Comunione / Abusi ovunque, ma non mancano i segni di speranza
Caro Valli,
in periodo di “pandemia”, ma purtroppo ancora oggi, a fronte della mia richiesta di ricevere la Comunione in bocca, ho ricevuto, con mio grande rammarico, risposte di questo tipo: “Le disposizioni lo vietano”, “Non esiste alcuna differenza tra il riceverla in bocca o in mano”, “Quel che importa è ricevere la Comunione, non conta il modo”.
Mi è anche stato spiegato che si può portare l’ostia consacrata alla bocca mentre si cammina per tornare al proprio posto, voltando le spalle al sacerdote e rischiando che la particola finisca a terra e sia calpestata.
Sono stato inoltre richiamato energicamente e accusato di offendere la Chiesa e il sacerdote celebrante perché mi sono permesso di sostenere con fermezza la sacralità della Santissima Eucarestia.
Ho settantatré anni e in quei momenti ho capito quanto sia distante la Chiesa di oggi da quella conosciuta da bambino, quando genitori, sacerdoti e suore davano prova di fede e diligenza nel prepararci a ricevere la Santa Comunione in modo degno.
Sembra che si voglia far dimenticare la sacralità del Corpo Santissimo di Nostro Signore Gesù Cristo per considerarlo un nostro pari.
Verso il Pane eucaristico, degno di estrema riverenza, si stanno consumando gravissime leggerezze: invitare a toccare il Sacro Corpo di Cristo con le mani unte di gelatinoso disinfettante; permettere a chiunque di toccare la sacra pisside; voltare le spalle al sacerdote per consumare la Santa Comunione; rischiare, tra l’indifferenza, che la sacra particola possa cadere in terra.
A differenza degli angeli, che sono puro spirito, l’uomo è una creatura spirituale e corporale e come tale deve onorare e glorificare Dio in una forma che sia conforme a entrambe le dimensioni, ovvero attraverso atti sia interiori sia esteriori. Il modo in cui ricevere la Santa Eucarestia è un atto di culto esteriore che noi rendiamo a Dio, frutto della nostra libera fede che nessuno potrà mai soffocare.
Purtroppo l’uomo di oggi rifugge da ogni forma di venerazione o di semplice rispetto verso Dio, ma si compiace di sé. Ecco così che l’Eucarestia viene svilita, declassata a semplice evento da ricordare perché derubricata a simbolo di una salvezza che si considera già avvenuta.
Pensiamo di poterci assolvere dai peccati sostituendoci, nell’atto sacramentale della Comunione, al sacerdote. Pensiamo di poterla somministrare ad altri senza averne l’autorità. Ma se solo riuscissimo, per un istante, a entrare realmente nel mistero dell’Eucarestia, riusciremmo a comprenderne l’immenso valore sacramentale e quindi rifiuteremmo di toccare il Santissimo Corpo di Cristo.
Ecco perché sento il dovere di prostrarmi in ginocchio davanti a quella piccola croce posta sull’altare (oggi non più riconosciuta e dunque eliminata) e al piccolo pezzetto di pane che nel mistero inviolabile ed eterno della Santissima Eucarestia mi rende libero dal peccato.
I gesti formali e i dettagli, espressione di una fede viva, vera e sincera, restano forma, ma è una forma che diviene sostanza.
Lettera firmata
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Caro Valli,
giusta l’osservazione del lettore Valter Tuninetti [la trovate qui]. Occorre fare qualcosa al più presto per vedere riconosciuto il diritto di ricevere la Comunione in bocca. Perché ormai siamo rimasti in pochi, una eccezione.
Alla celebrazione nel santuario della Madonna di Fatima presso i padri comboniani, in zona Milano Nord, anche a mia nipote è stato detto: “Non posso dartela in bocca ma solo sulla mano”. Lei ha abbozzato per non rallentare la distribuzione dell’Eucarestia, ma ci si può immaginare la sofferenza.
Siamo al punto che bisogna cercare la chiesa in cui andare. Purtroppo è consuetudine ormai che si riceva la Comunione sulla mano, e la consuetudine facilmente diventa legge.
Pare non ci sia neppure più bisogno di limitare la libertà: spesso ce la togliamo da soli.
Flavia Colmegna
Milano
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Caro Valli,
segnalo che il mio parroco, don Agostino Bertolotti di Roccabianca (Parma), mi ha negato l’Eucaristia sulla bocca, malgrado il vescovo Enrico Solmi abbia ordinato di rispettare la volontà dei fedeli.
Mi ero messa in fondo alla fila, eppure, sebbene dietro di me non vi fosse più nessuno, il parroco, visibilmente infastidito dalla mia richiesta, si è girato e mi ha piantato in asso senza darmi la Comunione.
