Caro Aldo Maria, ti scrivo / Cronache dal clero. “Niente piagnistei su Benedetto XVI dopo che l’abbiamo abbandonato”
di padre Mario Begio
Caro Aldo Maria,
“il 31 dicembre Papa Benedetto XVI ci ha abbandonati”. Così mi dice un confratello. Io lo guardo impassibile: “Papa Benedetto XVI lo abbiamo abbandonato noi e parecchio tempo prima che abdicasse”.
Chissà, forse è questa la chiave. Forse il Papa, che era pronto a resistere all’assalto dei lupi rapaci, ha ceduto quando si è accorto che gli mancava la risposta del gregge. Forse.
Va bene, questa è una delle mie provocazioni. Il gregge in effetti sembrava starci, a giudicare dalle folle crescenti che accorrevano ad ascoltarlo. Allora, forse, a mancargli è stato l’appoggio degli altri pastori, tutti. Quasi tutti. Quasi tutti, tranne alcuni. Tutti tranne quelli divisivi e rigidi, ma vedi un po’… Perché la tecnica è stata meravigliosa, sillogistica direi. Premessa maggiore: del Papa non si parla mai male. Premessa minore: posso omettere di parlare del Papa e dimenticarmi di quanto ci ha insegnato. Conclusione: parliamo male di chi si ostina a non dimenticarlo e ne porta avanti l’insegnamento. No, non è un sillogismo, è una supercazzola. Eppure è quanto offrono i dialoghi da sacrestia.
A tal proposito, caro Aldo, le cattiverie che ho sentito su Benedetto XVI!
“Quello della Messa tridentina”. “Sì, dai mettiamoci tutti le scarpette rosse”. “Meno male che a questa Gmg non c’era coso (sic!) altrimenti la Messa non era ancora finita”. Così. Giusto per ricordarne alcune, le più miti. Unite alla frase magica: non ha carattere e si fa imporre le cose, ma noi non dobbiamo seguirlo in quegli insegnamenti che gli vengono messi in bocca da altri.
Seri? Seri.
E questi geni sono gli stessi che oggi discettano sul discernimento. Ecco.
Mi dirai: è la stessa frase usata con Francesco. “Non voleva dire davvero così, ma è sudamericano e non si esprime bene”. A parte l’evidente razzismo di una simile lettura, la verità è che la stessa prospettiva – il Papa non sa bene quel che dice – in un caso è servita a boicottare tutto, nel secondo caso a giustificare tutto.
E basta. Io sono arrabbiato. Nessuno venga a fare piagnistei sul Papa morto, soprattutto nessun prete. Lo abbiamo abbandonato. Non accetto che si reciti sulla bara di un defunto. Il resto è ipocrisia e fariseismo clericalista.
Lasciatemi stare. In compagnia di un uomo che mi ha lasciato la più grande eredità. Ha sconvolto il mio modo di essere sacerdote in maniera irreversibile. Un uomo che ho amato perché mi ha sempre detto la verità e mi ha regalato alla mia coscienza e alla possibilità di incontrarmi personalmente e a fondo col Signore. Nonostante lui fosse il Papa. “Prima la coscienza e poi il Papa!”
Lasciatemi nel silenzio. E nel silenzio sento le sue parole flebili, le ultime parole bisbigliate prima di spirare: “Signore io ti amo”. E immagino che davanti a lui, davanti a questo Papa conciliare, massone, lefebvriano, mastino, pauroso, il migliore e quindi il meno ascoltato dei teologi, tutto e il suo contrario, certo abbandonato, ci fosse Gesù che gli chiedeva “Mi ami tu?”
“Signore io ti amo”.
Potessi morire così anche io. Morire. Abbandonato dagli uomini. Morire. Non abbandonando il Cristo. Radicato nell’essenziale. E pacificato.
10.continua
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