Desideratus cunctis gentibus / Messaggio di monsignor Carlo Maria Viganò in occasione della fine dell’anno civile

Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic hereditati tuæ.

Et rege eos, et extolle illos usque in æternum.

Hymn. Te Deum [1]

di Carlo Maria Viganò

In queste ultime ore che segnano la conclusione dell’anno civile, ognuno di noi si appresta a prendere parte alle solenni funzioni con cui la Chiesa eleva alla Maestà divina le lodi di ringraziamento del Te Deum.

Te Deum laudamus: te Dominum confitemur. Noi ti lodiamo, o Dio: noi ti professiamo Signore. In quel plurale si percepisce la voce augusta della Sposa dell’Agnello, ornata dei preziosi monili dei Sacramenti e delle gemme più preziose della sua corona regale: l’augustissimo Sacramento dell’Altare, il Sacrosanto Sacrificio della Messa e l’Ordine Sacerdotale. Ed è dinanzi al Santissimo Sacramento che noi tutti, in piedi come si addice ai vincitori con Cristo nel giorno del trionfo, ringraziamo Iddio per l’anno che si chiude.

Guardiamo dunque a ciò per cui dobbiamo rendere grazie alla Santissima Trinità.

Ringraziamo il Signore Iddio per averci puniti delle nostre tiepidezze, dei nostri silenzi, della nostra inclinazione al compromesso, delle nostre ipocrisie, del nostro cedere allo spirito del mondo e agli errori delle ideologie dominanti. Sono stati questi peccati e queste mancanze a consentire che nel mondo civile prosperassero coloro che oggi ci impongono la tirannide del Nuovo Ordine Mondiale, e che nel mondo ecclesiastico prevalessero quanti oggi scomunicano un sacerdote pro-life e promuovono scandalosamente prelati e chierici corrotti ed eretici. Che nel mondo civile la democrazia si trasformasse in apostasia delle Nazioni e in eccidio crudele degli innocenti. Che nel corpo ecclesiale il Concilio Vaticano II introducesse i principi della Rivoluzione nella Chiesa, come leva eversiva per distruggerla dall’interno. Che nel mondo civile si incoraggi il peccato e il vizio, mentre l’onestà, l’integrità, la morale cristiana sono derise e calpestate, se non criminalizzate. Che nel mondo ecclesiastico si perseguitino i fedeli e i chierici che chiedono di professare la Fede cattolica e di celebrarla nel Rito apostolico, mentre il Sinedrio vaticano rende culto a un idolo infernale sulla tomba del Principe degli Apostoli. Che nel mondo civile ed ecclesiastico – significativamente alleati – si sia imposto il marchio sanitario della Bestia a miliardi di persone, in nome di un delirante piano di controllo globale della popolazione e usando come pretesto una malattia rivelatasi curabile e non mortale solo dopo che la proibizione delle terapie appropriate aveva provocato un numero di morti sufficiente per terrorizzare le masse. Che si spacci impunemente una operazione pianificata da lunga data dalla NATO come guerra contro un invasore per distruggere l’economia delle Nazioni occidentali, mentre è evidente che la crisi ucraina è strumentale alla realizzazione del Great Reset né più né meno della Covid-19, oltre a far comodo a Joe Biden per nascondere le prove della corruzione della sua famiglia e della presenza di biolaboratori legati al Pentagono. Che nelle Istituzioni civili ed ecclesiastiche la ricattabilità dei loro funzionari aumenti con l’ascendere della loro carriera, e che nessun cittadino, nessun fedele pretenda che i corrotti e i pervertiti ne siano allontanati e perseguiti.

Ciò a cui assistiamo oggi è l’esito inevitabile di una serie di piccoli passi, ciascuno dei quali poteva essere impedito se solo avessimo esercitato un minimo di giudizio critico e avessimo levato la voce, se avessimo protestato per difendere i nostri diritti violati da coloro che avrebbero dovuto invece tutelarli per primi. Divorzio, aborto, eutanasia, sodomia, gender, liberalismo di destra o di sinistra, immigrazionismo, cancel culture, globalismo, dittatura sanitaria, ecologismo malthusiano, ecumenismo, sinodalità… Ogni volta, avremmo potuto e dovuto denunciare la minaccia che incombeva, e tuttavia tacevamo, per non apparire complottisti, per non essere bollati come integralisti, per non subire l’ostracismo sociale ed ecclesiale a causa delle nostre idee o della nostra Fede. «Ognuno è libero di fare quello che vuole, se ciò permette anche a me di essere Cattolico e di andare alla Messa in latino», dicono quanti si sono lasciati contaminare dal pensiero liberale. Ma proprio quel «fare ciò che vuole» ha permesso ai manipolatori delle masse di cambiare la società e di renderci stranieri nella nostra Patria, sia essa la Nazione o la Chiesa.

