Cari amici di Duc in altum, il dibattito sugli ortodossi e sul nostro rapporto con quel mondo continua ad arricchirsi di nuovi interventi.
Segnalo i contributi finora ricevuti: Lettera / Ortodossi “ramo secco”? Ma loro aprono nuove chiese, noi le chiudiamo (di Angelo Busico), Lettere / Il mondo ortodosso è scismatico. Restiamo cattolici! (di don Andrea Mancinella e A.S.), Sul fascino esercitato dal mondo ortodosso / Ma la Chiesa cattolica resta la nostra madre (di Paolo Deotto), Separazione e divorzio secondo le Chiese ortodosse (Cyril Vasil’, S.J.).
E oggi un articolo, da parte del lettore Ghirardi, che si rifà in particolare ai testi del Concilio Vaticano II.
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di Emanuele Ghirardi
Caro Valli,
ho letto sul suo blog gli interventi sul mondo ortodosso e desidero porre alcune domande.
La Chiesa cattolica attraverso il suo magistero ha già dato risposte? Sì.
È corretto abbandonare la Chiesa cattolica per aderire alla ortodossia? No.
Lumen gentium (costituzione dogmatica sulla Chiesa, anno 1964): «Il santo Concilio si rivolge quindi prima di tutto ai fedeli cattolici. Esso, basandosi sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, insegna che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare. Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integralmente la sua organizzazione e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e che inoltre, grazie ai legami costituiti dalla professione di fede, dai sacramenti, dal governo ecclesiastico e dalla comunione, sono uniti, nell’assemblea visibile della Chiesa, con il Cristo che la dirige mediante il sommo Pontefice e i vescovi. Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col “corpo”, ma non col “cuore”. Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa che la loro privilegiata condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati».
Come porsi nei confronti degli ortodossi? Eretici da cui tenersi assolutamente separati, oppure, pur in errore di fondo (scisma), guardarli con misericordia perché lo Spirito Santo “misteriosamente” pure loro assiste?
Lumen gentium: «La Chiesa sa di essere per più ragioni congiunta con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione sotto il successore di Pietro. Ci sono infatti molti che hanno in onore la sacra Scrittura come norma di fede e di vita, manifestano un sincero zelo religioso, credono amorosamente in Dio Padre onnipotente e in Cristo, figlio di Dio e salvatore, sono segnati dal battesimo, col quale vengono congiunti con Cristo, anzi riconoscono e accettano nelle proprie Chiese o comunità ecclesiali anche altri sacramenti. Molti fra loro hanno anche l’episcopato, celebrano la sacra eucaristia e coltivano la devozione alla vergine Madre di Dio. A questo si aggiunge la comunione di preghiere e di altri benefici spirituali; anzi, una certa vera unione nello Spirito Santo, poiché anche in loro egli opera con la sua virtù santificante per mezzo di doni e grazie e ha dato ad alcuni la forza di giungere fino allo spargimento del sangue. Così lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo desiderio e attività, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo Pastore. E per ottenere questo la madre Chiesa non cessa di pregare, sperare e operare, esortando i figli a purificarsi e rinnovarsi perché l’immagine di Cristo risplenda più chiara sul volto della Chiesa».
Cosa significa che «la Chiesa sa di essere per più ragioni congiunta con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede»?
Chiarisce Dominus Iesus (dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, anno 2000): «I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica – radicata nella successione apostolica [53] – tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa Cattolica: “È questa l’unica Chiesa di Cristo […] che il Salvatore nostro, dopo la risurrezione (cf. Gv 21,17), diede da pascere a Pietro, affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida (cf. Mt 28,18ss.); egli l’ha eretta per sempre come colonna e fondamento della verità (cf. 1 Tm 3,15). Questa Chiesa, costituita e organizzata in questo mondo come società, sussiste [subsistit in] nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui”. Con l’espressione “subsistit in”, il Concilio Vaticano II volle armonizzare due affermazioni dottrinali: da un lato che la Chiesa di Cristo, malgrado le divisioni dei cristiani, continua ad esistere pienamente soltanto nella Chiesa Cattolica, e dall’altro lato “l’esistenza di numerosi elementi di santificazione e di verità al di fuori della sua compagine”, ovvero nelle Chiese e Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa Cattolica [56]. Ma riguardo a queste ultime, bisogna affermare che “il loro valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica”».
