Cari amici di Duc in altum, ricevo e volentieri condivido questa lettera.
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Caro Valli,
da diversi anni si registrano le insofferenze più o meno aperte di alcuni sacerdoti verso i fedeli che intendono comunicarsi sulla lingua e in ginocchio, la forma rituale che esprime più consapevolezza della sacralità di ciò che si sta per ricevere, ma anche la forma liturgicamente più corretta per ricevere la Santa Comunione.
Chiusa la parentesi del periodo Covid, durante il quale per motivi sanitari è stata proibita la comunione sulla lingua, alcuni sacerdoti danno per scontato che non si possa più tornare alla normalità precedente in cui si affidava alla coscienza del fedele la modalità con cui comunicarsi, se sulla lingua o in mano.
A emergenza sanitaria chiusa, gli episodi precedentemente più sporadici di rifiuto da parte del sacerdote di comunicare i fedeli sulla lingua e in ginocchio si sono purtroppo moltiplicati e caricati di supponenza, aggressività e autoreferenzialità, a volte con atteggiamenti spocchiosi e di sfida verso il fedele e le autorità ecclesiali eventualmente invocate a difesa.
A titolo esemplificativo elenco alcune situazioni che mi sono state riferite direttamente da chi le ha subite nell’atto di ricevere la Santa Comunione sulla lingua e in ginocchio: semplice invito a non inginocchiarsi; invito a non inginocchiarsi e dopo la Messa dura reprimenda per essersi inginocchiati; rifiuto di comunicare il fedele inginocchiato; frasi umilianti al fedele inginocchiato davanti all’assemblea. Lo stesso rifiuto si verifica nel caso in cui i fedeli si vogliano comunicare in piedi ma sulla lingua: invito a comunicarsi in mano; rifiuto perentorio di comunicare il fedele sulla lingua; invito a mettersi ultimo nella processione per ricevere la Santa Comunione sulla lingua.
Queste situazioni sono vissute come vessazioni da parte dei fedeli e costituiscono fonte di ansietà: laddove non si conoscano le idee del sacerdote celebrante, la Comunione viene vissuta nell’incertezza di quello che potrà accadere e ci si interroga sul comportamento da assumere: accondiscendenza alla propria coscienza o alle idee del sacerdote? Non comunicarsi in caso di un rifiuto o adeguarsi per non creare disagio nell’assemblea?
Anche la scrivente ha vissuto alcune delle situazioni sopra descritte, e una mi ha perfino segnata positivamente: è successo che, alla mia fermezza nel voler ricevere la Comunione sulla lingua, il sacerdote mi ha invitato a mettermi per ultima nella processione eucaristica, io ho accettato, sono tornata in fondo alla chiesa, mi sono posta per ultima e inevitabilmente ho pensato che gli ultimi saranno i primi. Da allora, in situazioni di incertezza mi metto per ultima (non sono mai sola, molti sono gli ultimi) e ringrazio il Signore che mi offre questa possibilità di guadagnarmi immeritatamente un pezzo di Cielo stando tra gli ultimi.
Tra le variegate esperienze personali, l’episodio che più mi ha colpito è avvenuto durante il rito funebre celebrato il 10 novembre 2022 alle ore 15:30 nella chiesa di Santa Maria Nascente nel quartiere Fiumicello di Brescia. In tale circostanza il parroco mi ha negato la Comunione sulla lingua e indicandomi – con gesti del viso e delle mani – le mie mani giunte mi ha invitato a prendere la Comunione sulla mano asserendo ripetutamente: “Come fanno tutti”.
La frase di per sé non è originale ed è la giustificazione più gettonata dalla fine dell’emergenza Covid, ma ha destato il mio stupore in forza del fatto che la connotazione fortemente conformistica sottesa stride con l’immagine non convenzionale che questo parroco vuole accreditare di sé stesso, apprezzata da quelli che contano e premiata con interviste e copertine.
Un esempio del comportamento non convenzionale di questo sacerdote è quello avvenuto durante l’estate appena trascorsa quando ha guadagnato gli onori delle cronache per aver celebrato la Messa in un parco vestito da ciclista, su un tavolo da campeggio, usando piatto e bicchiere di plastica per la consacrazione delle specie e rallegrandosi per “Gesù che vola” quando le ostie consacrate sollevate da un colpo di vento sono finite a terra.
Dopo questo racconto, credo sia ben comprensibile il mio stupore alla richiesta di uniformarmi al comportamento degli altri fedeli. Mi sarei aspettata piuttosto la richiesta di segno opposto, di avere un atteggiamento originale, creativo, non di certo un invito ad appiattirmi sul conformismo; ma in realtà quello che mi sarei veramente aspettata da questo sacerdote è l’accoglienza di cui lui generalmente è prodigo dimostrandosi da sempre paladino dei diversi e discriminati.
Mi sono dilungata su questi aspetti perché non ricordo sia stata data una spiegazione liturgica o teologica al diniego della Comunione in bocca e in ginocchio. Che io sappia, i sacerdoti si sono solo limitati a porre il divieto, a volte anche con poca carità. Credo che i fedeli abbiano diritto a qualche spiegazione, onde evitare che i dinieghi assumano un sapore clericale privo di quella misericordia di cui si fa garante l’attuale pontificato.
Da parte mia attendo una risposta dal Cancelliere sull’eventuale sussistenza di norme giuridiche che impediscano al sacerdote di somministrare e al fedele di ricevere la Comunione in bocca e in ginocchio.
Mara Colonello
Brescia