di Fabio Battiston
Sì, credo proprio sia giunta l’ora di dire basta! Basta con l’accettazione supina di una straripante dittatura mondialista che in questo terzo millennio ha deciso di passare all’offensiva finale imponendo al mondo nuovi comportamenti, atteggiamenti, linguaggi, modelli relazionali e azioni. Basta con la rassegnazione di fronte a quest’oligarchia etico-finanziaria globalista appoggiata da servitù tecnocratiche, culturali, scientiste, teocratiche (la nuova religione universale bergogliana), sovranazionali (Onu, Ue, Fmi, Oms) e filosofiche. Non debemus, non possumus, non volumus diventare i nuovi schiavi di un secolo buio, incatenati a un’etica demoniaca che ci vuole “gioiosamente inclusi” in un mondo oscuro. Un mondo in cui i nostri aguzzini – laici e fintamente clericali – ci impongono scelte, modelli, obblighi, divieti e sanzioni: come parlare, cosa mangiare, come curarsi, chi e come pregare, cosa amare e odiare, chi denunciare. E ancora, cosa essere costretti a rinnegare, abbandonare e dimenticare! Il tutto nel nome di cinque terribili parole: ugualità, massificazione, inclusione, uniformità e censura. È come una guerra, un conflitto terribilmente asimmetrico nel quale ci ritroviamo a essere – sul piano esclusivamente terreno – in condizioni d’inferiorità tali che neanche Davide si augurerebbe di avere nel suo scontro con Golia. Siamo minoranza della minoranza in famiglia, nel lavoro, nella scuola, nella Chiesa, in politica, nelle relazioni sociali… dovunque e comunque. Ma dobbiamo affrontarla questa guerra perché gli alleati più potenti li abbiamo noi. Preghiamo la Santissima Trinità, l’Immacolata Concezione e le schiere angeliche di sostenerci e guidarci per vincere la battaglia. Ma almeno combattiamola – accidenti a noi – ogni ora, ogni giorno! L’ignavia, di fronte alla guerra che ci è stata dichiarata, ci vedrà costretti in tempi brevi a vivere un inferno molto concreto su questa terra. Ho cercato di rappresentarne un piccolo aspetto nel racconto – ironicamente fantastico ma non troppo – che qui vi propongo.
Nuovo ordine. Nuovi tempi. Nuovi reati
Presidente del Tribunale:
“Cittadino! Il processo che stiamo celebrando contro di lei sta per concludersi. Tutti i testimoni sono stati ascoltati. Mi spiace per lei, ma ne abbiamo trovati pochissimi in suo favore; comunque i procedimenti contro di loro sono già iniziati. Prima della sentenza, riepiloghiamo ora le contestazioni per le quali ella è stato più volte denunciato e poi, finalmente, arrestato. Cancelliere, rilegga i capi di imputazione.”
Cancelliere:
“Cittadino! Lei è accusato di:
Non aver aderito alla petizione popolare per ottenere l’eliminazione immediata, dall’enciclopedia Treccani, della parola negro su tutte le voci in cui questa compare.
Aver ostentato con continuità simboli cristiani (un crocifisso appeso al collo e una immagine della Madonna) che suonano come vile provocazione verso chi professa altre fedi e che, soprattutto, offendono la sensibilità dei musulmani.
Non aver installato nel cucinotto del suo appartamento, numero 4 (quattro) secchi dell’immondizia per la raccolta differenziata che fa tanto bene all’ambiente.
Non aver mai partecipato alle domeniche ecologiche e, contestualmente, non aver mai fatto uso di mezzi di trasporto ecologicamente corretti e sostenibili come biciclette e monopattini.
Non aver acquistato un’automobile elettrica.
Continuare pervicacemente a identificare omosessuali e transex con gli appellativi di pederasti, invertiti e travestiti.
Aver regalato a suo figlio una pistola giocattolo, un costume da soldato nordista e un trenino elettrico; a sua figlia una bambola, un costume da damina e una cucinetta. Lei ha così perpetuato la famigerata identità di genere, e le relative differenze, che noi intendiamo estirpare dalla nostra società.
Continuare a farsi chiamare papà dai suoi figli e non “genitore 2”.
Mantenere l’odiosa abitudine di definire i gloriosi popoli “Rom” e “Sinti” con l’appellativo di zingari e, soprattutto, di non rispettare le loro tradizioni, usi e costumi. Questo specialmente per quanto riguarda il loro modo di procurarsi da vivere, di educare i loro figli e di interpretare ai loro fini le leggi del paese in cui vivono.
