Caro Aldo Maria, ti scrivo / Cronache dal clero. I mal di pancia anti-Meloni dei preti comunisti
di padre Mario Begio
Caro Aldo Maria,
l’avventura della vita sacerdotale – credo che questa sia la definizione corretta – mi stupisce ogni giorno di più. Adesso alla Congrega del clero, l’incontro periodico dei sacerdoti della nostra zona pastorale, si ironizza sui possibili sviluppi del governo neo-fascista della Meloni. A parte che un vero governo fascista si sarebbe formato più celermente e avrebbe tacitato la stampa, ma tant’è! Pensa che i confratelli, tra una battuta e l’altra, sono arrivati a ipotizzare la deportazione del clero comunista. Più o meno la frase suona così: “Vedi che adesso i preti comunisti verranno mandati via dalle parrocchie!” Tutti ridono. E anche io.
Però poi tornando a casa mi sovvengono due pensieri. Il primo, più cervellotico, è che ormai l’idea che un prete possa essere comunista non fa più problema proprio a nessuno, il che significa aver accettato o che i preti siano ignoranti forte o che siano apostati almeno quel che basta.
La seconda idea invece è concreta e mi fa sentire un’amarezza a doppio strato: noi i preti li abbiamo già mandati via dalle parrocchie, li abbiamo rispediti in famiglia o li abbiamo portati a lasciare l’abito. È avvenuto esattamente un anno fa, con quei confratelli – peraltro pochissimi (come gli aborti utili a produrre i vaccini) – che non hanno accettato di farsi vaccinare. Li abbiamo scherniti e derisi alle spalle, sentendoci veri cristiani capaci di autentici atti d’amore. Li abbiamo lasciati andare, perché bisognava tutelare le parrocchie, i parrocchiani e noi stessi. E siamo qui a ironizzare su improbabili folate di fascismo. Se mio nonno partigiano fosse vivo, probabilmente mi darebbe una gran sberla.
Ma questo è solo il primo strato di amarezza, il secondo è che di questa vergogna la maggior parte del clero ancora non si avvede (e quindi non si ravvede). E in aggiunta di questo è bene proprio non parlare, perché non c’è spazio per una critica argomentata e documentata.
Entro in canonica e incontro il seminarista con la sua polo sgargiante, gli accenno del fattaccio: “Noi che ridiamo sulle fanta-deportazioni fasciste della Meloni e pochi mesi fa abbiam fatto peggio”. Non capisce. Terzo strato di amarezza. Certo è vaccinato, per comodo ho evitato di chiederglielo, ma certo è vaccinato: l’alternativa era venir cacciati dal seminario. E penso a cosa abbiamo fatto ai nostri giovani, la cui coscienza è resa e lasciata ottusa, costretti al compromesso morale fin dai primordi della loro vocazione, completamente inconsapevoli di ciò che li circonda, ecco l’opera delle nostre mani e della nostra educazione, sempre sperando che un malore improvviso non li stronchi, questi pochi e sempre più rari seminaristi.
E mi fermo qui. Per oggi.
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