Essere in comunione, ma non d’accordo, con Francesco
di Eric Sammons
Per i fedeli cattolici il pontificato di Francesco è stato come cercare di sopravvivere a dodici round contro un campione dei pesi massimi. Rivediamo alcune dei colpi di Francesco:
- “Chi sono io per giudicare?”.
- “Non fate figli come conigli”.
- “Il pluralismo e la diversità delle religioni sono sapiente volontà di Dio”.
- Strette di mano a politici pro aborto.
- Un accordo vergognoso con il Partito comunista cinese.
- Promozione dell’opera del padre James Martin.
- Scandalose nomine alla Pontificia accademia per la vita.
Questo è ciò che mi viene in mente, ma sono sicuro che voi potreste snocciolare molte altre frasi e circostanze. Dopo nove anni di questo pontificato, la maggior parte di noi si sente almeno un po’ stordita.
Questa situazione indecorosa può portare a un vero e proprio esame di coscienza. Come cattolici siamo pre-programmati per rispettare i nostri papi. Ma, se siamo onesti, Francesco è un uomo difficile da amare o da rispettare, e il suo antagonismo verso i cattolici tradizionali e ortodossi indica che il sentimento è reciproco. Il che porta all’inevitabile domanda: come può un cattolico essere in comunione con il papa se non vuole avere niente a che fare con lui?
Questa non è una domanda accademica. La Chiesa cattolica ha sempre sottolineato l’importanza di essere in comunione con Roma. Fin dai primi giorni del cristianesimo, Roma è stata vista come il luogo dell’unità mondiale della Chiesa. Essere fuori dalla comunione con il successore di san Pietro significava separarsi dal Corpo di Cristo. Ma, allo stesso tempo, essere un fedele cattolico significa aderire ostinatamente agli insegnamenti della Chiesa così come ci sono stati trasmessi attraverso la Scrittura e la Tradizione. Quindi cosa succede quando ci viene richiesto di essere in comunione con qualcuno che lavora per ribaltare quegli insegnamenti?
Per risolvere l’inquietante paradosso dobbiamo capire cosa significa essere “in comunione con”. Primo: non significa essere d’accordo sotto tutti i punti di vista. Ogni cattolico praticante è in comunione con ogni altro cattolico praticante nel mondo, e garantisco che questi milioni di cattolici hanno opinioni molto divergenti su politica, economia, cultura e tutta una serie di altri argomenti. E, fatto ancora più rilevante, molti di questi cattolici praticanti probabilmente sostengono quelle che sono visioni eretiche. Non è difficile immaginare che, per ignoranza o incomprensione, ci sia un gran numero di cattolici, ad esempio, che se venisse loro chiesto di spiegare la Trinità darebbero quelle che in realtà sono risposte eretiche. Tuttavia restiamo in comunione.
Quindi cosa significa “in comunione con”? Rappresenta un riconoscimento visibile della Chiesa visibile. Nella chiesa invisibile del protestantesimo non esiste un vero concetto di “in comunione con”. Un protestante frequenta semplicemente la chiesa che gli piace di più e, se smette di piacergli, se ne va e ne frequenta un’altra. È semplicemente un membro visibile di una comunità locale di credenti che la pensano allo stesso modo, pur rimanendo nell’eterea “chiesa invisibile”.
Ma per i cattolici è ben diverso. Crediamo di essere membra di una Chiesa visibile e universale, che include non solo tutti i cattolici di oggi, ma tutti i cattolici nel corso della storia e nel futuro, santi e peccatori. Questa appartenenza è una realtà mistica determinata non dalla nostra mentalità simile, ma dalla nostra partecipazione condivisa alla Santa Comunione.
È una comunione sia orizzontale, tra tutti i membri della Chiesa cattolica, sia verticale, cioè tra i nuovi cattolici battezzati fino al papa e persino fino al capo del papa, Gesù Cristo. In altre parole, la nostra comunione non è un riconoscimento del fato che tutti ci piacciamo o siamo d’accordo, ma una mutua sottomissione della nostra volontà a quella di Cristo.
