Il paradosso dell’ateismo cattolico
di Paolo Gulisano
Il 17 novembre si celebra la Giornata mondiale della filosofia, promossa dall’Unesco per ricordare il valore della filosofia come disciplina e pratica quotidiana, in grado di trasformare la società. La filosofia, a detta dell’Unesco, apre al dialogo interculturale e al confronto ragionato tra opinioni differenti, e aiuta a comprendere le principali sfide contemporanee, creando le condizioni per il cambiamento. Il tema della Giornata della filosofia di quest’anno è davvero esplicito, a proposito di “cambiamento”, o sarebbe meglio dire Reset: “L’essere umano del futuro”. Ecco dunque che il transumanesimo, da incubo elaborato da pochi, sta diffondendosi e diventando oggetto di divulgazione. La filosofia è chiamata a collaborare al progetto dei tecnocrati, dei fautori della Quarta Rivoluzione Industriale, quella dell’intelligenza artificiale. Ma la filosofia chiamata a essere collaborazionista di tutto ciò non può che eliminare la metafisica, il sovrannaturale. Il pensiero moderno ha negato che l’uomo possa conoscere il Logos, la legge naturale e le leggi morali e religiose; ha stabilito, infatti, che l’uomo possa conoscere esclusivamente ciò che ha una estensione, cioè la materia. Eliminata la metafisica, non c’è altra possibilità che accettare il pensiero moderno, anche se non lo si condivide.
Ma di fronte a tutto questo – si domanderà qualcuno – si erge la barriera della filosofia cristiana, con un millennio di storia, da san Tommaso d’Aquino a Chesterton, fino ad Alastair Mc Intyre. Tale filosofia oggi però è in crisi, tanto che è da tempo avviata a essere atea, specie in ambito protestante, e ora anche cattolico. Può sembrare strano che una filosofia possa dirsi atea: la filosofia appartiene al mondo della ragione mentre l’ateismo all’ambito della fede. Eppure, in ambito cattolico, la fede necessita della filosofia in quanto disciplina capace di conferire un senso unitario all’intero sapere e all’esistenza. A volte però la fede si avvale di strumenti inadeguati o addirittura fuorvianti, come il razionalismo e l’idealismo, filosofie esplicitamente atee perché negatrici della metafisica e della teologia. Ecco che appare allora un paradossale “ateismo cattolico”, che deforma la comprensione delle verità di fede dall’interno (fino ai vertici della Chiesa) in nome dello spirito del tempo e dell’aggiornamento. Questo fenomeno è descritto magistralmente nell’ultimo libro del professor Stefano Fontana, uno dei maggiori filosofi cattolici contemporanei, firma di punta de La Nuova Bussola Quotidiana, autore di numerosi testi di alta divulgazione, accessibile a tutti senza mai scadere nel semplicistico. Il suo ultimo libro, edito da Fede & Cultura, si intitola proprio Ateismo cattolico?. Il punto interrogativo è d’obbligo: il cattolicesimo non può essere ateo, ma siamo giunti negli ultimi anni ad un cattolicesimo che è diventato ateo di fatto, vista l’impossibilità sul piano teorico.
Un tempo si insisteva molto sul contrario: si parlava di “cristiani anomimi”, ovvero di atei dichiarati che in realtà erano cristiani a motivo della prassi, della loro supposta buona volontà, che avrebbero agito in buona fede, da cristiani, senza saperlo e senza ricorrere a un Dio non conosciuto per nome ma conservato come presenza dentro di sé. A coniare questa definizione fu il gesuita Karl Rahner, una delle colonne portanti del pensiero cattoprogressista del XX secolo, cui Fontana ha dedicato attenti studi e che anche in questo volume analizza per rintracciare le derive di questa deriva all’interno della Chiesa. Siamo passati dai cristiani anonimi agli atei anonimi, cioè cristiani – magari anche praticanti – atei di fatto. Sono coloro che vivono come se Dio non ci fosse, e di conseguenza non sanno neppure comunicare in modo efficace le loro ragioni. D’altra parte, sentiamo continuamente ripetere anche dalle gerarchie ecclesiastiche che la Chiesa non deve più insegnare, ma solo accompagnare. Deve parlare “un linguaggio moderno”, ma è proprio il linguaggio moderno, come ricorda Fontana, che rende assurdo ciò che la Chiesa dice. Bisogna, piuttosto, tornare a insegnare una filosofia e un linguaggio tradizionali, cioè gli strumenti che rendono sensate le leggi morali e religiose.
Noi viviamo in un contesto culturale costruito per raggiungere l’obiettivo di cancellare prima la legge naturale e poi quella divina. La filosofia moderna è nata con lo scopo di togliere ai cristiani gli strumenti filosofici e linguistici che permettono di costruire una barriera difensiva intorno alla legge naturale. La legge naturale risplende in tutta la sua verità ed evidenza semplicemente utilizzando un pensiero di tipo metafisico. Sollevando lo sguardo dalla materia, vediamo che la realtà è un insieme meravigliosamente ordinato e finalistico; il bene è quindi ciò che porta verso il fine, il male ciò che allontana da esso. Il principio che dà senso e ordine alla realtà è il Logos (che i cattolici sanno incarnato in Gesù); l’insieme delle leggi che permette la realtà come la vediamo è la legge naturale; l’uomo percepisce la legge naturale sotto forma di leggi morali e religiose; le leggi morali e religiose hanno, tra le loro conseguenze, la difesa dei più deboli.
Pertanto, facendo la scelta di accettare il contesto filosofico e linguistico attuale, la morale tradizionale diventa assurda e non trasmissibile. Il contesto è stato creato apposta per ottenere questo effetto. Questo è il motivo per cui si può verificare qualcosa di apparentemente assurdo come il fenomeno dell’ateismo cattolico. Un ateismo pratico, che diventa anche teorico, a causa del venir meno di una filosofia cristiana e persino di una teologia cattolica. Come diceva Chesterton, prima ancora che subire un tracollo morale, il mondo moderno ha subìto un tracollo mentale.