Le esequie di Benedetto XVI, l’omelia di Francesco, il concorso di folla, la rinuncia di Ratzinger, l’ipotesi di dimissioni di Bergoglio, il fallimento del papato emerito, la polarizzazione nella Chiesa, il commissariamento della diocesi di Roma. Su tutti questi temi sono stato intervistato da La Verità.
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Intervista a cura di Stefano Filippi
Sul tuo blog Duc in altum hai duramente criticato il cerimoniale delle esequie. Per esempio, il feretro di Benedetto XVI è stato portato in basilica quasi furtivamente in assenza di rappresentanti ufficiali della Santa Sede. Che cosa c’è dietro questo atteggiamento?
Se si ritiene che Benedetto XVI sia stato papa emerito, quindi papa, il modo in cui è avvenuta la traslazione della salma è inaccettabile. Il tragitto dal monastero alla basilica di San Pietro è avvenuto quasi furtivamente. Le spoglie di Benedetto XVI sono state collocate a bordo di un anonimo furgone usato per il trasporto delle merci. Al corteo funebre, formato da monsignor Gänswein e dalle memores, non è intervenuto nemmeno un rappresentante della Santa Sede. Il feretro è entrato in basilica da un ingresso secondario. In Vaticano non è stato proclamato il lutto e le bandiere non sono state esposte a mezz’asta. E mercoledì, con il corpo del papa emerito a pochi metri di distanza, Francesco ha tenuto l’udienza settimanale come se nulla fosse. Capisco che il tutto costituiva una prima volta e capisco anche l’esigenza della sobrietà, chiesta dallo stesso Benedetto XVI, ma mi sembra che ci sia stata una mancanza di rispetto. Tutto ciò è nato dalla necessità di non fare ombra al papa regnante. Atteggiamento che però ha ottenuto l’effetto contrario.
La messa funebre è stata più veloce di quanto previsto dallo stesso cerimoniale vaticano. Voglia di voltare rapidamente pagina?
Anche in questo caso ci si è trovati di fronte a una prima volta, che ha trovato gli stessi liturgisti e canonisti alquanto incerti sul da farsi. Tutti i presenti hanno comunque avuto la sensazione di una celebrazione frettolosa: non tanto un omaggio e l’estremo saluto a un grande papa, ma un’incombenza della quale liberarsi prima possibile. Non fosse stato per la grande affluenza di fedeli, tutto si sarebbe svolto all’insegna di una estrema freddezza. La stessa omelia di Francesco è apparsa distaccata, priva di slancio e di pathos. Ricordo ancora la bellissima omelia di Benedetto XVI nella Messa esequiale per “il compianto e amato” Giovanni Paolo II. Da Francesco, per papa Ratzinger, nulla di simile.
Il giorno dopo le esequie, papa Francesco ha annunciato la riforma del Vicariato di Roma nel segno di una maggiore presenza del pontefice alla guida della diocesi. È un modo anche questo per distogliere l’attenzione mediatica da Ratzinger? O risponde all’esigenza di definire più strettamente il ruolo del Papa come vescovo di Roma?
Il documento è infarcito di parole alla moda quali sinodalità, pastorale, collegialità, discernimento, ma nella sostanza rafforza il ruolo del papa come controllore. Qualcuno ha parlato di commissariamento del Vicariato. Non penso che si tratti di un modo per distogliere l’attenzione da Ratzinger: non è con un provvedimento di questo genere che si può raggiungere un tale obiettivo. Vedo piuttosto il desiderio del papa di prendere in mano una situazione, quella della diocesi di Roma, segnata da tanti problemi, non ultimo il caso Rupnik. Il cardinal vicario De Donatis, voluto proprio da Bergoglio, è caduto in disgrazia e Francesco mette nero su bianco che d’ora in poi si dovrà fare riferimento in tutto e per tutto al papa. In ballo c’è anche la gestione economica.
Che cosa ci dicono le migliaia di persone che hanno reso omaggio a Benedetto XVI?
Ci dicono che il Ratzinger dipinto dai mass media, ovvero il “pastore tedesco” arcigno e insensibile, non aveva alcuna relazione con il Ratzinger amato dalla gente, apprezzato come difensore della fede, uomo mite ma anche combattente, ultimo baluardo contro la manipolazione dottrinale, gli abusi liturgici e il trionfo del relativismo morale. Davanti alle telecamere si è visto l’omaggio di un popolo che ha voluto bene a Benedetto XVI e non si è lasciato influenzare dalle interpretazioni tendenziose del suo insegnamento e da certi ritratti ingiusti. Benedetto XVI è stato vittima di una colossale operazione di disformazione, ma i fedeli non ci sono cascati e lo hanno dimostrato con il loro omaggio pieno di affetto e di stima.
Hai definito “sciagurata” la rinuncia di Ratzinger e l’invenzione della figura del papa emerito. Perché?
