Dopo la pubblicazione degli articoli (qui) sulla vicenda di don Alberto e don Stefano nella diocesi di Novara, ho ricevuto alcune lettere di fedeli che si rivolgono al vescovo Brambilla. Vi propongo quelle di una mamma e di un papà: Laura e Andrea.
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Eccellenza reverendissima Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara,
sono Laura, quarantenne milanese, felicemente sposata e mamma di sei bambini con un altro in arrivo.
Fra le mille cose da fare mi trovo qui a scriverLe questa mail nei ritagli di tempo, in seguito alla pubblicazione del Suo “Comunicato sull’applicazione in diocesi di Novara del Motu Proprio Traditionis custodes“, in cui ho appreso con stupore e grande rammarico che dal 27 novembre “nell’Ossola il gruppo dell’ospedale di Domodossola si unirà al gruppo della chiesa di Vocogno, per celebrare la messa secondo il Missale Romanum (1962) nel Santuario di Re. Nella chiesa parrocchiale di Vocogno verrà riattivata la Messa domenicale in italiano…”.
La Sua decisione mi reca enorme dispiacere e tutti in famiglia stiamo pregando da tempo perché si ricreda al più presto.
Dopo tanti anni trascorsi a partecipare alla Messa domenicale e feriale, con la sensazione di sentirsi in esilio nella propria parrocchia e anche altrove, perché avevo la sensazione di partecipare a un grande spettacolo dove il rumore, la confusione e la fretta la facevano da padrone, finalmente recandomi in vacanza con la famiglia in Valle Vigezzo, dopo il primo periodo in cui a Messa andavamo a Santa Maria Maggiore, a un certo punto siamo capitati nella chiesa di Vocogno e da subito ci siamo sentiti a casa. Una chiesa piccola a ben curata, finalmente una liturgia silenziosa che aiuta al raccoglimento, me adulto e i bambini di conseguenza; un ordine e un decoro che conducono direttamente al Sacro e al Soprannaturale; un sacerdote che prega in chiesa (cosa tristemente rara e per niente scontata), che si inginocchia ancora davanti al tabernacolo, che veste l’abito e predica semplicemente la dottrina cattolica, senza paura di nominare Gesù Cristo e i santi, che parla ancora dell’Eternità, della salvezza delle anime, della morte, dell’Inferno e del Paradiso, dei comandamenti, che non si perde in vuoti e inutili fraseggi che lasciano l’amaro in bocca e si scordano appena usciti dal portone; un sacerdote, anzi due, sempre disponibili per la confessione prima e dopo la Messa, in confessionale e senza appuntamento; due sacerdoti che fanno il loro mestiere, perché il resto (organizzazione di eventi, incontri, saga della salamella eccteera) lo possono fare anche gli altri, insomma tutto quello che oggi scarseggia: il prete che fa il prete, una Messa Santa, celebrata con solo quello che serve, semplice, silenziosa senza disturbi inutili, quello che il mio cuore cercava da anni, quello di cui credo la gente di oggi, immersa nel baccano del mondo, abbia veramente bisogno per ritrovarsi.
Il popolo di Dio ha sete di Dio e lì Dio si sente, c’è, non si può dubitare della Sua Presenza perché tutto Lo richiama.
Così purtroppo non posso dire delle celebrazioni cui ho assistito per una vita, cui ancora oggi a volte assisto, dove è tutto più dispersivo, a partire dal fatto che ci si guarda in faccia col celebrante, coi lettori, dimenticandosi invece di pensare all’Unico che conta, dove è più difficile restare raccolti e far stare composti i bambini perché c’è il brusio di fondo, gente che entra in ritardo, bambini che mangiano o colorano eccetera. Il tutto col beneplacito del parroco che non dice nulla, insomma un ambiente come tutti gli altri, in cui è evidente che manca la consapevolezza del luogo in cui si è, del motivo per cui si è lì, dove le distrazioni sono molteplici e il sacro non si percepisce, dove si riceve la comunione distratti, senza consapevolezza di chi si ha in mano, dove tanto spesso si vedono particole distribuite da una batteria di ministri per snellire la distribuzione e accorciare il tempo della funzione, particole che troppo spesso ho visto cadere e raccogliere in modo rocambolesco, dove si riceve Gesù come si consuma il panino col salame, tutti segnali che non aiutano certo ad accrescere la Fede, anzi semmai la fanno scappare.
