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Al cuore di Ratzinger. Per una lettura critica del pontificato di Benedetto XVI / Intervista a Enrico Maria Radaelli

Mentre ancora non si è spenta l’eco della morte e delle esequie di Benedetto XVI, c’è chi affronta da una prospettiva critica il pontificato di Joseph Ratzinger. È il caso di Enrico Maria Radaelli, autore del libro Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, opera nella quale i nodi dell’insegnamento ratzingeriano vengono messi sotto la lente d’ingrandimento in modo molto diretto.

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AMV – Radaelli, nel suo libro Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, lei fa un elenco di distorsioni dottrinali di Benedetto XVI, che si possono rinvenire già nel libro Introduzione al Cristianesimo. Può dirci com’è arrivato a questa riflessione e in che cosa consistono a suo giudizio le distorsioni?

EMR – Ritengo che le diciotto gravi eresie rilevate in quel long-seller dell’allora Mons. Prof. Joseph Ratzinger, mai da lui sconfessate, danno luogo a una dottrina che più anticattolica e più nascosta non potrebbe essere: a questa dottrina va dato un nome, e il suo nome è “Ratzingerismo”, e il suo autore è un autentico eresiarca.

Perché un eresiarca? Perché Joseph Ratzinger è l’autore studiato e ben avvertito di « una dottrina che pare tanto e a tutti una santa dottrina cattolica, ossia buona, intelligente e pacificante, ma che tutto ciò è ancor meno di quanto lo possano essere luteranesimo e arianesimo messi insieme ».

Detto ciò, il motivo che mi ha spinto da dieci anni a indagare con attenzione l’ereticale dottrina insegnata da Joseph Ratzinger è stata sempre e solo la grande preoccupazione, dopo aver cominciato a leggere, casualmente, il suo Introduzione al Cristianesimo e aver riscontrato in quelle sue pagine nozioni sempre più gravemente svianti, di salvare prima di tutto lui, la sua anima, che presto ritenni sempre più in pericolo, e salvarlo non da paterni buffetti, ma dalle pene eterne che attendono le anime che tradiscono gli insegnamenti della Chiesa, come mi studio di ricordare in molte pagine del libro, specie alle pp. 354-61, dove si può leggere il Canone 212 del Codex Iuris Canonici« I fedeli, … hanno il diritto, e anzi talvolta il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto dei Pastori ».

Con ciò possiamo individuare la più basica di quelle che ritengo essere gravi distorsioni dottrinali di Joseph Ratzinger, ossia la distorsione che gli permette di compiere tutte le altre, nell’adozione del dubbio scettico – il più temibile, assoluto, irragionevole e specialmente anticattolico dei dubbi – come base della conoscenza umana, cioè della fede. « È la struttura fondamentale del destino umano – si legge a p. 39 di Introduzione al Cristianesimo – poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza », così concludendo: « E chissà mai che proprio il dubbio … non divenga il luogo della [loro] comunicazione », che è a dire: « il luogo dove l’uomo può vivere la propria fede è unicamente quello dell’incertezza ». 

La parola che chiarisce anche ai più ratzingeriani dei lettori che il dubbio imbracciato dall’autore di Introduzione al Cristianesimo è proprio il dubbio scettico è incertezza. E l’analisi che faccio nel mio libro dell’intera frase spiega e svolge in tutta la sua sconfinata, inarrestabile e drammatica realtà la sua tutta anticattolica assolutezza.

Questi concetti saranno sintetizzati dal Cardinale Carlo Maria Martini nell’icastica e fortunata formula: «Ciascuno di noi ha in sé un credente e un non-credente, che si interrogano a vicenda».

Quest’insana prevalenza del dubbio sulla fede nasce dalla scelta di Joseph Ratzinger del modello kierkegaard-pascaliano che nega alla ragione umana la conoscenza metafisica di Dio.

La dicotomia dubbio-fede, così ben espressa dal Cardinal Martini, permetterà a Joseph Ratzinger (e a tutti i suoi discepoli) di essere un fortissimo credente, o viceversa un molto dubitoso non-credente, senza smentirsi mai.

