Proseguono i commenti alla lettera della signora Liliana De Angelis di Roma a proposito della benedizione delle case su prenotazione. Dopo quelli di Fabio Battiston e di don Mattia Tanel, ecco alcuni nuovi contributi.
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Caro Valli,
in merito alla lettera della signora Liliana di Roma, mi permetta di stare dalla parte del parroco. Non cerchiamo in ogni iniziativa il pelo nell’ uovo. Il sacerdote, con il sistema delle prenotazioni, ha voluto rendere organico un metodo organizzativo assai lodevole.
La benedizione delle case va dispensata a coloro che la desiderano; non c’entra nulla con l’evangelizzazione, che è tutt’altra cosa; perciò, meglio la si pianifica, meglio la si attua.
Capisco la difficoltà nell’operare in una Chiesa diventata peggio di una ong, perché vassalla dei poteri mondialisti e difensora degli indifendibili; tuttavia confidiamo sempre in Gesù Cristo, anche se sembra che il suo dormire duri troppo e la barca è per tre quarti affondata.
E censuriamo ben altre iniziative. Come, per esempio, certe “concelebrazioni” che avvengono durante la settimana per l’unità dei cristiani. Concelebrazioni con ministre protestanti. Questo sì che è sacrilegio.
Gaetano
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Gentile Valli,
scrivo in merito alle benedizioni su prenotazione. Io vivo sola da tanti anni e lavoro fuori casa. Ciò comporta un certo lasso di tempo per compiere il tragitto casa-lavoro e viceversa. Negli anni passati la mia parrocchia comunicava il calendario delle benedizioni: il giorno x, nel pomeriggio e fino alle ore 20, il sacerdote avrebbe visitato tutte le case della via indicata. Ebbene, in questo modo per diversi anni ho sempre perso la benedizione!
Perché? Perché quando il sacerdote bussava alla mia porta, io ero al lavoro. E anche se tornavo a casa entro l’orario stabilito, il sacerdote non è mai tornato indietro. E lo capisco: non poteva certo fare tre volte lo stesso condominio. Ma io ho pianto a calde lacrime tutte le volte in cui tornavo e vedevo il santino o il calendario sulla mia soglia.
Invece da un paio di anni, con la prenotazione dell’orario (il giorno viene fissato per telefono con la parrocchia) io riesco a ricevere la benedizione. Posso preparare la statua della Madonna, il ramo d’ulivo, la candela: piccoli segni tramandati dalla tradizione di famiglia che rendono più bello il momento.
Ecco, forse non sarà “buono e giusto”, ma io sono contenta di questa svolta.
Michela
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Caro Valli,
dopo aver letto la testimonianza della signora Liliana sulla prenotazione della benedizione, sento la necessità di scrivere perché sia fatta, in un certo senso, giustizia. Sappiamo bene che nella Chiesa tante cose non vanno come vorremmo, ma ci sono anche segnali incoraggianti.
Per esempio, nella parrocchia in cui opero come ministro ordinato (ma sono certo che così accade nell’intero vicariato), si è tornati da tempo a quasi tutte le usanze pre-covid. È tornata l’acqua benedetta nell’acquasantiera; i celebranti non indossano la mascherina e nessun fedele è obbligato a indossarla; la Comunione viene data sulla mano, ma chi desidera riceverla in bocca non è discriminato e io posso darla così senza stare ogni volta a detergere le mani. E quando, raramente, un fedele desidera comunicarsi in ginocchio, io di certo non lo faccio alzare, ma anzi gli rivolgo un sorriso compiaciuto e incoraggiante.
Quanto alle benedizioni, nel mio vicariato sono già state programmate per il consueto periodo pre-pasquale, casa per casa. Le parrocchie che non le fanno hanno deciso così non per pigrizia ma perché il parroco, privo di aiuto, proprio non ce la fa.
Nella mia parrocchia le abbiamo già fatte, partendo a ottobre e finendo a metà dicembre. Abbiamo suonato a tutti, casa per casa, come quando ero un piccolo chierichetto a seguito dell’anziano parroco, negli anni Settanta.
Trovo doveroso raccontare della Chiesa che funziona come Dio comanda, come Sposa di Cristo. Non tutto va male.
Ministro ordinato di Santa Romana Chiesa