di Romano Curiale
Caro Valli,
le scrivo per raccontare che cosa mi è successo di recente, mentre girellavo per la Città Eterna.
Fra non molto celebreremo la festa di san Paolo della Croce ed io ero salito al Celio per pregare sulla sua tomba. Portavo al Santo le numerose cure e preoccupazioni, tutto ciò che investe la mia anima e la mia scrivania, sempre ricolma di scartafacci e richieste di aiuto.
Ebbene, ai piedi del sacello di san Paolo trovo un poveretto, certo più disperato di me, che piange e sospira.
Mi avvicino, pensando di potergli dare il conforto di una parola buona.
“Che vi è successo, figliolo? Perché piangete?”. Il misero si volge, con gli occhi bassi, e comincia timidamente a raccontare il motivo che lo ha portato a Roma a supplicare l’intervento di san Paolo della Croce per le sue figlie.
L’uomo viene da Campagnano, diocesi di Civita Castellana, e mi racconta una vicenda che riguarda il monastero passionista che ivi sorge.
La comunità di Campagnano è in allarme: da un anno si teme la soppressione dell’amatissimo monastero delle Passioniste, e ora pare che questo timore stia diventando realtà.
Cerco di consolare l’afflitto, sussurrandogli con delicatezza che comprendo l’affetto della popolazione per il monastero, ma purtroppo ci sono dappertutto conventi costretti alla chiusura perché le monache sono poche e anziane e non riescono ad andare avanti.
L’uomo alza gli occhi, e con uno sguardo limpido e sincero mi dice: “No, monsignore. Le nostre monache non sono né poche, né anziane…”.
E racconta che la comunità contava, fino all’intervento dei superiori, una dozzina di monache, tutte giovani tranne una. La comunità era accogliente, la foresteria rinnovata, la liturgia bella, le suore laboriose: le religiose lavoravano in una loro azienda e stavano dando vita anche a piccole attività artigianali. Un gruppo di laici, poi, sosteneva queste attività con una Onlus.
“Capite, monsignore? Le suore lavoravano, ci sostenevano spiritualmente, facevano tanto bene al paese. Ed ora alcune di loro sono state mandate via e non sappiamo né dove né perché. Abbiamo tanto pregato, sia Dio sia chi poteva fare qualcosa. Abbiamo anche scritto… ma nulla…” sospira il mio interlocutore.
Egli prosegue e mi narra dei ritiri spirituali che si tenevano al monastero, dell’aiuto che le sorelle non rifiutavano a nessuno.
“Alcuni anni fa abbiamo sentito parlare di una lettera contro la superiora, scritta, si diceva, da un concittadino. Noi lo abbiamo cercato e lui ha smentito totalmente di aver mai scritto la lettera. Però ora la superiora e altre monache sono scomparse e il monastero è l’ombra di sé stesso”.
“Noi temiamo che superiori e alti prelati abbiano dato credito ad accuse false e non ne abbiano verificato l’infondatezza perché, tutto sommato, era più semplice liquidare tutto e, magari, vendere la proprietà. Ma noi sappiamo che non c’è nulla di dimostrato nelle accuse alle monache”, conclude il fedele.
Che dire al poveretto, ancora pervicacemente convinto che alti prelati e superiori non possano altro desiderare se non il bene delle anime e il trionfo della verità?
Gli prometto che cercherò di aiutarlo, che farò qualche indagine per capire a che punto stiano le cose.
Poi c’inginocchiamo e insieme invochiamo l’intervento di san Paolo della Croce a favore delle sue figlie di Campagnano.
Tu che desideri che i tuoi figli e figlie “mostrino all’Eterno Padre il suo Divino Figlio Crocifisso; gli espongono la scordanza che vi è nel mondo della ss.ma, sua Passione…», san Paolo della Croce, prega per loro.
Suo affezionatissimo in Cristo,
Romano Curiale