Val d’Ossola / I fedeli non si arrendono. Lettera a monsignor Brambilla
Cari amici di Duc in altum, si moltiplicano le lettere di fedeli al vescovo di Novara, monsignor Brambilla, sul caso dei due sacerdoti, don Alberto e don Stefano, ai quali è stato impedito di celebrare le messe in rito antico a Vocogno e nella cappella dell’ospedale San Biagio di Domodossola. Il vescovo ha stabilito che a partire dalla prima domenica di Avvento, il 27 novembre 2022, “il gruppo dell’ospedale di Domodossola si unirà al gruppo della chiesa di Vocogno, per celebrare la messa secondo il Missale Romanum (1962) nel Santuario di Re”. Monsignor Brambilla precisa poi: “Il Vescovo concederà la facoltà di celebrare solo a quei presbiteri (art. 5 di Traditionis custodes) che riconoscano esplicitamente la validità, legittimità e fecondità del rito celebrato con il Missale Romanum, Editio Typica Tertia del 2002, e si impegnino a prendersi cura affinché i fedeli partecipino al rito celebrato secondo il Missale Romanum (1962) non con uno spirito alternativo alla forma attuale della Messa romana”.
Da diversi anni don Stefano Coggiola e don Alberto Secci, rispettivamente nella cappella dell’ospedale e nella chiesa di Vocogno (frazione del comune di Craveggia), celebrano messa secondo il vetus ordo. Il vescovo di allora, Renato Corti, dopo lunghe controversie li autorizzò a continuare la celebrazione in base a quanto stabilito dal motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, del 7 luglio 2007.
I fedeli che partecipavano alle celebrazioni dei due sacerdoti vivono il provvedimento di monsignor Brambilla come una persecuzione. La soluzione individuata dal vescovo, la messa domenicale nel santuario di Re, non è considerata soddisfacente. Inoltre i fedeli sottolineano che viene tolta la messa giornaliera feriale. Si legge in una lettera: “In una diocesi in cui si è appena inaugurato il tempio buddista più grande d’Europa, la risposta di chi dovrebbe difendere Dio, Gesù e i sempre meno numerosi cattolici nella lotta per la fede è quella di chiudere due chiese in cui si dice messa tutti i giorni e in cui la devozione è forte, soprattutto perché non viene mai a mancare l’accesso ai sacramenti di vitale importanza per la nostra salvezza”.
A Vocogno per la messa vetus ordo arrivavano numerosi fedeli anche da fuori, con intere famiglie e bambini.
Da Marco Bongi riceviamo le ultime notizie. Poi, dopo quella dell’arcivescovo Viganò [qui] e quelle dei fedeli [qui] propongo un’altra lettera inviata al vescovo Brambilla.
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di Marco Bongi
Sono ore di preghiera e trepidazione per don Alberto Secci e don Stefano Coggiola, i due sacerdoti ossolani sfrattati dalle loro cappellanie a causa della fedeltà alla Santa Messa di sempre. Non è facile riuscire a parlare con loro. Non amano le luci della ribalta e preferiscono il raccoglimento e il silenzio.
I fedeli però si stanno facendo sentire con lettere ed e-mail inviate al vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Brambilla. Risulta che le lettere di protesta sono state molte, ma da parte del Pastore nessuna risposta alle pecore.
Non si sa se per l’alto numero di messaggi oppure per una deliberata scelta dei responsabili della comunicazione, la casella di posta elettronica della diocesi sembra bloccata. Assoluto silenzio anche sui settimanali diocesani.
Evidentemente in questo caso il Pastore non ama l’odore delle sue pecore e non predilige questo tipo di periferie. Il tutto, come si può vedere, in linea con lo spirito di dialogo accogliente e misericordioso che sempre viene predicato.
Voci di corridoio riferiscono di possibili sanzioni canoniche in arrivo per i due sacerdoti. Intanto non si conoscono ancora i nomi dei sacerdoti che saranno incaricati di celebrare le Messe domenicali al Santuario di Re e a Verbania.
Domenica prossima, alle ore 10:30, sarà invece celebrata l’ultima Santa Messa cantata nella Chiesa di Vocogno. Per ironia della sorte sarà anche la Festa Patronale di Santa Caterina di Alessandria.
Sono attesi molti fedeli che intenderanno testimoniare il proprio affetto a don Stefano e don Alberto.
I due preti coraggiosi risiedono in una piccola abitazione, di loro proprietà, posta dietro la chiesa di Vocogno. Qui esiste una cappella, piccola ma al riparo dalle furie curiali. Nei prossimi giorni sapremo certamente qualcosa di più.
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Monsignor Brambilla, sono un padre di famiglia…
Eccellenza Reverendissima,
sono un padre di famiglia che ha beneficiato di molti sacramenti in Val Vigezzo, a Vocogno, officiati secondo la forma straordinaria autorizzata dal motu proprio di Benedetto XVI come arricchimento per la Chiesa insieme alla forma ordinaria.