E questo lo dico per esperienza personale: sono cresciuta in una famiglia cattolica, fedele alla messa domenicale, sono figlia del nuovo rito, per me unica forma liturgica conosciuta fino a pochi anni fa e proprio per questo l’incontro del rito antico è stato per me e per la mia famiglia un giungere al porto sicuro tanto cercato, che sta portando grandi frutti inaspettati alla mia famiglia e ai miei figli, della cui educazione e crescita nella fede dovrò rendere conto al buon Dio che me li ha donati, come mi ricordano le promesse matrimoniali.
Io e mio marito partecipando alla Santa Messa vetus ordo sentiamo di aver ricevuto una grazia enorme, abbiamo cambiato vita, e stiamo raccogliendo grandi frutti. Siamo passati dall’affannoso appoggiarci alla sola compagnia umana nell’inutile ricerca di certezze, che da sola quella compagnia umana non potrà mai dare, a confidare nella divina Provvidenza, che ci spinge a essere aperti alla vita certi che non ci sarà difficoltà che il Signore che ci ha donato i nostri figli non ci aiuterà a superare; abbiamo cominciato seriamente a pregare insieme invece che stordirci di televisione che ora stiamo pensando di eliminare (tanto è sempre spenta); prima qualche Ave Maria serale ora il salterio completo, la sera preghiamo il rosario, una parte anche coi bambini che partecipano senza costrizioni, anzi ogni tanto abbiamo sorpreso le figlie più grandi a finirlo insieme in cameretta. A volte troviamo le grandi che leggono le storie dei santi ai più piccoli che ascoltano con vivo interesse.
Mio figlio di tre anni e mezzo ci tiene a guidare la recita della prima decina del rosario, guai a chi gliela tocca; mia figlia di cinque anni quando la accompagno all’asilo mi richiama all’ordine se passando davanti alla statuina della madonna che c’è in cortile non faccio il segno di croce e l’inchino come fa il papà; mia figlia di seconda elementare nutre un amore particolare per la Madonna e la disegna in tutte le salse; mia figlia di quarta elementare, iscritta a catechismo in parrocchia a Milano, quest’estate ha insistito per ricevere la Santa Comunione a Vocogno invece che con i suoi coetanei il prossimo maggio “perché, mamma, qui è speciale” e si è preparata con grande fervore studiando un semplice, essenziale libriccino di dottrina cattolica “non edulcorata” come gli odierni libri di catechismo, e ha ricevuto in piena coscienza Gesù e per compito ha scritto un testo (che allego) che ha commosso tutti e per regalo ha chiesto agli zii un crocefisso da mettere sulla scrivania.
Mia figlia di prima media, cresimata in parrocchia in ottobre, va a scuola a piedi e spesso passa dalla chiesa prima delle lezioni e l’insegnante di religione, considerate le sue risposte alle domande che fa in classe, le chiede spesso dove impara queste cose e lei risponde candidamente: “Da un prete dove andiamo a Messa in montagna”.
Sempre le figlie più grandi hanno passato l’estate a chiederci di poter andare a messa tutti i giorni, soprattutto nei giorni in cui è al mattino alle sette, non pesa la sveglia alle sei e trenta.
Tutto ciò non è merito nostro ma della grazia che scaturisce dalla frequentazione di questa Santa Messa e dei suoi ministri don Alberto e don Stefano, che quest’estate ci hanno fatto anche tanta compagnia portandoci in visita al Sacro Monte di Orta, al Passo Sempione, a Sion, accostando sempre alla visita dei luoghi un costante richiamo al soprannaturale.
