«Non pensavo arrivasse a questo punto: vuole la mia morte»: il cardinale Giovanni Angelo Becciu scrive così in un messaggio a Giovanna Pani il 22 luglio dello scorso anno, due giorni prima che, con l’aiuto della figlia di questa, Maria Luisa Zambrano, registrasse la telefonata con papa Francesco.
Nella chat riportata nell’informativa dei finanzieri di Oristano- resa nota dall’agenzia Adnkronos – la donna lo invita ad avere coraggio, «vedrai che la verità trionferà». E lui: «Per ora sono loro a trionfare e trafiggerci!», e «La vittoria sarà degli onesti».
«È cattivo, vuole la tua fine» scrive Pani a Becciu, riferendosi a «su mannu», che tradotto significa «il papa». A quel punto il cardinale risponde: «Non vuole fare brutta figura per la condanna iniziale che mi ha dato» e ancora: «Mai avrei immaginato (che) non un papa ma (che) un uomo arrivasse a tanto». Pani allora gli risponde: «È un grande vigliacco, ma tu combatti e fai risplendere la verità, è dura lo so, coraggio vinceremo in pieno», «c’è del marcio in Vaticano».
Sempre dall’informativa – riportata dall’AdnKronos – emerge anche un altro messaggio che il cardinale Becciu invia nella chat con i suoi familiari il giorno in cui si celebra la prima udienza del processo vaticano: «Buongiorno! Eccomi ben sveglio e pronto a vivere la grande giornata! Sereno e tranquillo!». Prosegue: «Ho chiesto a Dio: “Perché mi stai portando attraverso acque agitate?” Mi ha risposto: “Perché i tuoi nemici non sanno nuotare”». E, si legge nell’informativa, al messaggio «seguono varie risposte di incoraggiamento e sostegno».
In un’altra conversazione con i familiari, finita nell’informativa della Guardia di Finanza di Oristano e resa nota sempre dall’AdnKronos, si commentano articoli di stampa e indiscrezioni sull’inchiesta vaticana. «E come ne uscirà la Chiesa? A me le ossa le hanno già rotte e quindi non farò più notizia» scrive il cardinale Angelo Becciu ai suoi parenti. «Che razza di responsabilità si è assunto chi ha adottato questa politica di falsa e inopportuna trasparenza» continua il cardinale, esprimendosi spesso in sardo. «Tutti come pere cotte ne scendiamo», continua. Concludendo: «Credibilità zero».
Risulta evidente «che la registrazione sia avvenuta all’insaputa del papa, fatta da Becciu in collaborazione con Maria Luisa Zambrano, e che fosse presente anche una terza persona di sesso maschile che ai predetti dava del lei» si legge inoltre in un appunto inviato il 26 ottobre scorso dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari all’ufficio del promotore di Giustizia del Vaticano, a proposito della richiesta di aiuto di Becciu al pontefice per la causa in corso sul riscatto pagato per la suora liberata nel Mali. Una registrazione ora agli atti del processo che vede coinvolto il cardinale.
E ancora, dalle carte di un’inchiesta che assume toni sempre più torbidi. «La prima annotazione – scrive il procuratore di Sassari Giovanni Caria ai giudici del Vaticano – ha per oggetto la vicenda della formazione di una serie di documenti di trasporto da considerare falsi, presumibilmente creati per giustificare da un certo periodo in poi l’incasso da parte della Spes di cospicue somme di danaro dalla diocesi di Ozieri. Il falso verrebbe provato da documenti digitali rinvenuti nel corso della perquisizione e della conseguente consulenza informatica – con data di creazione corrispondente a quella dell’invio di documentazione difensiva nel vostro processo e da dati acquisiti nell’archivio alloggiati. Informo che ho delegato la Procura generale allo svolgimento di accertamenti più specifici su quattro persone che hanno in prima battuta attestato la veridicità di alcuni documenti di trasporto».
C’è poi da chiarire «l’ambito dei rapporti tra l’allora vescovo di Ozieri Pintor e i membri della Spes, fra cui coloro che facevano parte anche della Caritas di Ozieri». In particolare, «l’attenzione – osserva il procuratore di Sassari – si è rivolta alle fasi dell’apertura del conto Caritas presso Banca Intesa utilizzato di fatto da appartenenti alla Spes per trasferimento di somme di danaro a vario titolo, oltre che come conto di ricezione del complessivo versamento di 125.000 euro da parte del cardinale Angelo Becciu con fondi provenienti dalle casse del Vaticano. Credo che risulti a questo punto indubitabile che i rapporti del vescovo Pintor con i predetti soggetti — in particolare con Tonino Becciu, fratello del cardinale e legale rappresentante Spes — fossero pessimi, proprio a ridosso dell’apertura del conto corrente, e che il vescovo Pintor non abbia in alcun modo disposto l’apertura del conto (e presumibilmente ne era all’oscuro)».
Fonte: roma.corriere.it