Sulle “dimissioni” di Bergoglio e la secolarizzazione del papato

Propongo questa lettera, che si fa interprete di perplessità diffuse. Subito dopo, una mia risposta.

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Caro Valli,

da un po’ di tempo sto vivendo una profonda inquietudine di fronte a vari aspetti della vita della Chiesa che mi lasciano sconcertato. Scrivo a Duc in altum perché non riesco a parlarne con nessuno, nemmeno con persone a me vicine. Non riesco infatti a trasmettere e a far comprendere le mie sensazioni. Lascio perdere questioni, che pure ho molto a cuore, come quelle legate alla Messa tradizionale e alla Comunione sulle mani, e vengo a quanto Francesco ha detto nell’intervista al giornale spagnolo ABC sulle sue dimissioni.

Un papa, per l’elezione del quale è intervenuto lo Spirito Santo,  dice di aver firmato in anticipo le proprie dimissioni, a causa di un eventuale futuro impedimento fisico, e la cosa sembra del tutto normale!

Ma io mi chiedo: come può essere normale? Se anche ci fossero impedimenti cognitivi, sarebbe normale per il Vicario di Cristo dare le dimissioni e mettersi in pensione? Si tratta forse di una professione come un’altra?

Mi chiedo inoltre: io, in quanto padre e marito, in caso (Dio non voglia) di gravi difficoltà fisiche o cognitive, potrei forse smettere di essere padre e marito? Se mi dimettessi, in quanto padre ne risponderei di fronte a Dio e, in quanto marito, mia moglie potrebbe anche rivolgersi alla Sacra Rota!

Battute a parte, quello che mi chiedo è: allo Spirito Santo e al suo agire si crede ancora? O è stato messo completamente da parte?

Nella sofferenza un padre non solo può essere ancora tale, ma diventa addirittura un dono! Mettiamo pure che ci sia l’impossibilità di esprimere tutte le proprie capacità, e che l’entourage papale ponga il problema. Ebbene, questa non sarebbe comunque volontà di Dio? La mia impressione è che non c’è più fede in Dio, ma solo nell’uomo. Sembra che anche il papa sia diventato soltanto un uomo e pensi se stesso in quanto tale.

Un padre è un esempio, un educatore, un dispensatore di affetto e amore, un sostenitore, un difensore, un trasmettitore della fede. E un marito è marito nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, perfino quando c’è perdita di coscienza.

La mia mia paura è di cedere nella prova, di non essere capace di dare il giusto esempio. Ma da nessuna parte vedo oggi punti di riferimento in grado di dare certezze ed esempi di eroismi istituzionalmente intesi. Vedo solo banalità.

Dio ci perdoni!

Colgo l’occasione per augurare un santo Natale a lei e a tutti i lettori di Duc in altum.

Federico Morandi

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Se il fare prevale ormai sull’essere

Gentile Federico,

lei ha ragione. La figura papale, così come la Chiesa intera, è stata sottoposta nel corso degli ultimi sessant’anni a un profondo e progressivo processo di secolarizzazione. Un processo che con Francesco ha subito una marcata accelerazione. Il papa e il papato sono stati ridotti alla sola dimensione terrena. Totale è l’identificazione con la persona che ricopre il ruolo in un dato momento storico. La dimensione soprannaturale è stata tolta di mezzo e così non c’è da stupirsi se ormai si considera normale parlare di “dimissioni” del papa, come se si trattasse di un qualunque capufficio. Essendo rimasta solo la dimensione terrena, la funzione ha perso ogni significato che vada al di là dell’umanità del soggetto che la incarna.

È vero che la legge della Chiesa prevede la possibilità della rinuncia. Ma oggi questa possibilità – che dovrebbe rientrare nel novero dei casi davvero eccezionali – è stata banalizzata. Significativo è che il papa stesso nell’intervista al giornale spagnolo ABC non usi nemmeno più il termine corretto di rinuncia e parli di dimissioni. Ormai, egli parla appunto come il ministro di un governo o il presidente di un consiglio d’amministrazione.

Da papa, come da padre, non ci si può dimettere, e invece ecco che nell’opinione pubblica l’idea delle “dimissioni” del papa è ormai data come cosa normale e, forse, perfino doverosa. Prevale l’idea efficientista, frutto del materialismo, secondo cui il fare, e non l’essere, è l’unica cosa che conta.

Anche il fatto che il papa abbia parlato della sua lettera di dimissioni con totale nonchalance, in un’intervista giornalistica e lasciando passare la cosa quasi come un inciso all’interno di un discorso più ampio, contribuisce al processo di secolarizzazione del papa e del papato. L’annuncio che il papa ha pensato alla rinuncia dovrebbe essere dato in un contesto di eccezionalità e di gravità, e invece eccolo buttato lì con noncuranza, come se si stesse parlando, appunto, di una qualunque funzione burocratico-amministrativa.

E dov’è poi questo foglio, questo pezzo di carta sul quale il papa avrebbe scritto la propria volontà? Mah… non si sa. Dovrebbe averlo l’ex segretario di Stato… ma chissà dov’è finito…

Com’è possibile parlare in questo modo di cose tanto serie e importanti? È possibile se la volontà è quella di farle passare per non tanto serie e importanti. Il che mostra una totale mancanza di rispetto non solo per il papato, ma per milioni di cattolici per i quali il papa non è burocrate qualunque, ma il successore di Pietro.

Benedetto XVI annunciò la sua rinuncia in un contesto, tutto sommato, ancora abbastanza “alto”. Parlò in latino (la lingua che la Chiesa usa ancora quando ha da dire qualcosa di molto grave e serio) e di fronte ai cardinali riuniti in concistoro. Con Francesco invece eccoci alla totale banalizzazione. E non ci si dica che è in fondo è solo questione di forma, perché in tutto ciò che concerne la Chiesa e la fede la forma è sostanza.

Francesco, anche se sembra spesso improvvisare, in realtà ha un progetto preciso in testa: il papa e il papato vanno ridotti alla sola dimensione umana. Tutto ciò che va al di là per lui è solo orpello, roba da “indietristi”, da amanti dei pizzi e merletti della nonna. Lo ha detto e lo ha fatto capire più volte, quindi la sua ultima uscita non sorprende.

Certo, come si diceva, non è stato lui a dare il via a questo processo. L’inizio lo possiamo collocare negli anni del Concilio Vaticano II, e l’esposizione della figura papale ai mass media ha contribuito enormemente. Ma con Bergoglio la banalizzazione è arrivata al culmine.

Domanda: il papato si riprenderà mai? Sarà possibile restituirgli la dimensione perduta?

Nessuno può leggere nel futuro, ma sembra alquanto difficile.

Grazie per gli auguri, che contraccambio di cuore, in unione di preghiera.

A.M.V.

 

 

 

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