Caro Aldo Maria, ti scrivo / Cronache dal clero. La piaga più grande
di Padre Mario Begio
Caro Aldo Maria, ti scrivo.
Volevo dirti altre cose sui vaccini e sul Covid, non perché sia fissato col tema – sono anche disposto a non pensarci più, finché non mi becca un malore improvviso (ma sono nella fascia di età un po’ meno colpita, spiace per i confratelli più giovani) – ma perché mi pare che una serie di problemi nella Chiesa e non solo siano venuti a galla lì e non si siano ancora inabissati.
Però oggi faccio un cambio programma, perché mi ha incuriosito il discorso del Papa sulla pornografia. Il Papa ha fatto un glissando sulla pedopornografia – e immagino che lì stesse pensando al cardinale McCarrick, ma fate un po’ voi. Poi si è fermato sulla pornografia consumata dai preti – c’erano anche le suore ad ascoltare, penso si siano imbarazzate un po’. È curioso pensare ai frati che usano pornografia, anche se a me ha sempre stupito abbastanza il fatto che ne usino gli uomini sposati o i giovani. Mi capisci? I giovani della liberazione sessuale si rinchiudono sugli schermi e sul digitale. Boh. In realtà sono vecchio quel che basta per stupirmi di altre cose, per esempio di come noi preti abbiamo buttato alle ortiche tante buone pratiche che aiutavano a custodire e a nobilitare la castità. Per sempio: sarà banale, ma era un aiuto la veste. Quando andavi al mare in veste mica potevi squadrare le passanti (che poi da giovani al mare proprio non ci portavano!). La veste custodisce il cuore, ti fa pensare ogni momento che il tuo corpo non è tuo, che l’hai dato a un Altro, per cui Lui lo può guardare, la gente no. A me sembrava un bel pensiero e ricordo con affetto un nostro professore di propedeutica che insisteva su questi temi in seminario. La veste ti protegge e le donne la apprezzano, perché il prete in veste, mentre cela il proprio corpo, dichiara di non interessarsi di loro come di oggetti. Per questo non ho mai capito come mail mio vescovo insista tanto nel ricordare ogni volta che “la veste è divisiva”. Sì, ma è lui che va alle cene di gala riservate a quelli che contano, io è 40 anni che sto nelle parrocchie di periferia con quelli che pensano di non contare un fico secco. Va beh, non voglio esagerare, che poi nemmeno la veste è magica. Però hai capito, vero? Una volta si insisteva molto sulla bellezza di dare il proprio corpo a Dio, ma oggi? Negli anni Settanta abbiamo avuto quelli che con un po’ di disprezzo hanno battezzato ‘pornoteologi’, quelli che per spezzare la sessuofobia si sono buttati a pesce nell’imprudenza. Noi, Aldo Maria, abbiamo abbastanza anni da ricordare le congregazioni di suore sessantottine, per lo più in America e all’estero, che si dichiaravano tutte lesbiche e scioglievano le comunità. Nihil novi. Quando si perde il centro, capita di tutto. Dentro e fuori i conventi.
E allora mi vengono due pensieri. Il primo è che sarebbe bello tornare al centro: rimettere al centro Dio, il Rosario, l’adorazione eucaristica, la Messa celebrata bene e con solennità (proibire quella in latino non è che aiuti a solennizzare le Messe in genere). Il secondo è che purtroppo, a quanto ne so, la piaga più grande non è la pornografia tra i preti, ma l’omosessualità. Si può dire? Pubblicherai questo mio pensiero? E non l’omosessualità di quei preti ‘santi’, come li definiva don Oreste Benzi, che si impegnano in una castità vera e si dedicano anima e corpo al Signore. No, la omosessualità dei preti, soprattutto giovani ma non solo, che fanno i festini. Ma si possono dire queste cose? Perché questi non li bacchetta nessuno? E che tipo di pornografia consumano questi tali? E l’efebofilia nella Chiesa non è forse una piaga che scaturisce dai sacerdoti omosessuali praticanti? Preghiamo un po’ i santi che convertano questi cuori caduti, visto che altre forme correttive all’orizzonte non se ne vedono.
E mi fermo qui. Per oggi.
3. Continua
Le precedenti Cronache dal clero di padre Mario Begio sono state pubblicate qui e qui