di Fernando Galbiati
Caro Valli,
le avevo già scritto per consigliarle vivamente gli scritti di Enrico Maria Radaelli sul problema del papa emerito, in quanto quello di Radaelli è sicuramente il più lucido e illuminante lavoro per poter orientare il cattolico di oggi. Studio pregevole. Rifinito, cesellato, ripensato, tanto da essere una lettura nel migliore solco della più profonda tradizione analitica teologica. E questo è irrefutabile anche a una prima lettura del testo Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro.
Ciò che molti non riescono a cogliere è lo spirito caritatevole che anima questo lavoro, una Caritas che si rivolge ai fratelli nella fede e pure al medesimo Ratzinger, fino a toccare la preoccupazione fraterna anche per Bergoglio.
La carità fraterna a volte deve assumere i toni forti, non perché sia offesa violenta al fratello a cui si rivolge ma perché risvegli la sua coscienza e la scuota; chi di noi, vedendo uno che annega nel mare, non si tufferebbe per salvarlo e se questi ponesse resistenza e cercasse di aggrapparsi scompostamente rischiando di annegare entrambi, chi di noi non sarebbe costretto, con sangue freddo, a stordire quell’uomo con un pugno e trascinarlo infine a riva?
L’apparente violenza e vetrosa chiarezza del linguaggio e dell’analisi di Radaelli ha questo scopo di soccorso alla Chiesa e agli stessi attori ai quali si fa la reprimenda, con una sincera compassione che non può essere una empatia delle idee ma un dolore per il pericolo in cui versa l’anima altrui.
Questo va detto per difendere il buon Radaelli da accuse che derivano sicuramente dalla misconoscenza del suo pensiero, dal non averlo letto.
Con l’occasione di questa precisazione in difesa dell’ottimo teologo e del sincero cattolico, aggiungo queste brevi note, le quali possono orientare la lettura della trama logica del lavoro di Radaelli.
Il Nostro parte dall’evidenza giuscanonistica della violazione del Codice di diritto canonico, in quanto la formulazione della rinuncia di Ratzinger è viziata non formalmente ma proprio sostanzialmente, e quindi è nulla. L’ideazione – possiamo definire così un risultato che procede da un metodo di riflessione hegeliano – del mostro giuridico costruito con l’introduzione ex abrupto della persona giuridica del papa emerito, risulta l’atto apicale di un lungo processo ideologico che involontariamente giunge all’offesa della norma normans di divina volontà, fatto che non può essere assolutamente accettato e che invalida del tutto la rinuncia di Benedetto. Questo errore definitivo e conclusivo di Ratzinger ha la sua radice nel processo elaborativo che ha sempre accompagnato l’illustre prelato, un processo derivato del tutto dal pensiero filosofico hegeliano. Lo stesso pensiero o metodo analitico, contrario all’origine alle stesse ragioni della fede, lo hanno condotto a errori ed eresie che sono il prologo della fine del suo papato. Entrare nel merito di tali errori di Ratzinger spiega molto bene le conseguenze del deragliamento dalla retta fede, una deriva pericolosa che colpisce non solo lo stesso errante ma la Chiesa tutta.
L’esito funesto che viviamo in questi anni è la conseguenza di tali erranze che pertanto vanno evidenziate e scavate nella comprensione delle loro profonde radici metodologiche e sostanziali, premessa ineluttabile per la stessa comprensione del duplice papato e della scissione impropria del munus – ministerium in papato attivo e papato passivo (per i dettagli va letto il testo del Radaelli).
La soluzione di tutto ciò era in mano allo stesso autore di questi errori, ovvero Benedetto, e di chi ne è per autorità coinvolto, ovvero Bergoglio, ma né il primo né il secondo se ne sono voluti rendere conto. Da qui l’accorato appello del professor Enrico Maria alla conversione.
A tutto questo è inutile cercare una soluzione diversa che non sia quella del ravvedimento dei personaggi che hanno dato vita al dramma attuale; aggiungo, amaramente, che forse Dio ha reso ciechi loro per castigare una Chiesa che non Lo vuole più riconoscere, arrivando persino a bestemmiare quanto v’è di più santo in Nostro Signore, e qui non entriamo nel dettaglio penoso.
La morte di Ratzinger ha spento la speranza del professor Radaelli e di molti di noi; il ravvedimento non si è manifestato e tutto rimane nelle mani misteriose del pensiero insondabile di Dio.
Purtroppo tutti siamo colpevoli e Radaelli ci disvela quanto profondo sia l’errore che si è stratificato nella Chiesa post-conciliare. A noi non resta che cospargerci il capo di cenere e indossare il cilicio perché proprio noi siamo i corresponsabili di questa deriva, nessuno escluso. E forse Dio, vedendo il nostro pentimento, finalmente mostrerà la sua misericordia.
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