Eccellenza, in quarant’anni, pur avendo partecipato a gite e vacanze dell’oratorio prima da bambina poi da responsabile, credo di non aver mai visto due sacerdoti in talare, seduti a duemila metri davanti a un lago con dietro le mucche, col breviario in mano a pregare in pieno pomeriggio.
Eccellenza, di cosa hanno bisogno i bambini, i ragazzi di oggi, gli adulti, io stessa, se non di vedere uomini consacrati a Dio che amano Dio, stanno con Dio e lo servono? Queste testimonianze servono più di mille splendide iniziative accattivanti perché restano impresse nei cuori!
Noi genitori abbiamo bisogno di poter rispondere ai nostri bambini che chiedono “cosa stanno facendo? Perché non fanno merenda con noi?”: “Stanno pregando, tranquillo poi mangeranno anche loro il cioccolato”.
Eccellenza, mi fermo qui con gli aneddoti, le chiedo invece:
1) Riconosce anche Lei il Bene in quanto Le ho confidato? Credo di sì, e allora se la bontà di un’opera si giudica dai frutti come può ritenere un bene destabilizzare la realtà di Vocogno, spostandone il Sacerdote? E quella di Domodossola, una comunità legata all’ospedale evidentemente impossibilitata a spostarsi data l'”utenza”?
2) Perché introdurre una Messa nel rito nuovo in questa piccola parrocchia di un paese per lo più disabitato dove alle uniche sparute anime cristiane che si recano alla Messa sta bene partecipare alla Santa Messa in rito antico?
3) Come spiego ai miei figli che la Santa Madre Chiesa, in questo caso nella persona di Sua Eccellenza, che dovrebbe avere a cuore in primis la salvezza delle anime, esprime avversione alla Santa Messa di sempre (quella cui hanno partecipato tutti i santi) e ai suoi ministri, “al don Alberto e al don Stefano” come dicono i miei bambini, che hanno fatto tanto bene alla nostra famiglia e a tante anime? Cosa rispondo quando mi chiedono: “Perché il vescovo non li vuole più lì? Perché li manda via?”.
4) Nel “Documento di lavoro per la Tappa continentale del Sinodo” presentato lo scorso 27 ottobre, che è girato nella mia parrocchia, mi ha colpito la definizione che la Cei dà della Chiesa: «La Chiesa-casa non ha porte che si chiudono, ma un perimetro che si allarga di continuo».
Perché in questa Chiesa, in cui si parla di inclusività totale, ci deve essere l’accoglienza verso le più svariate situazioni umane (divorziati risposati, genitori single, conviventi eccetera) e invece una chiusura totale alla Tradizione, quella fatta di persone e anime come quelle della nostra famiglia, che vogliono semplicemente imparare ad amare Cristo e la dottrina di sempre? Perché non ci può essere un posto per noi?
Eccellenza, spero Lei abbia avuto la pazienza di leggere e avrà la bontà di rispondere alle mie povere parole scritte davvero col cuore.
La prego, non ci tratti ideologicamente come un “gruppo attaccato alla tradizione”, perché siamo semplicemente persone, cristiani adulti che hanno scelto liberamente l’ovile dove tornare, non ci tolga don Alberto e don Stefano e soprattutto la Santa Messa quotidiana oltre che festiva in latino, proprio adesso che li abbiamo trovati e che ci siamo affezionati! Non interrompa ciò che Dio ha cominciato! Senza pastori dove andremo?
Per favore, lasci che queste due parrocchie continuino a essere un porto sicuro per quei fedeli che lì hanno trovato Pace, quella che si può trovare solo dove c’è Cristo.
In comunione,
Laura
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Eccellenza reverendissima, caro Vescovo,
sono ingegnere, marito e padre di famiglia con figli, e vorrei esprimere la nostra gratitudine perché la nostra famiglia ha potuto fare nella sua diocesi un importante salto di qualità nella fede grazie a due padri che da anni seguiamo perché ci dispensano le perle preziose della dottrina cattolica e del deposito della fede così come consolidato nel magistero.