Eppure sapevamo benissimo che il progetto del liberalismo massonico doveva essere combattuto dai Cattolici, seguendo i ripetuti allarmi e le molteplici condanne dei Romani Pontefici. Sapevamo che i liberali accordano la loro tolleranza a tutti, fuorché ai Cattolici, e che il loro peggior nemico è Cristo Re delle Nazioni, perché dove Egli regna i nemici di Dio e del genere umano sono ai ceppi e non ai vertici dei governi. Sapevamo benissimo che la ribellione a Dio nelle cose temporali e in quelle spirituali non può che condurre alla dittatura o all’anarchia, eppure abbiamo lasciato calpestare la Giustizia nei tribunali, i diritti dei lavoratori nelle imprese, impedire le cure negli ospedali, diffondere menzogne sui media, corrompere i costumi dei giovani nelle scuole, contraddire il Magistero dai pulpiti.

Chi sinora ha ricoperto ruoli di autorità lo ha fatto usurpando il potere per lo scopo opposto a quello per cui essa esiste. Come ho detto poc’anzi: ci sentiamo trattati come stranieri, anzi come nemici dello Stato come cittadini e della Chiesa come fedeli, mentre i veri stranieri e i veri nemici dello Stato sono accolti, onorati e obbediti nei loro deliranti progetti “umanitari” e “filantropici”. E alcuni di noi, dinanzi a questa operazione di ingegneria sociale e religiosa, hanno rinunciato a combattere, o addirittura si sono schierati con i congiurati, hanno scelto di compiacere i potenti, di assecondare i loro piani eversivi nei Parlamenti, nelle aule delle Istituzioni internazionali, nelle cattedrali e perfino sotto la cupola di San Pietro. Conformismo, pavidità, cortigianeria; con la speranza che il tradimento di oggi con cui schiacciano il prossimo – sia esso un cittadino che chiede governanti onesti o un fedele che chiede pastori santi – possa risparmiarli dalla decimazione successiva. Dimenticano, costoro, che la Rivoluzione divora i propri figli come Saturno, e che nessuno dei complici della prima ora si salva dal patibolo, reale o mediatico.

Il Signore ci è Padre e come Padre ci punisce perché comprendiamo le nostre colpe, ce ne pentiamo e cambiamo vita. Deus, qui culpa offenderis, pœnitentia placaris, dice una preghiera della Quaresima; o Dio, che sei offeso dalla colpa e placato dalla penitenza: c’è la colpa, c’è la Maestà di Dio infinitamente offesa, c’è la necessità di un castigo. Flagella tuæ iracundiæ, quæ pro peccatis nostri meremur, i flagelli del Tuo sdegno, che meritiamo a causa dei nostri peccati. Come tante volte accadde al popolo di Israele.

Benedetto sia dunque questo castigo, che si protrae da oltre due anni, e che è destinato a perdurare se non ci renderemo degni di esserne risparmiati, dando segni di conversione, di pentimento, di espiazione, di riparazione. Benedetto sia questo anno infaustissimo che ci lasciamo alle spalle, durante il quale la farsa pandemica si è mostrata nella sua indole criminale svelando il progetto di morte dell’élite globalista; durante il quale il cinismo spietato degli organismi internazionali si è manifestato nell’ipocrita propaganda in favore di governi tra i più corrotti e asserviti al Great Reset, mostrando di quali menzogne sia capace chi non riconosce il principio trascendente della Verità e si illude di poter cancellare con il transumanesimo l’opera stessa del Creatore, alla cui immagine e somiglianza siamo stati fatti. Benedetta sia la sfrontatezza con cui i tiranni del Nuovo Ordine Mondiale ci hanno mostrato gli orrori che ci aspettano se rimaniamo inerti a subire i loro ricatti sanitari, ambientali, energetici, economici o bellici. Benedetta l’arroganza della setta bergogliana, complice del potere e serva dell’ideologia massonica, che con la sua accondiscendenza verso i malvagi e la sua severità farisaica contro i buoni svela anche ai semplici la propria apostasia, scopre la cancrena dei propri vizi. Come Giobbe, benediciamo il Signore soprattutto nei momenti di tribolazione, perché in quelle prove – anche nelle più ardue e dolorose – dobbiamo vedere l’intervento della Provvidenza, la mano amorevole di Dio che non ci abbandona a noi stessi, finiti ben peggio che a sorvegliare i maiali, come avvenne al figliol prodigo.

