Il vescovo Mutsaerts abbandona il sinodo e dice: “Non ha nulla a che fare con lo Spirito Santo”

di Aldo Maria Valli

“I contorni del processo sinodale stanno diventando sempre più chiari. Esso fornisce un megafono per i punti di vista non ecclesiali… Ciò che il documento di lavoro sembra suggerire è di compilare un elenco di lamentele e poi discuterne. Ma la missione della Chiesa è un’altra. Non è esaminare tutte le opinioni e poi trovare un accordo. Gesù ci ha comandato un’altra cosa: proclamare la verità… Ad oggi, il processo sinodale assomiglia a un esperimento sociologico che ha poco a che fare con lo Spirito Santo che dovrebbe risuonare in tutti. Tutto ciò potrebbe quasi essere definito blasfemo”.

Queste valutazioni arrivano da un vescovo, monsignor Robert Mutsaerts, ausiliare della diocesi di ‘s-Hertogenbosch nei Paesi Bassi, che le ha pubblicate nel suo blog annunciando di aver abbandonato il sinodo con una motivazione molto chiara: “Dio è fuori dal quadro di questo ignobile processo sinodale. Lo Spirito Santo non c’entra assolutamente nulla. Tra i protagonisti di questo processo ci sono per me un po’ troppi difensori del matrimonio gay, persone che non pensano davvero che l’aborto sia un problema e non si mostrano mai davvero come difensori del ricco credo della Chiesa, perché vogliono soprattutto essere graditi al loro ambiente secolare. Tutto ciò non è pastorale, non è amorevole. La gente vuole risposte sincere. Non vuole tornare a casa con altre domande. State allontanando le persone dalla salvezza. Ecco perché ho abbandonato il processo sinodale”.

La decisione del vescovo Mutsaerts è arrivata dopo la presentazione, avvenuta il 27 ottobre scorso nella sala stampa vaticana, del documento per la tappa continentale del sinodo, “frutto – come spiega il Bollettino della sala stampa – delle sintesi risultanti dalla consultazione del Popolo di Dio nella prima fase del processo sinodale”. Il documento, intitolato Allarga lo spazio della tua tenda (Is 54,2) “sarà al centro del tempo di ascolto, dialogo e discernimento delle assemblee sinodali continentali” che si terranno dal gennaio al marzo 2023.

La citazione da Isaia (relativa all’allargamento della tenda che il popolo portava con sé durante il cammino nel deserto) è stata scelta per indicare la necessità di una Chiesa sempre più accogliente e dialogante, una Chiesa disposta, a questo fine, a mettere in discussione le proprie strutture per renderle meno verticistiche e, appunto, più sinodali.

“Invece di comportarci come custodi che cercano di escludere gli altri dalla mensa, dobbiamo darci di più da fare per essere sicuri che la gente sappia che tutti possono trovare qui un posto e una casa”, ha scritto un gruppo parrocchiale che ha fatto pervenire le sue conclusioni al sinodo.

La retorica dell’accoglienza e dell’inclusione secondo il vescovo Mutsaerts nasconde però obiettivi perversi. “Il mantra del processo – scrive il vescovo olandese – è: ascoltare. Chi? Tutti”. Il che si traduce di fatto nell’offrire un megafono ai punti di vista più lontani dalla dottrina della Chiesa. Quando il documento afferma che la Chiesa “impara, ascoltando, a rinnovare la sua missione evangelizzatrice alla luce dei segni dei tempi, per continuare a offrire all’umanità un modo di essere e di vivere in cui tutti possano sentirsi inclusi come protagonisti”, sta dichiarando qualcosa che non ha nulla a che fare con la proclamazione della verità.

Esplicativo è il paragrafo 39, dove, a proposito degli “esclusi” si legge: “Tra coloro che chiedono un dialogo più significativo e uno spazio più accogliente, troviamo anche coloro che, per vari motivi, sentono una tensione tra l’appartenenza alla Chiesa e le proprie relazioni d’amore, come ad esempio: divorziati risposati, genitori single, persone che vivono in matrimoni poligami, persone LGBTQ, ecc.”.

Ma la missione della Chiesa, commenta il vescovo olandese, non è ascoltare tutti coloro che vivono al di fuori dei suoi insegnamenti. La missione della Chiesa “non è esaminare tutte le opinioni e poi trovare un accordo. Gesù ci ha comandato un’altra cosa: proclamare la verità; è la verità che vi renderà liberi”.

Particolarmente curioso, annota Mutsaerts, è il punto in cui si dice che la Chiesa non presta attenzione alla poligamia. Ma, se è per questo, il documento non presta attenzione nemmeno ai tradizionalisti. E anche loro si sentono esclusi. Anzi, lo sono letteralmente da papa Francesco (Traditionis custodes). A quanto pare, non ci può essere empatia per loro”.

Di qui il netto giudizio del vescovo, che parla del sinodo come di “esperimento sociologico” che “ha poco a che fare con lo Spirito Santo”, mentre “ciò che sta diventando sempre più chiaro è che il processo sinodale verrà utilizzato per cambiare alcune posizioni della Chiesa, gettando nella mischia anche lo Spirito Santo come sostenitore”.

