Il grido di un fedele / “Sono cattolico, ma il dubbio su questa Chiesa temporale mi assale e mi tormenta”
di Fabio Battiston
Quando leggiamo dei numerosissimi abusi sull’Eucaristia perpetrati dai sacerdoti nelle Sante Messe…
Quando Dottrina, Magistero e Tradizione vengono dimenticati, calpestati, stravolti o radicalmente modificati…
Quando il peccato non è più quello contro Dio e contro l’uomo – specialmente il più innocente, debole ed indifeso – ma contro il pianeta e l’ambiente…
Quando tutti sono nostri fratelli, compresi i nemici di Cristo, gli infedeli (si può ancora dire cosi?) e qualsiasi adoratore di feticci più o meno tribali…
Quando l’unica e vera Sacra Madre di noi credenti non è più Maria Immacolata ma è la Terra…
Quando sei obbligato a partecipare alle Messe Novus ordo – sovente trasformate in amene cenette tra amici quando non in veri e propri riti neopagani – perché la Chiesa ove si celebra il Rito tridentino si trova a più di cento chilometri da casa tua…
Quando, per un senso completamente stravolto di carità cristiana, si diviene complici consapevoli dei trafficanti di esseri umani…
Quando si definisce il cristianesimo una delle tre grandi religioni monoteistiche e su tale base si costruisce un mostro chiamato dialogo interreligioso, precursore della religione universale…
Ebbene, ogniqualvolta tutto questo (e molto altro ancora) si compie, la protagonista è una sola: la Chiesa, la “nostra Chiesa”, cattolica, apostolica, romana. È quella stessa santa Chiesa cattolica nella quale – pronunciando la professione di fede durante la celebrazione del Battesimo – dichiariamo in coscienza di credere. Ma la divisione tra questa Chiesa (terrena) e molti fedeli cattolici è nei fatti. Senza bisogno di azioni scismatiche ufficiali o di passaggi ad altre confessioni cristiane, molti di noi vivono questa separazione nella prassi quotidiana. Siamo ancora in questa Chiesa, certamente in spirito di obbedienza, ma dove ci troviamo in realtà? Non so quanti di voi, amici di Duc in altum, sentono di vivere questa situazione sulla propria pelle (nel corpo e nello spirito). Troppo spesso, ormai, mi ritrovo – prima sorprendentemente, ora in modo quasi naturale – a interloquire con altri cattolici in termini di noi e voi (e la “controparte” fa la stessa cosa). Chiamate come volete questo stato d’animo: isolamento, separazione, sindrome da accerchiamento. Sta di fatto che sento questo muro (o questo fossato) ogni giorno più concreto e insormontabile.
Sappiamo bene che la nostra salvezza, come esseri imperfetti ed esistenze corrotte dal peccato, passa anche dalla fedele appartenenza alla Chiesa cattolica. Ma questa nostra Chiesa, nella sua dimensione temporale almeno, non è un fine bensì mezzo, uno strumento di salvezza che tuttavia appare (è) indispensabile; così già insegnava san Cecilio Tarso Cipriano nel III secolo definendo ciò che sarebbe divenuto uno dei dogmi fondanti della nostra fede. E allora? Allora l’attesa che il Signore intervenga in questa storia bimillenaria per raddrizzare la barca di Pietro – così come altre volte è avvenuto in passato – ci impone di rimanere aggrappati a questo legno ma, al tempo stesso, non impedisce di vedere la realtà. Molti di noi, oggi, si sentono fuori bordo e in tale condizione basta una piccola onda in più per staccarsi. D’altra parte non siamo stati noi ad aver deciso di ritrovarci in questa precaria situazione; qualcos’altro e qualcun altro ci sta letteralmente buttando a mare e gli “scafisti”, in questo scenario, sono più d’uno. Anche se ci sforziamo, ciascuno a nostro modo, di vivere in quest’apparente unità, è difficile non vedere che nella cattolicità apostolica romana esistono già due chiese temporali: quella di coloro che la guidano (alcuni a viso aperto, altri dietro le quinte) insieme al loro popolo e quella dei potenziali naufraghi, clero e laici, gettati via senza alcun riguardo ma ancora speranzosi di poter tornare a bordo. Tuttavia, se ciò non fosse possibile, perché impedire loro di trovare un’ancora di salvezza, un porto sicuro come si dice oggi, lontano da quella barca che non li vuole più?
E allora non stracciamoci le vesti per quei fratelli che, non senza grande sofferenza, scelgono di abbracciare l’Ortodossia. Non stigmatizziamo chi non riesce a vedere l’obbedienza a questa Chiesa terrena come un valore assoluto e per tale motivo sceglie di vivere in solitudine spirituale la propria appartenenza al Corpo Mistico di Cristo o si guarda intorno per trovare altri naufraghi che, con lui, possano condividere una così ardua navigazione.
Pur con tutte le mie piccole e grandi imperfezioni, mi ritengo ancora cattolico, apostolico, romano. Al tempo stesso il dubbio, su questa Chiesa temporale, mi assale e mi tormenta. Qualcuno dirà che sono vittima del classico intervento del demonio. Forse sarà così, nel qual caso Dio abbia pietà di me. Vorrei anch’io, come molti, trovare rifugio nella certezza del dogma ma la Chiesa alla quale ho sempre appartenuto oggi mi terrorizza.
Il momento non è difficile, è tragico. E le cose potranno anche peggiorare. La strada per uscirne è buia e tortuosa. Comprendiamoci.