Non so se vale anche per voi, ma io, per Natale, in regalo non chiedo altro che libri. Permettetemi allora qualche segnalazione, a incominciare dalle mie opere più recenti. Lo so, è una sorta di interesse privato in atti d’ufficio. Ma mettetevi nei miei panni. Con le idee che propongono, i libri del sottoscritto certamente non vengono recensiti su giornali, riviste o canali televisivi e radiofonici. Diciamo pure che, salvo sporadiche eccezioni, sono totalmente ignorati. Per farli conoscere non mi rimane che questo blog e il passaparola fra lettori e amici.
Dunque, parto con Virus e Leviatano (Liberilibri, 108 pagine, 10.45 euro) sull’uso sociale e politico della pandemia. Un libro nel quale mi interrogo sullo stato d’eccezione introdotto con la legislazione d’urgenza ma soprattutto metto in luce come, in fondo, il nostro tessuto sociale fosse già pronto ad accettare tutto perché da tempo auto-asservito al dispotismo di fatto, imposto con il terrore.
Poi ecco tre libri che in diverso modo si occupano della situazione della Chiesa: Il cambio della guardia. Bose ed Enzo Bianchi come esempio di transizione della nuova chiesa (Fede & Cultura, 128 pagine, 14 euro), con monsignor Nicola Bux; Non ponti, ma scale. Dialogo sulla Chiesa dalle due sponde di un fiume, (Chorabooks, 74 pagine, 10,39 euro) con don Francesco Ricossa; Crepuscolo. Lettere dalla crisi della Chiesa (Chorabooks, 110 pagine, 16,63 euro) con Aurelio Porfiri. Il fatto che questi tre libri siano stati scritti in dialogo con altri autori fa capire il desiderio di osservare la situazione della Chiesa cattolica, oggettivamente drammatica, da punti di vista diversi ma tutti accomunati dall’amore per la Chiesa stessa.
La trave e la pagliuzza. Essere cattolici “hic et nunc” (Chorabooks, 186 pagine, 16 euro) è invece una sorta di zibaldone con riflessioni sulla vita religiosa e l’attualità culturale e sociale.
Infine, la narrativa, con un romanzo e un lungo racconto: il primo è il distopico (ma forse non troppo) L’ultima battaglia (Fede & Cultura, 240 pagine, 19 euro), il secondo il singolare La finestra (Fede & Cultura, 160 pagine, 15 euro) nei quali riverso le mie paure, i miei disagi spirituali e morali, ma anche la mia speranza.
E ora passo ai libri degli altri. Qui davanti a me ho, in primo piano, La crisi dell’Occidente. Origini, attualità e futuro, di Santiago Cantera Montenegro (Cantagalli, 336 pagine, 26 euro), un libro che consiglio caldamente perché l’autore, monaco benedettino con una formazione storica ma spiccata propensione alla filosofia, riesce davvero con rara lucidità e chiarezza a esaminare le cause che hanno prodotto la crisi politica, culturale e sociale del mondo occidentale e, nello stesso tempo, propone l’unica soluzione possibile, specie per la nostra Europa: smetterla con la pretesa laicista, che produce solo burocrazia senz’anima, e tornare alle radici cristiane. Perché l’Europa o è cristiana o non è. E questa non è ideologia, ma è constatazione della realtà. E solo il patrimonio garantito dalla tradizione cristiana può fare da collante, come ha già fatto in passato, tra culture e tradizioni diverse nel rispetto della dignità della persona. Bellissima, nel libro, la rivalutazione del tomismo, sciaguratamente abbandonato dalla cattolicità. Una risposta a chi dice, superficialmente, che non bisogna cadere nell’”indietrismo”.
Di problemi analoghi si occupa La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo della filosofa francese Chantal Delsol (Cantagalli, 128 pagine, 17 euro), lavoro che, devo dirlo, mi ha appassionato meno di quello del monaco Cantera Montenegro ma contiene numerosi spunti di riflessione. Secondo l’autrice il nostro futuro, come occidentali, non è tanto ateo quanto pagano. Un declino da spossatezza dopo sedici secoli di cristianesimo che sono giunti ormai al capolinea. Alle tesi dell’autrice francese ha risposto Stefano Fontana con argomentazioni che mi trovano d’accordo. La presunta ineluttabilità della secolarizzazione, scrive Fontana, è affermata ma non argomentata. Ma soprattutto va contestata l’idea che la fine della cristianità sia stata motivata dalla cristianità stessa a causa di una visione “fondata sulla conquista”, di una “perversione del messaggio”, della nascita di una società “satura di dogmi”, retta sulla “profanazione dell’idea di verità” e nella quale “i chierici ubriachi di potere si lasciavano sedurre da ogni sorta di eccessi” e veniva esercitata una “forma di influenza e di dominio sulle anime”. Annota Fontana: “Va bene che 120 pagine non sono che 120 pagine, ma qui non si tratta di sintesi ma di slogan, per di più molto approssimativi e bassamente funzionali al paradigma di pensiero che ha sostituito quello della cristianità. Frasi di questa impostazione sono una caricatura della cristianità e denunciano un pregiudizio liquidatorio nei suoi confronti, preventivo più che consuntivo, aprioristico – e dogmatico – direi”.