Perché senza smentirsi mai? Perché dubbio e fede “si interrogano a vicenda”, sicché avviene che, pur essendo divenuto il Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger scriverà un Saggio Introduttivo alla nuova edizione 2000 dell’edizione italiana di quel suo libro, a mio avviso imbottito, come abbiamo detto, di almeno diciotto eresie, in cui il Cardinale riaffermerà con decisione: « L’orientamento di fondo era, a mio avviso, corretto. Da qui il mio coraggio oggi di porre ancora una volta il libro nelle mani del lettore ». Come si vede, qui prevale il dubbio.

Ma nel contempo professerà con forza notevoli e apprezzabili pronunciamenti a favore della santa dottrina, come nel celeberrimo Rapporto sulla Fede elaborato con Vittorio Messori, o nella trilogia Gesù di Nazareth, sicché, prevalendo ora la fede, permetterà ai Cardinali riuniti in Conclave di eleggerlo, il 19 aprile 2005, a Sommo Pontefice della Chiesa. Formalmente è tutto corretto, perché nessun tribunale ecclesiastico è stato mai invitato a indagare sugli insegnamenti impartiti da Mons. Ratzinger in quel di Tubinga, però quegli insegnamenti sono ancora tutti lì, da ben sessant’anni, a seminare molto problematiche deviazioni dottrinali, cioè gravi eresie, che hanno contribuito come e più di altri insegnamenti coevi, come quelli di Rahner o di Kung, a smollare il dogma cattolico nel “nulla da dichiarare” che abbiamo tra le braccia oggi.

Mi si permetta aggiungere che nel florilegio che snodo di quelle che ritengo essere quelle (almeno) diciotto gravi ereticalità che hanno dato luogo al “Ratzingerismo” ciò che mi ha messo in difficoltà era la necessità di mettere bene in risalto, per ciascuna di esse, la caratteristica che meglio la definiva. Ecco qualche esempio: quale la più incisiva? quale la più assurda? quale invece la più modernista? e la più tragica? e la più atea? quale la più antitrinitaria? quale la più grave? E la più devastante? e per finire, quale la più ripugnante? E purtroppo tutti questi aspetti abbietti (e gli altri nove presenti nel libro), trovano la loro perfetta corresponsione.

AMV – L’impressione è che il pontificato di Ratzinger abbia cercato di tenere insieme ciò che insieme non può stare: il Concilio e la Tradizione, l’ideologia del rinnovamento e la retta dottrina, l’idea che la Chiesa debba essere amica del mondo e la richiesta di convertire il mondo. Concorda?

EMR – Questo è esattamente il risultato della dottrina che abbiamo visto essere la base stessa della dottrina del “Ratzingerismo”, una bomba: una bomba silenziosa, ma una bomba, e atomica anche, perché capace di annientare tutta la Chiesa.

Il modulo hegeliano di tesi-antitesi-sintesi garantisce di sopravvivere alle più evidenti contraddizioni con la davvero specialissima e inaspettata peculiarità di non essere riconoscibile da nessuno per la terrificante e inaccettabile contraddizione che esso invece è.

La dottrina ratzingeriana è quanto di più fine, squisito e raffinato avrebbe potuto essere elaborato per conciliare gli inconciliabili, non solo: per far passare quei Pastori che avrebbero raccolto queste pungolanti “sfide” per uomini davvero coraggiosi, per ecclesiastici eroici, per Papi santamente audaci, come sta avvenendo ora intorno alla salma di Papa Benedetto.

Io ho fatto avere a decine di Cardinali e Vescovi il mio libro, chiedendo loro di prendere in esame la mia analisi, che ribalta totalmente l’idea che il mondo ha di Papa Ratzinger, e di avere la pazienza di farmi avere gli argomenti più solidi per confutarla. Non uno di essi mi ha risposto.

Se potessi, istituirei io stesso un tribunale ecclesiastico che si ponesse lo scopo preciso e rigoroso di esaminare una per una le pagine del mio libro, così da dare a ciascuna il giudizio che merita. Al contrario, come possiamo vedere da anni – la prima edizione del libro è uscita nel 2017 – quelli che dovrebbero essere i santi ed eroici Pastori della Chiesa hanno scelto il silenzio: solo il silenzio può salvarli dal giudizio che essi stessi dovrebbero darsi. Farò di tutto perché ciò non avvenga, e ringrazio chi come Lei mi permette di parlare, affinché il Dogma torni a essere il conduttore e la vita che dev’essere della Chiesa.

