebbe richiedere anni”.
“Cosa potrebbe derivarne? I prezzi elevati dell’energia renderanno la produzione europea non competitiva. I produttori europei saranno costretti a sopportare i costi energetici più elevati sotto forma di prezzi più elevati e i consumatori troveranno più conveniente acquistare prodotti provenienti da paesi con prezzi energetici normali. L’unica risposta logica europea alla minaccia di una diffusa de-industrializzazione è l’aumento delle tariffe. Questo è l’unico modo per pareggiare i prezzi tra i beni europei più costosi e quelli esteri più economici, sostenendo quindi artificialmente la produzione europea. Questa strategia abbasserà il tenore di vita, privando gli europei di beni più economici, ma conserverà almeno alcuni posti di lavoro nel settore manifatturiero”.
Crisi economica e nuovi blocchi
Tanto che il media britannico prospetta una situazione simile a quella della crisi del ’29. È solo uno dei tanti scenari foschi che si prospettano, altri sono un po’ meno duri.
Su quanto prospetta The Spectator, sempre se è realistico quanto scrive, pesa però una grande incognita: gli Stati Uniti permetteranno all’Europa di alzare dazi sui loro prodotti? Oltretutto dopo che hanno dimostrato un controllo sul Vecchio Continente molto più stringente di prima? Domande che attendono risposta se davvero si attuerà lo scenario suddetto.
Ma andiamo alla conclusione della nota: “Negli anni ’30, l’Europa cadde in un buco nero economico. La sua economia è crollata e tutto il commercio con il resto del mondo è stato risucchiato nel buco. L’Europa si è poi chiusa in se stessa e ha iniziato a innalzare barriere commerciali per ottenere una parvenza di normalità economica. Questo era un classico caso di ciò che gli economisti chiamavano ‘errore di composizione’: ciò che andava bene per l’Europa era male per l’economia mondiale e dal momento che l’Europa faceva parte dell’economia mondiale si rivelò negativo anche per l’Europa. Così Il mondo è scivolato nella depressione”.
“Potrebbe succedere la stessa cosa oggi?” Ss domanda il cronista, concludendo che sì, potrebbe accadere. Tale depressione potrebbe trascinare giù anche l’economia americana, la quale, “già fragile, cadrà”. E con essa il mondo.
“Una differenza fondamentale è che oggi esiste un blocco economico rivale che potrebbe rimanere isolato da queste dinamiche, i Brics+ emergenti: Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa e Argentina, con Iran, Turchia, Egitto, Indonesia e Arabia Saudita. Dall’inizio della guerra in Ucraina, i paesi Brics hanno consolidato i legami commerciali e finanziari e hanno accolto nuovi membri”.
“Sembra che l’obiettivo di queste economie sia distanziarsi il più possibile dall’Occidente. Se hanno successo – e sembra che potrebbe accadere – potrebbero evitare la depressione. Il sabotaggio del Nord Stream potrebbe essere il momento in cui i futuri storici segneranno la fine del dominio occidentale”.
Il momento è pericoloso soprattutto per questo. Chi ha il dominio ora cercherà in tutti i modi di evitare quest’ultima prospettiva. E un altro cambiamento, non certo secondario, rispetto alla crisi del ’29 è l’esistenza delle armi nucleari…
Fonte: piccolenote.ilgiornale.it