“Scusa don Diego, la mia decisione di rimuoverti è stata maldestra”. Scrive così l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, a don Diego Minoni, il sacerdote che era stato rimosso dalla parrocchia di Vanzago (Milano) con l’accusa di essere contrario all’uso delle mascherine in chiesa. Come abbiamo spiegato in un precedente articolo (qui), dietro la rimozione di don Diego c’è stata invece una manovra riguardante interessi legati alla vendita di una piscina di proprietà della parrocchia, e l’accusa di essere “no mask” è stata usata strumentalmente per allontanare un sacerdote fedele alla Chiesa e per niente disposto a lasciarsi manipolare.
Ora la novità è che l’arcivescovo di Milano in persona ha scritto un messaggio di scuse, pubblicato sul bollettino parrocchiale e letto in chiesa durante le funzioni. Scrive dunque Delpini: “Cari fedeli della comunità pastorale Madonna del Buon Consiglio in Vanzago, mi spiace che la vicenda di don Diego Minoni continui ad essere motivo di tensione dentro la comunità. La risonanza che la vicenda trova in qualche organo di stampa locale contribuisce a creare disagio. Riconosco che la mia decisione di rimuovere don Diego dall’incarico, nel contesto complicato della pandemia, è stata maldestra ed è stato motivo di sofferenza per don Diego e per i fedeli che gli sono affezionati. Ho scritto a don Diego le mie scuse, con una lettera che allego”.
Ed ecco la lettera: “Reverendo padre Diego Minoni, il 6 settembre 2019 ti è stato dato l’incarico di amministratore parrocchiale delle parrocchie dei Santi Ippolito e Cassiano in Vanzago e di Cristo Re in Mantegazza con Rogorotto di Vanzago, resasi vacante per il trasferimento del parroco. Hai prestato il tuo servizio come Oblato vicario, ed esso si è concluso il giorno 8 aprile 2021 con la nomina di un nuovo amministratore parrocchiale. Dopo averti incontrato e, su tua sollecitazione, avendo fatto le necessarie verifiche, riconosco che quel particolare momento, per diversi motivi complesso, ha indotto a decisioni espresse con l’adozione di un provvedimento urgente e quindi con modalità non adeguate, comportando il travisamento dei fatti e suscitando un allarme poi rivelatosi ingiustificato. In quel frangente si sarebbe potuto attendere la conclusione dell’anno pastorale, come normalmente avviene. Ritengo giusto che, con le mie scuse, ti venga confermata la stima e l’apprezzamento per la tua testimonianza sacerdotale, e questo avverrà con la prossima destinazione pastorale che ti affiderò come Vicario Oblato a servizio delle necessità diocesane. Con ogni benedizione di Dio”.
Circa il futuro di don Minoni, nel messaggio ai parrocchiani l’arcivescovo Delpini scrive: “Ho proposto ripetutamente a don Diego di riprendere il suo ministero nella comunità dei Padri Oblati Vicari di cui fa parte. Mi sta a cuore che riprenda il servizio alla Chiesa come collaboratore del vescovo con la dedicazione e il vigore che lo caratterizzano. Spero che accolga presto il mio invito. Chiedo scusa anche alla comunità per il disagio che le modalità della mia decisione possono aver provocato in alcuni. Nella comunità cristiana al di sopra di tutto c’è la carità e confido che il perdono vicendevole consenta a don Diego e a tutti voi di vivere con fede e in profonda comunione la vocazione ad essere comunità unita, libera, lieta per continuare la missione insieme a don Claudio e a don Simone. Invoco per tutti la benedizione di Dio”.
Dunque, tutto a posto? No, perché don Diego aveva posto una precisa condizione, e cioè che l’atto di riparazione fosse pubblicato nel sito della Chiesa di Milano, cosa che non è stata fatta. Perché? “Per non creare un precedente” ha risposto Delpini secondo quando riferisce don Diego. Al che il sacerdote, in una lettera all’arcivescovo, ribatte: “E questo sarebbe un criterio evangelico? A me sembra che il criterio evangelico sia quello di cercare la cosa buona, giusta e vera e, se così facendo si crea un precedente, evviva i precedenti!”.
“Certamente – scrive don Diego a monsignor Delpini – la pubblicazione dell’atto di riparazione sul notiziario della comunità pastorale Madonna del Buon Consiglio è stato un passo importante, che attendevo da un anno e mezzo. Quante sofferenze, tempo ed energie si sarebbero potute risparmiare se si fosse arrivati prima a quel gesto! Eccellenza, ci tengo a essere un sacerdote fedele al Vangelo e alla Chiesa. Sono disposto ad assecondare le sue richieste e ritornare a esercitare il mio ministero collaborando con il vescovo al servizio della Chiesa di Milano, purché siano attuate le seguenti condizioni: 1) che mi vengano fatte pervenire quanto prima le due risposte dell’avvocato della curia e quella del vicario episcopale monsignor Raimondi; 2) che le scuse da Lei presentate nei miei riguardi vengano pubblicate non solo nel bollettino della parrocchia ma anche nel sito della diocesi, in modo che venga ripristinato il mio buon nome diffamato dai mass media su scala nazionale. Secondo il Diritto canonico infatti ‘non è lecito ad alcuno ledere illegittimamente la buona fama di cui uno gode’ (can. 220)”.
E qual è stata la risposta dell’arcivescovo? Un messaggio nel quale monsignor Delpini esprime “dolore” per la posizione di don Diego e di dice “molto dispiaciuto”.
La ricomposizione, dunque, non c’è stata.
Una vicenda locale la cui portata, però, va al di là del caso in sé. Perché chiama in causa la difficile realtà vissuta dai sacerdoti che, fedeli al loro ministero e alla Chiesa, si scontrano contro quella “ragion di Stato” che i pastori troppo spesso fanno prevalere sul loro dovere di esercitare la paternità nella Verità.
A.M.V.