Rosa Maria Bellarmino
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Caro Valli,
segnalo che una domenica di dicembre, trovandomi occasionalmente alla Santa Messa nella parrocchia di San Genesio in Perosa Argentina (Torino), nonostante mi fossi messo per ultimo nella fila, mi è stata rifiutata la Santa Eucaristia sulla bocca con la seguente “spiegazione” del parroco: “Io la Comunione in bocca non la do!”. Mi sono allora ritirato e ho recitato la formula della Comunione spirituale.
Grazie per l’attenzione
Roberto Lopez
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Carissimo Aldo Maria Valli,
non dobbiamo mai perdere la speranza. Vivo in un paese in provincia di Padova. Anche quando la Comunione in bocca era proibita, nella mia parrocchia, grazie a un parroco scaltro, un intelligente diacono e una santa suora, pur con qualche espediente siamo sempre riusciti a ricevere la particola in modo degno. Ora il parroco è cambiato ma anche il nuovo dà la Comunione in bocca e io non sono il solo a riceverla così.
E ora le racconto tre episodi che ho ben vivi nella memoria.
Primo episodio. Durante la “pandemia” vado a Messa in un oratorio del Vicentino dove celebra un bravo e santo sacerdote che durante tutto lo “stato d’emergenza” non nega mai, e sottolineo mai, la Comunione sulla bocca. Ebbene, dopo vari richiami da parte della diocesi, la Chiesa del dialogo e della misericordia passa alle minacce e ammonisce il sacerdote di finirla con la disubbidienza. Il sacerdote è costretto a piegarsi, ma non del tutto: infatti, dopo la Messa, fuori dalla chiesa, sul sagrato, continua a dare la Comunione in bocca a chi la richiede così!
Secondo episodio, estate scorsa. Mi trovo in vacanza con la mia famiglia tra le montagne bellunesi, ove vige una dittatura religiosa igienista. Durante una Messa feriale vedo negare categoricamente la Comunione sulla bocca a una signora che la chiede. Io sono in fila e a quel punto me ne torno al mio posto e faccio la Comunione spirituale.
Dopo la Messa la signora va in sacrestia per chiedere spiegazioni è la risposta è che, sebbene la Cei la permetta, il vescovo locale ha vietato la Comunione in bocca.
Terzo episodio, un mese fa, sempre da quelle parti. Prima della Messa mia moglie va dal parroco (lo stesso della volta precedente) per chiedere se potrà ricevere la Comunione in bocca e lui, a sorpresa, dice che non c’è problema: “Il nostro vescovo – precisa con un sorriso – è contrario, ma non può vietarla”.
Come si vede, non tutto è perduto. Il Signore non ci abbandona.
G.P.
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Caro Valli,
scrivo non per denunciare abusi, ma per un piccolo ritratto e una notizia che dà speranza.
Conosco un sacerdote, un prete di paese, quasi di campagna, dal quale i fedeli accorrono a frotte per ascoltarlo e per ricevere la Santa Comunione in bocca, che lui dà non per obbedienza a certe indicazioni, ma perché ne è felice, così felice che lo dimostra da come porge l’ostia consacrata: con un serafico sorriso che illuminandogli il volto fa trasparire la bontà del suo cuore e il suo amore per Gesù. Un prete d’altri tempi, con un bel po’ di anni addosso, una fede incrollabile e un coraggio da leone che lo fanno agire e predicare sempre controcorrente. Un grosso rischio, se non fosse che egli, come un pastore anche disposto al martirio, ha davanti agli occhi il cielo e l’eternità; e soprattutto la salvezza del suo folto gregge. Una essenzialità che dovrebbe far molto ma molto riflettere.
A. S.
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Caro Valli,
nella periferia Nord di Roma c’è una parrocchia nella quale da qualche tempo la Santa Comunione viene distribuita abitualmente, a ogni Messa, sotto le due Specie. E i fedeli lo apprezzano moltissimo, come dimostra il fatto che le presenze alle Messe sono in aumento.
Ricordo che l’Istruzione Redemptionis Sacramentum del 2004 spiega bene lo scopo della pratica: “Al fine di manifestare ai fedeli con maggior chiarezza la pienezza del segno nel convivio eucaristico, sono ammessi alla Comunione sotto le due specie nei casi citati nei libri liturgici anche i fedeli laici…”.
Inoltre nella costituzione Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia, emanata dal Concilio Vaticano II, si legge: “La Comunione sotto le due specie è molto raccomandata come più perfetta partecipazione alla Messa” (n. 55).
Ho pensato di segnalare questa lodevole iniziativa presa dal parroco e dal suo coadiutore per sottolineare che non tutto è perduto. Nella nostra Santa Chiesa c’è ancora chi rispetta l’intenzione di Cristo.
Lettera firmata
Roma
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