Da sottolineare: «Ma riguardo a queste ultime, bisogna affermare che “il loro valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica”».
Sempre Dominus Iesus: «Esiste quindi un’unica Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui. Le Chiese che, pur non essendo in perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida Eucaristia, sono vere Chiese particolari. Perciò anche in queste Chiese è presente e operante la Chiesa di Cristo, sebbene manchi la piena comunione con la Chiesa cattolica, in quanto non accettano la dottrina cattolica del Primato che, secondo il volere di Dio, il Vescovo di Roma oggettivamente ha ed esercita su tutta la Chiesa».
Qualcuno potrà obiettare: «Il Concilio Vaticano II ha errato su questo punto (come su altri); è un Concilio pastorale quindi non ha introdotto nulla di nuovo; gli ortodossi sono fuori della Chiesa di Cristo, la Chiesa cattolica, quindi sono scismatici, eretici, non si salvano eccetera».
Risposta: Lumen gentium è una costituzione dogmatica. Non è un documento pastorale. Ergo, a tale documento bisogna attenersi, se siamo cattolici.
Spesso mi sono posto questa domanda: se io fossi nato in qualche paese dell’Est e quindi fossi cristiano ortodosso, se assistessi alla divina liturgia di san Giovanni Crisostomo, mi confessassi da veri sacerdoti (in quanto regolarmente ordinati da vescovi successori degli apostoli), mi comunicassi con le sacre specie eucaristiche in cui Cristo Nostro Signore è veramente e pienamente presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, se avessi una profonda venerazione per la Madre di Dio, potrei non essere assistito dallo Spirito Santo? Potrei avere io la colpa di essere un eretico e scismatico (e posto sullo stesso piano di coloro che operarono lo scisma nel 1054) e quindi fuori dall’azione di grazia della Chiesa di Cristo (che è la Chiesa cattolica anche se io non ne sono a conoscenza, e anzi pensassi il contrario, ovvero che l’ortodossia è la vera Chiesa di Cristo)?
Mi sembra temerario pensare ciò.
Questo ragionamento è errato? Come abbiamo visto non lo è, secondo documenti ufficiali della Chiesa cattolica.
Si dirà da parte di alcuni: «Ma è il Concilio Vaticano II, il conciliabolo ereticale» e via discorrendo.
Ricordo che un fedele, sia esso laico o consacrato, non può giudicare un Concilio ecumenico, e ciò secondo la Legge naturale per cui chi sta sotto non può giudicare chi sta sopra (il figlio non può giudicare il padre). Quindi il Concilio non è definibile come ereticale da chicchessia. Inoltre essendo Lumen gentium dogmatica non può contenere errori.
Domanda ulteriore: il Vaticano II ha cambiato qualcosa rispetto a quanto la Chiesa diceva prima? O vi è stato un approfondimento di quanto prima implicitamente o esplicitamente (in modo embrionale) già si era insegnato magisterialmente?
Quanto conficiamur, enciclica di Pio IX, 1863: «A Noi ed a Voi è noto che coloro che versano in una invincibile ignoranza circa la nostra santissima religione, ma che osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti nei cuori di tutti; che sono disposti ad obbedire a Dio e che conducono una vita onesta e retta, possono, con l’aiuto della luce e della grazia divina, conseguire la vita eterna. Dio infatti vede perfettamente, scruta, conosce gli spiriti, le anime, i pensieri, le abitudini di tutti e nella sua suprema bontà, nella sua infinita clemenza non permette che qualcuno soffra i castighi eterni senza essere colpevole di qualche volontario peccato».