Sono testimone da due settimane di più di cento tra padri e madri di famiglia (dietro cui stanno quindi mediamente altre 4-5 persone tra mogli, mariti, figli ,zii nonni e nipoti) che si sono esposti personalmente a scriverLe per la vicenda di don Stefano e don Alberto.
Non è facile scrivere a un vescovo. Prendere carta e penna non è esattamente una cosa che un padre di famiglia nel 2022, immerso in questioni di sopravvivenza spiccia e vessato tra gli adempimenti dovuti e la propaganda dei media in un mondo frenetico, fa agevolmente. Addirittura so che Le ha scritto un amico dalla lontana Svezia, raccontando di come sia fuggito dai riti protestanti trovando in Val Vigezzo finalmente la vera dottrina cattolica custodita in aderenza al liberante e bimillenario deposito della fede.
Non Le sarà sfuggito quanto notevole sia che, anziché spegnersi davanti alla televisione o alienarsi giocando a calcetto o sfinirsi di chiacchere e pettegolezzi da bar, o godersi un aperitivo, tanti padri e madri di famiglia abbiano preso carta e penna e si siano cimentati a scrivere con il cuore in mano tante missive chiedendo una deroga alle disposizioni per non interrompere – incomprensibilmente ai più e proprio a ridosso dell’Avvento – la cura d’anime che don Alberto e don Stefano con un lavoro educativo instancabile sui contenuti della dottrina cattolica fanno richiamando all’importanza dei sacramenti, del restare in grazia di Dio, del fuggire il peccato, del comunicarsi giornalmente. Testimonia l’importanza dell’opera la professoressa Pirazzi di Verbania nella sua toccante intervista (https://www.youtube.com/watch?v=zP8RB9Q0Xls)
È notevole che tutti questi padri e madri si rivolgano a Lei, confermando in questo una chiara comprensione che la Chiesa è una gerarchia ordinata, riconoscendoLa come chi può prendere tali disposizioni ed eventualmente derogarle a fronte di comprovate esigenze delle anime e quindi ponendosi saldamente all’interno del solco di Santa Madre Chiesa nel riconoscerLe l’autorità della Chiesa.
Mi confermano che le lettere inviate via mail hanno ricevuto dopo alcuni giorni strani messaggi di “fallimento nella consegna”, probabilmente a causa di una chiusura delle caselle di posta elettronica, forse nella speranza che la mobilitazione si spenga da sola; molte lettere sono state pubblicate su giornali locali e testate online quando non re-inviate attraverso altri mezzi nel tentativo di raggiungere ugualmente Lei e il vicario, come certo avrà appreso dai giornali.
Paradossalmente sembra “normale” il fatto che a nessuno sia giunta alcuna risposta. Come se si desse per scontata una irrilevanza del parere dei fedeli agli occhi dei loro pastori, o un disinteresse, secondo criteri puramente umani e di potere. Si può certamente spezzare questo cinismo cercando attivamente un contatto, un dialogo autentico e un rapporto.
L’assenza di risposta è sintomo di una assenza di rapporto: se penso al rapporto tra un vescovo e i sacerdoti affidatigli lo immagino come un rapporto di paternità, in cui l’ascolto e il confronto frequente sono assolutamente necessari, e mi chiedo come sia possibile che due sacerdoti debbano apprendere dalla stampa le disposizioni sul futuro delle loro comunità, come sia possibile che debbano apprendere che sono stati “sollevati” dall’incarico di insegnamento scolastico solo dalla persona che li ha dovuti sostituire, nell’imbarazzo generale di chi sa che queste cose andrebbero almeno comunicate ai diretti interessati con rispetto e delicatezza, come tutti noi vorremmo esser trattati da un padre che rappresenta in terra il Padre Celeste.
Sua Eccellenza, questo è il punto della situazione. Le chiediamo di esercitare non solo il comando ma anche la paternità, e di farla sentire, farla arrivare ai Suoi preti coinvolti in questa vicenda ma anche ai fedeli, entrando in contatto e confrontandosi e rispondendo ai fedeli di Vocogno e Domodossola che le hanno scritto sulla vicenda. Sappiamo che la messa di sempre non si può abrogare né negare ai fedeli che la chiedono. Ebbene, chiediamo questa messa di sempre celebrata quotidianamente e raggiungibile dai luoghi in cui siamo, chiediamo di poter accedere a tutti i sacramenti nella forma straordinaria che abbiamo imparato ad apprezzare, essendo parte del deposito bimillenario della fede. Le disposizioni prese compromettono la nostra possibilità di accedere ai sacramenti quotidiani nei luoghi in cui viviamo (Vocogno e Domodossola) e ci espongono alla possibilità di ritornare a vite mondane ordinarie, con conseguente maggior facilità di uscire dalla grazia di Dio, a rischio delle nostre anime. Così pregano i nostri bambini: per questa intenzione e per la Sua persona, certi che le preghiere dei bambini saranno accolte dalla Madre Celeste tesoriera del Cuore di Gesù.
Andrea