Abbandonate, abbattute, trasformate. Quel che dice il destino delle chiese in Germania
Non c’è immagine più chiara del declino dell’Europa del destino delle sue chiese in cui hanno pregato generazioni di europei. Migliaia di chiese, alcune delle quali hanno impiegato decenni per essere erette e sono diventate centri della vita civile e culturale europea per centinaia di anni, sono dismesse ogni anno. A seconda dei paesi, da un quarto alla metà di queste opere architettoniche, omaggi alla cultura dell’Europa, sono abbandonate, perché l’offerta supera rapidamente la domanda. Ma cosa accadrà alla psiche collettiva di una società quando le strade e le città non saranno più punteggiate dalle chiese, ma da moschee e supermercati? L’essere umano dimentica facilmente, specie la storia da cui proviene.
“Cosa fare delle chiese di Berlino?”, si domanda questa settimana il Tagesspiegel. Poi la Faz: “Il futuro dell’ex chiesa cattolica dell’Ascensione a Treviri è stato a lungo incerto. Ora al suo posto sono stati costruiti 17 appartamenti. I ricercatori dell’Università di Friburgo hanno predetto che il numero di cristiani in Germania si dimezzerà entro il 2060”. Se si sfoglia lo Spiegel, stessa prognosi, come leggendo Die Welt: “Per la prima volta solo la metà della popolazione tedesca appartiene a una chiesa e secondo la Bertelsmann Foundation, il 20 per cento considera il proprio ritiro ‘molto probabile’. 8 milioni di cristiani se ne andranno presto”. Sono numeri da capogiro: a Bonn, 270 chiese abbandonate, Mainz e Hildesheim vogliono dimezzare le loro chiese, Aquisgrana del 30 percento e l’arcidiocesi di Berlino di un quarto.
Negli stessi giorni moriva il primo Papa tedesco in 482 anni, Joseph Aloisius Ratzinger, e ce ne vuole di indifferente cinismo per non leggervi un segno dello studio che ha previsto che nei prossimi anni la metà delle chiese in Germania dovrà chiudere. Senza contare le 4.000 chiese inglesi chiuse in dieci anni, un terzo delle chiese di Bruxelles, le 1.000 chiese in Olanda, 10.000 chiese in Francia…
Fonte: Il Foglio