Miserere nostri, Domine, miserere nostri. Fiat misericordia tua, Domine, super nos,  quemadmodum speravimus in te. Abbi pietà di noi, Signore, abbi pietà di noi. Sia su di noi, Signore, la Tua misericordia, nella misura in cui abbiamo sperato in Te. Abbi pietà dei tuoi figli abbandonati dai loro governanti e dai loro pastori. Abbi pietà di chi, proprio perché non si crogiola nelle false illusioni del secolo ma vive della beata speranza del Tuo santo aiuto, trova in Te la forza di combattere la buona battaglia, sia essa condotta in famiglia, sul posto di lavoro, dai seggi del Parlamento o dalle redazioni di un giornale, dal pulpito di una chiesa di campagna o dalla cella di un convento. Abbi pietà di chi non si rassegna all’instaurazione dell’inferno in terra del Nuovo Ordine Mondiale, né all’apostasia non meno infernale dell’ecumenismo irenista.

E se chiediamo la fine dei flagelli di questo 2022, apprestandoci ad invocare con il Veni, Creator i doni del Paraclito all’inizio del 2023, facciamolo con la fiduciosa umiltà del figliol prodigo: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio (Lc 15, 21). Facciamolo rinnovando la nostra determinazione ad obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 5, 29), quando gli uomini abusano della propria autorità per offenderLo e disobbedirGli nelle cose temporali e in quelle spirituali.

Il Te Deum è un inno di ringraziamento per la vittoria, un canto di trionfo. Ma questo trionfo non è il trionfo passeggero degli uomini, bensì il trionfo eterno del Figlio di Dio, che ha vinto Satana non con gli eserciti e le schiere angeliche, ma morendo sulla Croce, strumento di ignominia trasformato in vessillo di gloria dal Sangue dell’Agnello. La vittoria di Cristo – Ego vici mundum, io ho vinto il mondo, ci rassicura Nostro Signore (Gv 16, 33) – si compie sulla via trionfale del Calvario, che l’intero Corpo Mistico deve percorrere sino alla passio Ecclesiæ, sull’esempio del divino Redentore, suo Capo. Se non ci uniamo alla Passione di Cristo, non potremo risorgere con Lui e sedere alla Sua destra nella gloria beata del Cielo. Se non combattiamo contro il peccato sotto le insegne di Cristo e della Vergine Santissima, non potremo celebrare il trionfo finale sull’antico Serpente e sui suoi seguaci. Se non ci svegliamo dal torpore e rimaniamo a guardare i manigoldi che si accaniscono sulla Chiesa e sull’umanità per cancellare ogni traccia di Cristo, non abbiamo ragione di ringraziare il Signore cantando il Te Deum, perché saremo rimasti insensibili ai Suoi castighi e ai tanti moniti che Egli si degna di inviarci per spronarci a ricambiare il Suo amore, quell’amore perfetto e infinito che ha portato la Seconda Persona della Santissima Trinità ad incarnarSi per redimerci. A quel punto saremo meritevoli di quell’incubo distopico che i servi del globalismo massonico ci stanno preparando da anni e di cui abbiamo avuto un terrificante anticipo nel recente passato.

Cantiamo dunque questo Te Deum con il cuore rinnovato e con il proposito di testimoniare la nostra fedeltà al Signore, a prescindere dalle nostre capacità e confidando nel Suo santo aiuto, tanto più potente quanto maggiore è la ferocia dell’assalto del Nemico: In te, Domine, speravi: non confundar in æternum.

E così sia.

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

31 dicembre 2022

Silvestri Papæ et Confessoris

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[1] Salva il tuo popolo, Signore, e benedici la tua eredità. Guidali e sorreggili in eterno.

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