La Chiesa divisa / Travi e pagliuzze. E se fossimo un poco più umili?

di Occhi Aperti

Carissimo Aldo Maria Valli,

la raggiungo con qualche piccolo pensiero, fuori dal coro e forse scomodo, ma che vorrei riportasse un poco in equilibrio il piatto della bilancia di una realtà ecclesiale spesso strattonata a destra e a manca, con grande opportunismo e vanità.

La Chiesa di oggi offre, anche allo sguardo più distratto, un panorama caotico, confuso; in una parola: antropocentrico. Totalmente antropocentrico.

Abbiamo perso lo sguardo soprannaturale e i moti anagogici, ed è questa la ragione per cui, di fatto, mettiamo da parte Cristo a favor di “fazioni”.

Ancora una volta – e in ambito religioso per di più! – peroriamo i diritti dell’uomo anteponendoli a quelli di Dio!

A tal proposito, le racconto che nei giorni scorsi, attraverso alcuni interessanti articoli del maestro Aurelio Porfiri, che lei ben conosce, apparsi sull’ottimo blog Stilum Curiae di Tosatti, si è vivacemente discusso della strumentalizzazione di certo “tradizionalismo”, individuando in taluni comportamenti una sorta di “fuoco amico” che finisce con lo svuotare di senso il giusto attaccamento alla Traditio – che è poi la Chiesa di sempre! – intaccandone anche la funzione “rigenerativa”. Ed è questo il grave.

Non si può dire di amare la Traditio se poi non si è disposti a “instaurare omnia in Christo”. Fatti e non parole, insomma.

Non si può dire di difendere la Traditio con un “tradizionalismo” di facciata, tradito da atteggiamenti ostentati e plateali, da una fede tanto sciorinata quanto assente negli accadimenti reali e nelle relazioni con il prossimo, da una carità inesistente che regge finchè ci applaudono ma che in assenza di lusinghe mostra gli artigli!

Ecco che allora mi interroga profondamente, e assai dolorosamente, la spaccatura sempre più marcata tra “sostenitori” del Novus Ordo e “tifosi” del Vetus Ordo che, anziché guerreggiarsi e tentare di prevaricare l’uno sull’altro come capita non di rado su un campo di calcio, dovrebbero trovare in Cristo il centro della loro vita piuttosto che nell’esteriorità del Rito. Non il Rito salva ma Cristo! Cristo al centro!

Il tema liturgico resta senz’altro importante ma dovrebbe esser chiaro a tutti che è, come dire, di pertinenza squisitamente sacerdotale. Invece no: il protagonismo di certi laici clericalizzati arriva a deformarne il valore e a porre in essere, appunto, non una delle tante conseguenze di certo clero laicizzato ma forse la peggiore.

Ricordiamo che la Madonna delle Tre Fontane questo disse, tra le altre cose, a Bruno Cornacchiola: “La Chiesa è e resta la via della salvezza: o si accetta com’è, oppure non si accetta. Non si può fare, nella Chiesa, la chiesa”.

E questo penso che valga benissimo anche per le “fazioni”, ormai simili a tifoserie da stadio, che si fronteggiano sempre più aspramente sul fronte liturgico (e non solo), dietro a cui stanno due schieramenti entrambi caduti in satanico tranello: Cristo non è mai il protagonista assoluto, Cristo è regolarmente messo all’angolo! La Chiesa ne soffre tutta! Facciamo finire questo scempio!

Ricordiamo san Paolo cosa disse in 1Cor, 1-10,13 per dissuadere i credenti dalle divisioni in seno alla comunità: ci fermeremo di fronte alla Parola di Dio o correremo ancora ognuno per una meta antropocentrica in cui nulla avremo da guadagnare ma tutto da perdere?

Detto questo, vorrei tornare sul tema più scottante e rifuggito: la maschera d’ipocrisia di certo “tradizionalismo” ideologico e intellettualoide (ma non di sua esclusiva proprietà, ovviamente), vissuto per l’immagine di “cappa e spada” e di cultura del latinorum, che finisce col conferire a quei fedeli più attaccati e attenti alle apparenze che alla sostanza una presunzione di innocenza e un vanto illusorio da “nuovi salvatori”, autoproclamatisi sentinelle indispensabili alla riforma della Chiesa e determinanti nella lotta al clero laicizzato, in blocco giudicato inutile e inaffidabile secondo ipovedenti criteri di giudizio, spesso del tutto personali e sostenuti da colpevole ignoranza.

A me pare che vada di moda, ahinoi, un “cristianesimo” fai da te un po’ per ogni dove, che contesta tutto e tutti, principalmente a causa di estrema insoddisfazione per il pontificato attuale, che moltissimi mettono in dubbio per svariate ragioni, come ben sappiamo, ignorando il gran bene che potremmo fare chiudendoci in silenzio orante e operoso piuttosto che dando corda a continue futili chiacchiere da salotto.

Se ci pensa bene, caro Valli, il problema non è da poco.

L’ipocrisia è la lebbra di ogni religione; se così non fosse, perché tante dure invettive di Gesù, Nostro Dio e Signore, ai “puri” del Suo tempo, la casta dei Farisei?

Tacciati di essere ipocriti, serpenti e razza di vipere, accusati senza tanti giri di parole di essere sepolcri imbiancati, ciechi e guide di ciechi, di filtrare moscerini e di ingoiare cammelli, di porre pesi sugli altri ma di non portarne, di togliere la pagliuzza nell’occhio altrui pur avendo una trave nel loro e così via, ecco: chi sono oggi questi falsi “puri”? Possiamo sentirci immuni da questi richiami perché “bazzichiamo” l’Usus Antiquior, perché parteggiamo per un tradizionale rinnovamento dei costumi della Chiesa, perché stiamo lottando affinchè Traditio sia fatta?

Io non lo credo, caro Valli! Io credo che se amiamo la Traditio dovremmo essere esempio di ogni virtù, in primis di umiltà!

Le invettive di Cristo all’indirizzo di certi “santocchioni” – cito il maestro Porfiri – sono indicazioni all’uomo per avvertirlo su dove va a parare lo sguardo senza difetti di Dio!
È necessario, allora, saper andare oltre le esteriorità! E questo è un monito che ci giunge non solo dalla Parola di Dio ma dallo stesso comportamento di Cristo, in un’epoca di vanità e apparenza come quella attuale. Apparire, poi, significa non essere, l’essere invece è e non ha bisogno di apparire.

Di conseguenza, chi non è ostenta.

Vigiliamo!

A Dio non interessano le apparenze vane e giudicherà severamente la doppiezza d’animo, come ben ci insegnano le Scritture.

È così che senza umiltà, senza un basso sentire di sé, senza pazienza verso chi è più indietro, privi di timor di Dio, audaci e stracolmi di giudizi affrettati e temerari, il fallimento è assicurato.

Ce lo insegna il Nostro Redentore: l’umiltà è verità! Sono i poveri in spirito gli unici amici di Dio!

I grandi, infatti, li guarda da lontano…

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