di Aurelio Porfiri
Molti saranno a conoscenza della vicenda di don Giulio Mignani, sacerdote sospeso dal vescovo di La Spezia per le sue posizioni incompatibili con la morale cattolica. In tanti si stanno scagliando contro don Giulio, ma pochi si interrogano su ciò che la vicenda insegna.
Ovviamente io sono in totale disaccordo con don Mignani, ma gli riconosco una certa coerenza. In effetti, per lo meno nelle interviste che ho letto, ha ammesso che il provvedimento di cui è stato oggetto era dovuto da parte del vescovo. “Sapevo – ha detto per esempio al Secolo XIX – che sarebbe arrivata la sospensione a divinis. Era un provvedimento che mi aspettavo, una decisione che il vescovo doveva prendere, di cui abbiamo discusso in diversi incontri. A dicembre aveva fatto un precetto penale per richiamarmi, per dirmi che se avessi rilasciato ancora dichiarazioni contrarie al magistero sarebbe scattata la sospensione. E così è stato. Per alcuni avvenimenti e dichiarazioni rilasciate nei mesi successivi all’incontro, nelle quali mi pareva di essere stato diplomatico, la commissione ecclesiastica ha ritenuto necessario dover fare scattare la sospensione”.
Don Mignani ha dunque riconosciuto che le sue posizioni su gay, aborto, eutanasia e via dicendo sono incompatibili con la Chiesa cattolica. Perlomeno non cerca di far passare queste posizioni come la vera dottrina cattolica. Una dottrina cattolica che certamente lui vorrebbe diversa (ecco il motivo della sua battaglia) anche se ciò non è possibile.
Ma, mi chiedo, chi è più pericoloso, un don Mignani che si identifica e viene allo scoperto o quei molti preti (in un’intervista egli parla di “prelati”) che lo hanno contattato per esprimergli solidarietà e manifestandogli la loro paura di uscire allo scoperto per timore della punizione? Don Mignani, pur sbagliando, è stato trasparente, ma quanti sacerdoti continuano la loro opera di distruzione e di inquinamento nell’ombra?
Purtroppo, ancora una volta viene tirato dentro il Papa, a cui don Mignani aveva spedito una lettera. Ed ecco come il prete racconta la risposta arrivata dal Vaticano: “La lettera veniva dalla Segreteria di Stato, non so se l’abbia scritta lui. Però mi si ringraziava e si auspicava che continuassi nell’ascolto” (intervista a vanityfait.it). Ma se il tuo vescovo ti ha sospeso, vuoi che il Papa non fosse informato? Allora perché ti incoraggia e poi ti fa sospendere? Credo che in Vaticano dovrebbero mettersi d’accordo tra loro.