Se io fossi nato e cresciuto nella Ortodossia secoli dopo lo scisma, non sarei in invincibile ignoranza? E se sì, ne avrei colpa? Pio IX dice di no. Vero che il papa aggiunge: «Parimenti è notissimo il dogma cattolico secondo il quale fuori dalla Chiesa cattolica nessuno può salvarsi e chi è ribelle all’autorità e alle decisioni della Chiesa, chi è ostinatamente separato dalla unità della Chiesa stessa e dal Romano Pontefice, Successore di Pietro». Ma io, se fossi nato e cresciuto ortodosso dopo lo scisma, avrei piana contezza che la Chiesa cattolica è la vera Chiesa di Cristo e il papa il successore di Pietro? Sicuramente no, per invincibile ignoranza. Sarei allora in peccato mortale di scisma? No, non avendone piena avvertenza. Sarei fuori dall’azione dello Spirito Santo che proviene dalla Chiesa cattolica? No, anzi avrei l’assistenza anche dei sacramenti impartitimi da sacerdoti regolarmente ordinati da successori degli apostoli, sempre posto che «il loro valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica».
Dice san Pio X nel Catechismo della dottrina cristiana: «Chi è fuori della Chiesa [cattolica] si salva? Chi è fuori della Chiesa per propria colpa e muore senza dolore perfetto, non si salva; ma chi ci si trovi senza propria colpa e vive bene può salvarsi con l’amor di carità, che unisce a Dio, e, in spirito, anche alla Chiesa, cioè all’anima di lei».
Quindi, se io fossi ortodosso e vivessi secondo il Vangelo in spirito sarei comunque nella Chiesa cattolica, e in più avrei a disposizione molti mezzi ordinari di salvezza (sacramenti).
Pio X pone le basi magisteriali per quanto affermato da Lumen gentium 15 e Dominus Iesus 17.
Concludo.
Un padre aveva due figli. Uno di questi decise un brutto giorno di andarsene. Il padre addolorato lo lasciò andare dando lui quanto gli spettava. Quel figlio arrivò quasi a perdere tutto di quel lascito. Passano i secoli, i discendenti di quel figlio “misteriosamente”, dopo aver rischiato di non avere più nulla, iniziano a riscoprire e ritrovare quegli averi e valori antichi del lascito millenario. Tornano a professarli e costruire su di essi. Sono sulla strada del ritorno per la piena salute.
«Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò».
L’altro fratello era nel giusto, è sempre stato nel giusto, e col padre. I suoi discendenti sono di conseguenza nel giusto. Tuttavia: «Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: è tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare».
E ancora: «Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Aggiungo: molti dei discendenti del figlio sempre fedele, ammalati di tante malattie (spirituali), hanno trasgredito, non volendo più entrare nella casa paterna. Si trovano essi stessi nella posizione che prima era propria dell’altro figlio e dei suoi eredi. Eredi che, per vie misteriose (il Padre scrive diritto anche su righe storte), possono ora aiutare i discendenti del sempre fedele.
Diceva Giovanni Paolo II: «La divisione storica delle Chiese è una ferita sempre aperta. Confessando, nella basilica di San Pietro di Roma, il 17 marzo 1926, il Credo cattolico, Ivanov [grande poeta, filosofo e filologo russo] aveva coscienza, come scrisse a Charles du Bos, di “sentirmi per la prima volta ortodosso nella pienezza dell’accezione di questa parola, in pieno possesso del tesoro sacro, che era mio dal battesimo, e il cui godimento non era stato da anni libero da un sentimento di malessere, divenuto a poco a poco sofferenza, per essere staccato dall’altra metà di questo tesoro vivo di santità e di grazia, e di respirare, per così dire, come un tisico, che con un solo polmone” (Ivanov, Lettre à Charles Du Bos, 1930, Ivanov et M. Gerschenson, Correspondance d’un coin à l’autre, Lausanne, L’âge d’homme, 1979, p. 90). È la stessa cosa che dicevo anch’io a Parigi ai rappresentanti delle comunità cristiane non cattoliche, il 31 maggio 1980, ricordando la mia visita fraterna al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli: “Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna aver due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale”» (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al simposio internazionale su Ivanov e la cultura del suo tempo).
Oggi un polmone, l’occidentale, è quasi senza aria. Oggi, per ragioni misteriose e imperscrutabili, l’altro polmone si sta riempiendo di nuovo d’aria salutare.