Inoltre, questa comunione è strutturata, è gerarchico. Nei piani della divina provvidenza, Nostro Signore ha stabilito per questa comunione un centro qui sulla terra: il vescovo di Roma che è il successore di San Pietro. In altre parole, per essere in comunione gli uni con gli altri, dobbiamo essere in comunione con il papa. E questo non è facoltativo. Non possiamo dire: “Beh, sono in comunione con la mia parrocchia locale, ma non con il papa”. Farlo significa rifiutare la struttura comunitaria istituita da Colui che opera la comunione, Gesù Cristo.
Bene. Ma che succede quando il papa, centro della comunione, diventa esso stesso fonte di scandalo? Cosa succede quando sembra opporsi agli insegnamenti che provengono da Cristo?
Alcuni sosterranno che, data la situazione, Francesco non è veramente il papa: o perché non è stato eletto validamente o perché la sua eresia lo rimuove automaticamente dall’incarico. Ma questo è un tentativo dell’uomo di riconfigurare una realtà divina per “risolvere” i problemi di oggi. Poiché non riusciamo a capire come si possa avere un papa così cattivo ed essere ancora in comunione con lui, ecco che cerchiamo di risolvere il problema con soluzioni umane.
Soluzioni che portano a problemi ancora maggiori. È un po’ quello che avviene nel caso di tanti antichi tentativi di spiegare il mistero della Trinità con “soluzioni” umane come il modalismo o l’arianesimo. Tali spiegazioni potrebbero sembrare più semplici e quindi più facili da accettare per gli uomini e le donne, ma alla fine portano a malintesi fondamentali sulla natura di Dio. Allo stesso modo, le soluzioni umane a un papato problematico potrebbero sembrare più semplici e più facili da accettare, ma portano a malintesi fondamentali sulla Chiesa e la nostra comunione in essa.
Come già notato, la nostra comunione è strutturata, è gerarchica. Ciò significa che i membri hanno ruoli diversi da svolgere, e non è compito del singolo laico – o di un singolo sacerdote o vescovo – dichiarare che un papa non è più papa o che non lo è mai stato. Infatti, proprio il fatto che una virtuale unanimità della gerarchia oggi riconosca Francesco come papa fa capire che dobbiamo accettarlo come papa, e quindi essere in comunione con lui.
Il papato è un mistero della nostra fede, e i misteri, naturalmente, possono essere difficili da capire o da accettare. La nostra situazione attuale mi ricorda Giovanni 6,68-69, quando Gesù chiede ai Dodici se anche loro lo lasceranno davanti al duro insegnamento dell’Eucaristia, san Pietro risponde: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Il sommo apostolo non capiva come avrebbe dovuto mangiare la carne di Cristo e bere il suo sangue, ma era arrivato ad accettare Gesù come il divino Salvatore e quindi per san Pietro la parola di Cristo era abbastanza buona.
Allo stesso modo, può essere difficile accettare oggi il duro insegnamento del papato e la nostra necessità di essere in comunione con esso. In epoche di papi santi e saggi, la comunione è naturale e facile. Ma non viviamo in un’epoca del genere. Quindi dobbiamo dire con san Pietro: “Signore, da chi andremo?” Nostro Signore ha reso la comunione con il papa una parte essenziale della fede cattolica, qualcosa che è stata attestata e praticata per duemila anni. Non possiamo abbandonarla ora, anche di fronte a gravi sfide.
Questa è la prova dei nostri giorni. La domanda è: cercheremo di “risolvere” umanamente il problema del papato di Francesco, o confideremo in nostro Signore e rimarremo in comunione con Roma nonostante le sfide che la comunione comporta? Potrebbe sembrare di essere nel bel mezzo di una lotta tra pesi massimi, ma il nostro dovere è perseverare fino alla fine, indipendentemente dai colpi che potremmo ricevere lungo la strada.
Titolo originale: In Communion – But Not Happy – With Pope Francis. How can a Catholic be in communion with the pope if he doesn’t want anything to do with him?
Fonte: crisismagazine.com