AMV – Possiamo dire che la rinuncia al pontificato e l’idea del papa emerito costituiscono il risultato e la sintesi delle contraddizioni di Ratzinger? 

EMR – Come spiego dettagliatamente nelle prime pagine del mio libro e poi al § 22, l’abominevole Rinuncia al Pontificato è il naturale esito della matrioska hegeliana che raccoglie in sé la propria contraddizione, che a sua volta raccoglie la propria, tutta contraria alla prima, in una riproposizione infinita delle due verità che le porrebbe persino in “dialogo”, come usano dire oggi di due realtà quando sono poste semplicemente una accanto all’altra, senza riconoscere che in realtà si contraddicono, sicché questa specie di matrioska è del tutto illogica e irrazionale, fatto che, per la patria del Logos, significa solo che essa non solo non è cattolica, ma è del tutto anticattolica.

Nel caso particolare – una Rinuncia a un non meglio specificato “Pontificato attivo” nel mantenimento però di un altrettanto non meglio specificato “Pontificato passivo” all’interno di un’evidente, clamorosa, ma non dichiarata “sospensione eccezionale” delle leggi di origine divina che governano Papato e Chiesa, come accennato dal Segretario personale di Papa Ratzinger quando prefigura “uno stato d’eccezione” prefigurato dal concetto di “Ausnahmezustand” del filosofo Karl Sckimitt –, abbiamo esattamente la riproposizione più fedele del modulo hegeliano di tesi-antitesi-sintesi sopra visto.

Tale modulo, come si vede, si applica a ogni sorta di realtà che fino a ieri sarebbe naufragata nel nulla della contraddizione, dove una realtà cancella, annienta, elide il suo opposto, come la verità, coi suoi potenti e inarrestabili argomenti di ragione, annichilisce la falsità. Così pure dovrebbe essere per la fede, che ci si aspetta annichilisca il dubbio, o per il credente, che egualmente ci si aspetta evapori in se stesso il non-credente, fino alla Rinuncia papale, appunto, che dovrebbe presentarsi come è: Rinuncia al Papato, Rinuncia al Munus Clavium, e invece ci troviamo davanti a un ircocervo, a un manufatto concettuale mostruoso, mai visto, dinanzi al quale tutto il mondo, a cominciare dai Cardinali, poi dai Vescovi, quindi da ogni Pastore di ogni ordine e grado, dovrebbe inorridire, fuggire spaventato, o anzi, meglio: dovrebbe fare immediatamente il più ragionevole, cattolico e combattivo quadrato in formazione testuggine, così da ricacciarlo indietro, rigettarlo nella fossa infernale da cui è uscito, insomma: annientarlo.

La grande domanda che allora ci si deve fare è: “Come è possibile che neanche un Cardinale e quasi nessun Vescovo, tranne due eroi, Mons. René Henry Gracida e Mons. Jan Pawel Lenga, il primo dei quali ha avuto anche il coraggio di stendere una potente Prefazione al mio libro, dunque come è possibile che praticamente quella che dobbiamo riconoscere come l’unanimità morale del Corpo docente della Chiesa non abbia denunciato l’orrendo misfatto, il diabolico squarciamento in due dell’indivisibile Papato, tale voluto da Cristo stesso con le parole eterne: « Tu sei Pietro, e su questa pietra Io edificherò la mia Chiesa » (Mt 16,18)?

Purtroppo c’è solo una risposta, e le pagine più faticose e sanguinanti del mio libro sono quelle in cui la faccio emergere, ringraziando Dio di avermele fatte scrivere bene, soppesando bene tutte le parole, il loro posto, il loro volume, il loro colore, ma anche in fretta, però anche chiedendogli, sottovoce, ma da cuore a Cuore, se così si può dire: “Signore, perché, tra tutti, …”, eccetera? Ma sia fatta la Sua volontà: è Lui che vince. E Lui sa come, per mezzo di chi e anche quando. Noi combattiamo, Lui vincerà!

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Enrico Maria Radaelli, Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, Edizioni Aurea Domus, Milano 2022

 

 

 

Aldo Maria Valli:
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