Non aver mai partecipato alle manifestazioni per commemorare le stragi di balene che periodicamente muoiono spiaggiate sulle coste dell’Australia e della Nuova Zelanda.
Aver definito l’aborto un assassinio premeditato e un crimine contro l’umanità.
Essere contrario all’eutanasia e all’eugenetica.
Aver chiesto al preside della scuola pubblica frequentata da suo figlio di mantenere la vecchia e divisiva usanza di allestire il presepe per Natale.
Aver costantemente disobbedito all’obbligo etico, religioso e civile di vaccinarsi contro il Covid 8.
Non apprezzare i vegani, rifiutare la loro cucina e condannare le loro goliardiche ed ecologiche manifestazioni nelle quali sono giustamente devastati ristoranti non vegani, macellerie e allevamenti di bestiame.
Essersi rifiutato di consumare olio extravergine di oliva prodotto nei territori della Comunità Europea (tutti i giudici si inchinano per quindici secondi) e di non aver mai acquistato cibo sintetico ecosostenibile e alimenti proteici a base di insetti.
Non aver appeso fuori dalla finestra – per almeno due ore e tre volte a settimana – la bandiera della nostra gloriosa e democratica Unione Europea (tutti i giudici si inchinano di nuovo ma stavolta per trenta secondi).
Non aver mai sostenuto economicamente i comitati per la diffusione dell’ideologia transgender e per la promozione dell’utero in affitto.
Aver frequentato assiduamente la messa cattolica in latino, celebrata nel rito romano antico.
Non essere mai andato ad Assisi per pregare nel nome della nuova Religione Universale (tutti i giudici si inchinano, si tolgono il tocco e così restano sino alla fine del capo d’accusa) insieme con buddisti, animisti, sciamani, musulmani, scintoisti, ebrei, protestanti e cattolici.
Aver aspramente criticato metodi e azioni dei movimenti Black Lives Matter, Mee too e Woke.
Essersi rifiutato di firmare la petizione per l’abbattimento, a Roma, del Palazzo della Civiltà del Lavoro e dell’obelisco al Foro Italico (più altri edifici sparsi in tutta Italia) come orrendi retaggi dell’Italia fascista.
Non accettare la tesi – da sempre scientificamente, matematicamente e fisicamente dimostrata – che la causa del riscaldamento globale del pianeta sia antropica, quindi da addebitare esclusivamente all’azione malvagia dell’uomo contro la Madre Terra (tutta la corte si rivolge verso la parete in fondo all’aula e, faccia a terra, pronuncia un’invocazione in lingua quechua alla Pachamama, la cui statuetta campeggia sopra il portale di ingresso dell’aula stessa).
Al termine dell’invocazione tutta la corte, visibilmente commossa, si ricompone dietro gli scranni.
Di nuovo il Presidente del Tribunale:
“Cittadino! I capi d’imputazione sono stati letti ed è chiaramente evidente l’indignazione e la rabbia giustamente manifestate da chi sta assistendo a questo processo ed ha ascoltato i gravissimi addebiti che le vengono mossi. È ora venuto il suo turno.
Come si dichiara rispetto a tutte queste accuse? Ha qualcosa da dire a sua discolpa prima che la sentenza – definitiva e senz’appello – venga pronunciata da questa Corte?”
Cittadino:
“Signor Presidente, Cancelliere, Giudici e voi tutti, Popolo etico, fraterno, politicamente e cattolicamente corretto, multiculturale, multietnico ed eco-sostenibile che assistete a questo processo!
Ebbene… mi proclamo innocente, sì completamente innocente per aver fieramente, orgogliosamente ed eroicamente commesso tutto ciò di cui sono stato accusato in questo dibattimento!!!” (urla, insulti, minacce e promesse di linciaggio si levano da un pubblico ormai inferocito)
Presidente del Tribunale (rivolto ai presenti)
“Calma, calma… avrete presto la vostra sacrosanta soddisfazione”.
Poi volgendosi di scatto verso l’imputato:
“Null’altro da dire cittadino? Bene, molto bene (con un ghigno). La Corte si ritira per deliberare”.
D’improvviso il cittadino si svegliò, sudato ed ansimante. Era stato un incubo, solo un incubo, non è vero? Guardò in alto e vide i raggi di sole che filtravano attraverso le sbarre.
Era la prima, vera giornata di primavera di un inizio aprile del 2030.