“Soprattutto, ciò che si evince dalle sessioni di ascolto è una fede evaporata, non più praticata, che non accetta le posizioni della Chiesa. Le persone si lamentano che la Chiesa non accetta le loro posizioni. Ma questo non è del tutto vero. Sono i vescovi fiamminghi e tedeschi che si allontanano dalle persone, il che è in realtà molto più tragico. Essi non vogliono più chiamare il peccato per nome e quindi non si parla più di conversione e pentimento”.

Stando così le cose, “prevedibile la richiesta di ammissione delle donne al sacerdozio”, sebbene “gli ultimi tre pontificati abbiano esplicitamente dichiarato l’impossibilità di arrivarci”.

Se “in politica tutto è aperto alla discussione e al dibattito, non così nella Chiesa” Infatti, “esiste una dottrina della Chiesa che non è soggetta a tempi e luoghi”. Eppure “il documento di lavoro sembra davvero mettere in discussione tutto”.

Ad esempio, al paragrafo 60 leggiamo: “L’appello alla conversione della cultura ecclesiale, per la salvezza del mondo, è concretamente legato alla possibilità di stabilire una nuova cultura, con nuove pratiche e strutture”. E poi: “Ai vescovi viene chiesto di trovare le modalità adeguate per svolgere il loro compito di convalida e approvazione del documento finale e di assicurare che esso sia il frutto di un autentico cammino sinodale, rispettoso del processo che si è svolto e fedele alle diverse voci del popolo di Dio in ogni continente”.

A quanto pare, commenta monsignor Mutsaerts, “l’ufficio di vescovo si riduce alla semplice attuazione di quello che, in ultima analisi, è il massimo comune denominatore come risultato di una lotteria di opinioni”.

“La fase conclusiva del processo sinodale non può che rivelarsi una confusione da Torre di Babele. Prevedibilmente, tutti coloro che non otterranno spazio per la loro opinione diranno di essere stati esclusi. E questa è una ricetta per il disastro. Se tutti hanno diritto alla loro strada – cosa in realtà impossibile – il disastro è completo. Allora la Chiesa avrà rinnegato se stessa e sprecato la sua identità”.

Alla presentazione del documento di lavoro, dice il vescovo olandese, “il cardinale Grech [Mario Grech, segretario generale del Sinodo, NdR] si è spinto troppo in là nell’affermare che il compito della Chiesa è quello di fungere da amplificatore di ogni suono proveniente dall’interno della Chiesa stessa, anche se contrario a ciò che la Chiesa ha sempre proclamato. Una volta era diverso. All’epoca della Controriforma, la Chiesa era chiarissima sulle sue posizioni. Le persone si convincono sostenendo la fede cattolica con ragionata e piena convinzione. Non si convince nessuno se ci si limita ad ascoltare e a lasciar perdere. La cosa fastidiosa è che i vescovi sono stati istruiti ad ascoltare e poi a documentare ciò che è stato detto. Questi rapporti sono stati poi raccolti a livello di provincia ecclesiastica e inoltrati a Roma. Rapporti che includevano eresie con la firma delle conferenze episcopali. Non potevamo fare altrimenti, ma non ne sono affatto contento. Diversi cardinali, tra l’altro, hanno anche affrontato la questione a Roma, chiedendo ancora una volta che cosa sia effettivamente la sinodalità. Ma non c’è stata una risposta chiara”.

“Gesù – continua Mutstaerts – ebbe un approccio diverso. Ascoltò sì i due discepoli delusi che erano in cammino verso Emmaus, ma a un certo punto prese la parola e chiarì loro che stavano andando fuori strada. Questo li portò a voltarsi e a tornare a Gerusalemme. Se non ci voltiamo, finiamo a Emmaus e siamo ancora più lontani da casa di quanto non lo siamo già”.

Insomma, in “questo ignobile processo sinodale lo Spirito Santo non c’entra assolutamente nulla”. Troppi i difensori del matrimonio gay, troppe le persone che non pensano davvero che l’aborto sia un problema e non difendono il credo della Chiesa, troppi coloro il cui obiettivo è risultare graditi al mondo. E tutto ciò non ha nulla a che fare con la missione dei pastori, né è espressione di vero amore. “La gente vuole risposte sincere. Non vuole tornare a casa con altre domande. State allontanando le persone dalla salvezza”.

La decisione di abbandonare il sinodo è la conseguenza di queste riflessioni, e bisogna dare atto a monsignor Mutsaerts di una coerenza rara di questi tempi.

Le riflessioni del vescovo olandese mi hanno fatto tonare alla mente, per analogia, quanto scriveva il pensatore russo Nicolaj Berdajev sulla pretesa di inserire la mentalità democratica nella Chiesa. A quel tempo non si parlava ancora di sinodalità, ascolto, collegialità, inclusività eccetera, ma Berdajev aveva ben chiaro il problema quando diceva che il “tentativo di accostare cristianesimo e democrazia è la grande menzogna del nostro tempo, una ripugnante sostituzione”. E spiegava: “Il cristianesimo è gerarchico. La rivelazione cristiana del valore infinito dell’anima umana, dell’identico valore di tutte le anime umane davanti a Dio non è una rivelazione democratica, non è l’uguaglianza democratica… Il cristianesimo non ha nulla da spartire con la democrazia” (Sulla democrazia, in Pensieri controcorrente, La Casa di Matriona, 2007, pag. 39).

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