Per chi non teme di lasciarsi inquietare consiglio Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro di Enrico Maria Radaelli (Edizioni Pro Manuscripto Aurea Domus, pagine 469, euro 59,99) con prefazione dell’arcivescovo René Henry Gracida. “Dispiace dirlo – scrive l’autore – ma la rinuncia di Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013 è, come qui è dimostrato con argomenti irrefutabili, invalida e nulla: essa è il frutto diretto del ratzingerismo, la dottrina insegnata da cinquant’anni da Joseph Ratzinger nel suo celebre long seller, tutt’ora in vendita, Introduzione al cristianesimo”.
Poiché nel blog ho parlato dell’opera di Radaelli, non sono mancati gli attacchi nei miei confronti. Me li aspettavo. Non di meno noto ancora una volta la tendenza, dentro il mondo cattolico, a dividersi in tifoserie che rinunciano all’analisi e si abbandonano al sentimento. Occuparsi del “ratzingerismo” e della rinuncia del 2013 non significa voler aggredire gratuitamente Ratzinger-Benedetto XVI, verso il quale, per quanto mi riguarda, rinnovo tutto l’affetto. Significa semplicemente prendere atto di realtà con le quali dobbiamo confrontarci se vogliamo onestamente esaminare la situazione in cui ci troviamo come Chiesa cattolica.
E a proposito di Chiesa, ecco un’opera che ci aiuta a capire come siamo arrivati all’oggi. Mi riferisco a Il fumo nel Tempio di Eugenio Corti (Ares, 296 pagine, 20 euro), un libro, scrive Cesare Cavalleri nella prefazione, che è “la risposta di un uomo di fede non rassegnato a prendere semplicemente atto delle difficoltà ecclesiali e sociali, ma deciso invece a impegnarsi fino in fondo nella buona battaglia per dare a Dio il posto che gli compete in seno all’umanità”. Corti (1921-2014), autore che con il best seller Il cavallo rosso ha dimostrato che anche la letteratura italiana può vantare il passo lungo di un Tolstoj o di un Dostoevskij, raccoglie qui note, riflessioni e commenti che vanno dal 1970 al 2000: il controcanto di un uomo libero, un cattolico vero, che esprimeva tutto il suo dolore e il suo disagio nel vedere il “fumo di Satana” penetrare nel tempio di Dio.
Parlavo poco fa del mio Virus e Leviatano. Torniamo ora in argomento con un’opera di contenuto analogo: Stato e Covid. Minaccia alla libertà (Monolateral, 152 pagine, 10 euro) di don Beniamino di Martino. Nella prefazione, che don Beniamino mi ha gentilmente chiesto, scrivo: “Le epidemie, o pandemie, vanno e vengono. Nella storia ce ne sono state tante e anche quella del Covid se ne andrà. Ma noi, dopo come saremo? Bisognerà ragionare su tutto ciò che è successo, sul come, il quando e il perché. Nell’opera di ricostruzione bisognerà partire dai fondamentali: la persona che viene prima dello Stato. Lavoro immenso, ma andrà fatto. E allora leggere l’opera di don Beniamino Di Martino sarà necessario e utile. Ci ricorderà che non tutti accettarono di lasciarsi ridurre a uomini a una dimensione. Ci darà consolazione e coraggio. Il coraggio della libertà”.
Sulla questione dei “vaccini” contro il Covid in rapporto a scienza e diritto si concentra il libro Vaccinazioni Covid-19 e Costituzione. Evidenza scientifica e analisi etico-giuridica (Phronesis Editore, 422 pagine, 27 euro) a cura di Fulvio Di Blasi con contributi di Mariano Bizzarri, Carmela Capolupo, Daniele Cenci, Alessandra Chiavegatti, Giovanni Di palmo, Alberto Donzelli, Vittorio Fiasconaro, Massimo Formica, Sara Gandini, Carlo Iannello, Tiziana Locatelli, Laura Teodori, Daniele Trabucco, Aldo Rocco Vitale. Gli autori sono scienziati, medici, biologi, epidemiologi, costituzionalisti, avvocati, bioeticisti, filosofi, magistrati. Lo sguardo è a 360 gradi e, anche se non sempre è di facile lettura, regala speranza perché dimostra che nonostante la propaganda ci sono tante menti che, rimaste lucide, si sono messe a disposizione della verità e cercano di riportarla nelle istituzioni che l’hanno perduta.
E concludiamo con qualcosa di buono. In senso letterale. Mi riferisco a Il monaco buongustaio. Dolci e liquori dall’Italia e dal mondo (Ares, 208 pagine, 18 euro), nel quale un parroco, don Marcello Stanzione, e un medico cardiologo e chef, Bianca Bianchini, uniscono le forze per addentrarsi nelle cucine dei monasteri. Ne viene fuori un campionario di ricette e di curiosità. Sapevate che furono le monache di San Gregorio Armeno ad aggiungere l’aroma di fiori d’arancio alla pastiera napoletana? O che l’alchermes, prodotto dai domenicani di Santa Maria Novella a Firenze, era un liquore molto amato dai Medici? Dalle tegole valdostane ai cannoli siciliani, dal panforte toscano al nocino e al centerbe, sono centinaia le specialità nate o perfezionate nei monasteri. Furono in particolare le monache di clausura a dedicarsi alla pasticceria, mentre le comunità maschili divennero celebri nella produzione di birre, vini e liquori. Il libro raccoglie 164 ricette.
Buona lettura (e buon appetito) a tutti!
A.M.V.