Sciagurata perché, sebbene il Codice di diritto canonico la preveda, ritengo che Pietro non debba scendere dalla croce cedendo a una visione funzionalista del papa e del pontificato. Il papa non è l’amministratore delegato di una società. Con la rinuncia, il suo ruolo è stato burocratizzato e la figura papale è stata secolarizzata. Inoltre è stata introdotta una dicotomia inaccettabile: non può esistere un Pietro governante e un Pietro orante. Né si può pretendere di continuare a essere papa smettendo però di fare il papa. La figura del papa emerito è un monstrum. L’esperimento del papato emerito è fallito sotto ogni punto di vista. Al di Là dell’ipocrisia curiale, dei sorrisi e degli abbracci, sono emerse tutte le differenze tra i due papi, fino all’incompatibilità, e tra i fedeli si è venuta a creare inevitabilmente una polarizzazione
Ti risulta che papa Francesco stia studiando un modo per istituzionalizzare questa figura magari tenendo ben lontani dal Vaticano i futuri papi emeriti?
Alcuni ricercatori e canonisti del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Bologna sono all’opera con un progetto che si propone di fornire una cornice giuridica al papato emerito ma anche di meglio precisare il concetto di sede impedita. Le lacune normative sono molte, le questioni da affrontare quanto mai complesse. Non risulta però che in Vaticano siano in corso studi specifici. Papa Francesco nell’intervista al quotidiano spagnolo ABC ha detto di aver già firmato le sue “dimissioni” in caso di “impedimento per motivi di salute” e di aver consegnato il documento all’allora segretario di Stato, cardinale Bertone. Poi ha aggiunto: “Non so a chi l’abbia dato il cardinale Bertone”. Un modo molto vago e superficiale di affrontare una questione delicata. In questo modo ha dato un altro contributo alla secolarizzazione del papa e del papato, come se parlassimo di una qualunque funzione di tipo burocratico-amministrativo e non della roccia su cui Gesù ha voluto fondare la Chiesa.
Senza la presenza di Benedetto, Francesco avrà meno remore nell’introdurre nuove riforme? Quali potrebbero essere?
Non credo che Francesco abbia mai avuto remore di questo tipo. La prova l’abbiamo avuta con il motu proprio Traditionis custodes che ha di fatto sconfessato il Summorum Pontificum di papa Ratzinger.
Le dimissioni di Francesco sono davvero più vicine?
Nulla lo lascia pensare. Se da un lato ha detto di aver consegnato quel foglio a Bertone, dall’altro ha detto che si governa con la testa, non con il ginocchio. Il che fa capire che, al momento, per quanto abbia problemi di deambulazione e sia spesso costretto sulla sedia a rotelle, non sta pensando a una rinuncia.
Hai scritto che chi non appartiene alle tifoserie dei bergogliani e dei ratzingeriani e cerca soltanto di analizzare la situazione vede qualcosa di sconvolgente. Che cosa vedi?
Vedo, come dicevo, un papato sempre più secolarizzato, ma anche svilito. Il modo in cui Francesco ha parlato delle sue possibili “dimissioni”, quasi come se si trattasse di una chiacchiera da bar, e poi il modo in cui sono state trattate le spoglie mortali di Benedetto XVI, all’insegna quasi della sciatteria, mi hanno procurato forte disagio. Al vertice della Chiesa si è perso il senso della dignità di Pietro e del suo primo dovere: confermare i fratelli nella fede. Oggi Pietro insegue il mondo e gioca a fare il cappellano delle organizzazioni globaliste: nulla che abbia a che fare con la sua vera missione. Di fronte a un simile spettacolo qualcuno ha visto in Benedetto XVI l’ultimo salvagente al quale attaccarsi nel mare in tempesta. Ma anche Benedetto XVI, purtroppo, è espressione di quello spirito del Concilio che ha condotto all’apostasia. Ha cercato, è vero, di difendere la Tradizione, ma la sua adesione al Concilio, e l’idea che le aberrazioni siano nate da una lettura distorta del Concilio e non dal Concilio stesso, lo rendono compartecipe del disastro. Mi spiace dirlo, perché sotto molti aspetti ho stimato molto il Ratzinger teologo e il Ratzinger papa, ma questa, per quanto spiacevole, è la realtà.
Benedetto XVI ascoltò il grido dei fedeli che volevano Giovanni Paolo II “santo subito”. Francesco farà altrettanto?
Non credo. Francesco agisce sul piano politico. Ogni sua scelta è di matrice ideologica e non si vede che interesse avrebbe, ora, a procedere con una canonizzazione di Ratzinger. Benedetto XVI agì in quel modo perché era stato il principale collaboratore di Giovanni Paolo II e aveva con lui uno rapporto specialissimo. Francesco invece, al di là dei sorrisi e delle frasi sul “nonno saggio”, ha sempre sofferto la presenza di Benedetto XVI e l’allungarsi dell’ombra di Ratzinger sul suo regno.
La Verità, 9 gennaio 2023