di Rita Bettaglio
“L’ordine domenicano è essenzialmente liturgico”. Così inizia il volume Il rito domenicano. Storia e liturgia di Archdale Arthur King, edito ora in Italia, tradotto e curato da padre Didier Pietro Maria Baccianti (Edizioni Radio Spada, 2022, euro 16).
Questo volume fa parte del più ampio Liturgies of the Religious Orders, in cui King prende in esame sei riti dei più antichi ordini religiosi: Certosino, Cistercense, Premostratense, Carmelitano, Domenicano e Gilbertino. L’intero trattato (431 pagine), insieme al volume Liturgies of Primatial Sees (656 pagine), del medesimo autore, è stato ripubblicato in lingua inglese da Nova et Vetera nel 2005 (www.novaetvetera.de).
Padre Didier, giovane domenicano della provincia italiana settentrionale, ci offre ora la prima traduzione italiana della parte, completa di note e spiegazioni, riguardante il Rito Domenicano.
Chi è nato dopo il Vaticano II forse non ha nemmeno mai pensato alla varietà di riti che la Chiesa considerava una ricchezza ed un’eredità da conservare. Il Concilio di Trento conservò tutti i riti più antichi di duecento anni, tra cui ovviamente quello domenicano; ça va sans dire: san Pio V, Antonio Ghisleri, in religione Michele, era un figlio di san Domenico. Se nelle cerimonie pubbliche come pontefice celebrava secondo il rito romano, privatamente utilizzava quello domenicano.
San Domenico di Guzman fondò l’Ordine dei Predicatori (O.P.), detti popolarmente domenicani, a Tolosa, per combattere l’eresia catara con la predicazione della sana dottrina cattolica. Nel 1216, con la bolla Religiosam vitam papa Onorio III approvò l’Ordine fondato da san Domenico.
Egli aveva assunto, secondo i dettami del IV Concilio Lateranense, la Regola di Sant’Agostino come regola di vita dei suoi frati. Volle che i Domini canes, i cani del Signore, vivessero in povertà e umiltà, per combattere anche coll’esempio, e non solo con la predicazione, gli errori degli albigesi. Furono perciò un ordine mendicante.
Ma torniamo all’oggetto proprio del nostro prezioso e agile volume: la liturgia. Vista la rapida crescita dell’Ordine, s’impose ben presto l’esigenza di avere un rito uniforme, poiché l’adozione delle usanze liturgiche locali rischiava di portare confusione liturgica. Tale esigenza emerse fin dai primi capitoli generali dell’Ordine. A.A. King afferma che “san Domenico lasciò questo mondo nel 1221, e non c’è nulla d’improbabile nel suggerire che avesse già cominciato a organizzare quest’uniformità quando la morte lo colse”.
Fu quindi scelto il rito di Roma della fine del XII secolo, cui vennero apportate alcune modifiche. L’avvincente storia del rito domenicano viene narrata nel volume a cura di padre Baccianti, e non ne scopriamo i dettagli, che lasciamo al lettore.
Diciamo solo che “due note caratterizzano il rito domenicano: brevità e semplicità”, sia nell’Ufficio che nella Santa Messa. Questi elementi furono voluti da san Domenico stesso.
Il Rito domenicano, storia e liturgia, dopo aver delineato sinteticamente la storia dell’Ordine e del Rito, passa a esaminare l’anno liturgico, il santorale e i singoli elementi liturgici caratteristici. Possiamo così notare e gustare le differenze con la liturgia romana tradizionale, che oggi si celebra secondo il Messale del 1962.
Altro non aggiungiamo perché ognuno saprà trarre cose antiche e cose nuove da questo agile e profondo testo.
Il nostro invito alla lettura di questo piccolo tesoro, oggi disponibile in italiano, non sarebbe comunque completo se non riuscisse nell’obiettivo principale, quello insegnato da san Domenico ai suoi figli: contemplata aliis tradere.
Perciò un grande ringraziamento a padre Baccianti per aver reso disponibile al lettore italiano questo notevole testo.