Dibattito / Su una certa sfuriata alla quale, dopo tutto, potremmo lasciarci andare. E sulla vera risposta cristiana
Cari amici di Duc in altum, il 26 gennaio ho pubblicato l’articolo di Fabio Battiston Triste galleria dei fatti correnti. E noi che facciamo? nel quale, a fronte della poco edificante situazione che sta davanti a noi in tutti gli ambiti (Chiesa, politica nazionale, politica internazionale) si prospetta come legittima la sfuriata di Howard Beale (interpretato da Peter Finch) nel film Quinto potere: “Sono i…….o nero e tutto questo non lo accetterò più!”. Da parte di Battiston, ovviamente, una provocazione. Alla quale risponde il lettore Nicolò Raggi. Dopo di che trovate la replica di Battiston.
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Caro Valli,
da alcuni anni leggo con piacere – ma più spesso, ultimamente, con dispiacere – il suo blog. Ho smesso invece, quasi contemporaneamente, di leggere altri blog, a causa del proliferare di personaggi dalla lingua tagliente come spada, brandita però sotto armature da cartone anonimato.
Le scrivo dopo aver letto la Triste galleria dei fatti correnti di Fabio Battiston. Tutto ciò che Battiston descrive è sotto i nostri occhi e, con la possibile eccezione di qualche adepto del gesuitismo [1], è innegabile.
Quella invece che non mi convince affatto è la pur simpatica conclusione: non credo cioè che come cristiani dovremmo chiamare altri ad arrabbiarsi e ad urlare questa rabbia dalle finestre, dopo averlo fatto noi stessi.
Questa tutto sommato facile conclusione è la stessa che ha mosso la politica italiana, dalle brigate rosse a tangentopoli fino a Grillo, Salvini e Meloni.
Credo invece che dovremmo rispondere con la fede e con le opere che la manifestano.
Nicolò Raggi
[1] Un caro amico frate spiegava ai bambini che tutte le parole che finiscono con “ismo” si riferiscono a cose brutte, da evitare. Poi faceva una pausa e guardandoli diceva: “lo so che adesso state pensando al catechismo!”. Il gesuitismo è quell’atteggiamento fondamentalmente qualunquista dal quale nasce la storiella secondo cui nemmeno lo Spirito Santo saprebbe cosa pensa un gesuita e, come giustamente suggeriva Pell nel memorandum distribuito sotto lo pseudonimo Demos, non è possibile lasciare che la Compagnia di Gesù si riduca a mera barzelletta, dopo quello che ha significato per la Chiesa.
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Risponde Fabio Battiston
Carissimo Nicolò (permettimi di rivolgermi a te amichevolmente), ti ringrazio per lo stile e l’amabilità della risposta che hai voluto offrire a me ed ai lettori di Duc in altum. Son certo che non ti riferivi al sottoscritto quando, all’inizio, hai parlato di personaggi dalla lingua tagliente brandita sotto l’armatura dell’anonimato. Per fortuna tra i miei molti difetti non c’è mai stato quello di nascondere le mie idee dietro una qualsiasi cortina fumogena.
Quanto ai contenuti, tu stesso affermi di trovarli innegabili; ne sono felice. E veniamo alla mia conclusione. Ma certo, Nicolò, che la soluzione non è quella prospettata alla fine del mio contributo, né è quella in cui credo. Io stesso l’ho definita “da disperato” e tu hai perfettamente colto l’ironia che si celava sia in quella frase nascosta sia nella foto scelta da Aldo con la maestria che lo contraddistingue. Vero è che, certe volte, la voglia di essere corretti (lo dico in senso cattolicamente positivo) si è tentati di metterla da parte utilizzando le medesime armi che impugna il nostro nemico. Quando questo desiderio sembra sovrastarmi cerco di esorcizzarlo prendendo la penna in mano (ah, quanto vorrei usarla, magari stilografica, al posto del mouse) raccontando ciò che penso, ciò che vorrei e, il più delle volte, quello che… non esiste più. Qualcuno potrà trovare la mia prosa un po’ forte, “scorretta”, a tratti ideologica. È un limite? Forse, ma è anche il mio stile al quale non voglio rinunciare: sì sì, no no.
In conclusione, hai ragione tu Nicolò, la risposta giusta è sempre una sola: la Sua Parola ed il Suo Insegnamento (conditi con l’insostituibile nostro amen). Sono un fedele molto imperfetto, con le mie contraddizioni, cattolicamente scorrettissimo e minoranza tra la minoranza. Cerco come posso, e con tutti i miei limiti, di dare testimonianza a Nostro Signore. Da diversi anni lo faccio, non solo senza la minima ritrosia, ma anche con quel po’ di sfrontatezza che i cattolicamente corretti – da Santa Marta ad Avvenire, passando per la Comunità di Sant’Egidio – amano definire, con sarcasmo, “ostentazione”. Insomma, ciò che per me è testimonianza per molti cattolici del XXI secolo è tutt’altro. Ma che ci vuoi fare, così va il mondo.
Grazie ancora per le tue parole e un fraterno (in Cristo) abbraccio.
Fabio Battiston