Da quando abbiamo incontrato don Alberto e don Stefano io e la mia famiglia la sera preghiamo il rosario insieme e le nostre figlie ci chiedono di portarle a messa alle sette di mattina anche tutti i giorni e anche quando siamo in vacanza.
Questi vostri santi preti ci hanno fatto apprezzare il senso del sacro, così diffusamente svilito, e l’amore all’Eucaristia. I catechisti e catechiste delle nostre figlie in città sono sorprese dalla preparazione delle nostre figlie e ci fanno i complimenti.
“Dai frutti li riconoscerete”: applicando quindi questa indicazione evangelica non possiamo che testimoniare come don Alberto e don Stefano siano alberi buoni che producono frutti buoni in una desolazione diffusa di indifferenza al sacro, di scarsa cultura religiosa e di resa e abbandono all’annuncio della dottrina e della buona novella.
Come genitori abbiamo ricevuto dei figli e sappiamo che abbiamo il compito della loro santificazione, cioè di portarli all’altare e introdurli alla vita soprannaturale.
L’attività di don Alberto e don Stefano porta diretti a Dio e le nostre figlie desiderano ardentemente ogni comunione quotidiana, anche feriale, che riescono a ricevere a Vocogno, prediligendo di riceverla sulla bocca e in ginocchio. Il clima di raccoglimento che si respira a Vocogno e nella cappella dell’ospedale di Domodossola favoriscono il contatto con Dio come raccomandato da sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
Pertanto, consapevoli che ogni atto verso anche uno solo dei più piccoli e umili servi è fatto a Lui (povero Gesù!), a maggior ragione se fatto a persone i cui frutti indicano il profumo della santità come raramente ormai si respira e come noi fedeli possiamo testimoniare, scrivo per chiedere di riconsiderare con spirito libero da motivazioni ideologiche le indicazioni che insieme alle comunità di Vocogno e dell’ospedale abbiamo dovuto nostro malgrado e con grande tristezza apprendere dalla stampa, relativa alla discontinuità che si vuole infliggere a tali comunità probabilmente nella speranza di azzerarle.
Scrivo solo ora avendo ritenuto più utile nella scorsa settimana rivolgermi con rosari a Maria Santissima, madre della Chiesa e nostra potente avvocata. MI conforta in questi tristi giorni la profezia di Gamaliele: “Se questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non vi accada di combatterla”.
Se la richiesta di un ripensamento guardata con occhi solamente umani farà sicuramente sorridere perché “i giochi ormai sono fatti”, ciononostante non dispero nel chiedere a Voi, giacché ne avete la pesante responsabilità, di ripristinare per noi fedeli che la chiediamo la amiamo e la frequentano con fedeltà la nostra cara messa di sempre quotidiana in latino (la stessa di san Carlo Borromeo, la stessa che ha edificato i nostri e vostri genitori e nonni, che non è stata mai abrogata né può essere abolita) perché so che tutti abbiamo bisogno di argomenti da portare alle porte del purgatorio a nostra parziale discolpa, e ogni occasione per costruire tale bagaglio a ben guardare non va trascurata -anche se contro le prassi o il quieto vivere – essendo occasione preziosa in vista del tempo che dovrebbe starci più a cuore, cioè l’eternità.
Prego che la Madonna – il nostro “esercito schierato a battaglia che da sola ha sconfitto tutte le eresie” come la definì san Giovanni Bosco – perdoni il modo in cui vengono trattati suoi santi sacerdoti fedeli alla dottrina di sempre ed al deposito della fede, oltre a perdonare le nostre tiepidezze nel difenderli, e conceda a tutti noi in purgatorio un trattamento più mite di quello che ci meritiamo.
In comunione, in corde matris,
Andrea