Dalle viscere di Sant’Anselmo a Santa Marta. All’attenzione di Francesco due bozze di documento per dare il colpo finale alla Messa Vetus Ordo
Sono sempre più insistenti le voci secondo cui Francesco sarebbe esaminando un documento il cui scopo è di ampliare e rafforzare la portata del suo motu proprio Traditionis custodes del 2021. L’obiettivo sarebbe affermare che l’unica liturgia ufficiale del rito latino è il Novus Ordo e regolamentare in modo restrittivo le comunità ex Ecclesia Dei.
La bozza del documento, che avrebbe la forma di costituzione apostolica, sarebbe da circa un mese all’esame del papa. La provenienza è il dicastero vaticano per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, presieduto dal cardinale Arthur Roche.
Redatta da funzionari del dicastero sotto la supervisione del segretario, l’arcivescovo Vittorio Francesco Viola, la futura costituzione apostolica darebbe un duro colpo alle comunità ex Ecclesia Dei. Vieterebbe infatti le ordinazioni diaconali e sacerdotali nel Vetus Ordo, così come l’amministrazione dei sacramenti ai fedeli. Inoltre potrebbe spingersi a vietare la celebrazione delle Messe Vetus Ordo la domenica.
Monsignor Viola, dell’ordine dei frati minori, ha compiuto gli studi presso l’Istituto teologico di Assisi e il Pontificio istituto liturgico Sant’Anselmo di Roma, dove ha ottenuto licenza e dottorato in sacra liturgia.
Il “salto di qualità” è evidente: se Traditionis custodes vuole contrastare la crescita della Messa apostolica tra il clero diocesano, il nuovo documento vuole invece colpire le comunità ex Ecclesia Dei.
Ma non basta. Come scrive Diane Montagna, sul tavolo del papa, accanto a questa bozza di documento, ve ne sarebbe un’altra, apparentemente meno dura nella forma ma in realtà più radicale nella sostanza, con la quale si vorrebbe demolire definitivamente la possibilità di celebrare la liturgia tradizionale.
Caratteristica di questa seconda bozza sarebbe quella di non menzionare mai il Vetus Ordo ma di celebrare il cinquantaquattresimo anniversario della costituzione apostolica Missale Romanum di Paolo VI (3 aprile 1969), con la quale fu promulgato il Messale Romano rinnovato “per ordine del Concilio Vaticano II”.
Il nuovo documento, che per solennizzare l’anniversario verrebbe pubblicato il lunedì della prossima Settimana Santa (3 aprile, appunto), metterebbe in luce le “benedizioni” ottenute con la riforma liturgica di Paolo VI e i “frutti abbondanti” prodotti nella Chiesa dalla Missale Romanum, con la proposta di “coronare e completare” la riforma. Come? Semplice: dichiarando che l’unico rito ufficiale della Chiesa cattolica latina è appunto quello previsto dal Messale Romano di Paolo VI e che nessuna alternativa sia possibile al Novus Ordo.
Questa seconda bozza porterebbe all’applicazione di tutto ciò che è contenuto nella prima, ma in modo più subdolo, evitando di mettere esplicitamente nel mirino la Messa apostolica. In questo modo sia i vescovi ostili alla liturgia tradizionale sia quelli che, pur non essendo ostili in linea di principio, sono disposti a sacrificarla per quello che viene visto come un bene più grande, avrebbero a loro disposizione lo strumento giuridico per sradicare la Messa Vetus Ordo nelle loro diocesi.
A quanto si apprende, contro l’una e l’altra bozza ci sarebbe una forte resistenza da parte di alcuni ambienti della Curia romana che vedono nel provvedimento un atto ingiusto e crudele nei confronti di una liturgia, il Vetus Ordo, che in tutto il mondo sta attirando un numero crescente di fedeli, per lo più giovani. Senza contare che una simile costituzione apostolica sconfesserebbe totalmente la linea tenuta da Benedetto XVI con Summorum pontificum, e tutto ciò solo a pochi mesi dalla morte di papa Ratzinger.
In un’intervista di un anno fa l’allora monsignor Roche (poi creato cardinale da papa Francesco nel concistoro dell’agosto 2022) spiegò che l’obiettivo del suo dicastero è “perseguire l’attuazione del documento del Concilio Vaticano II sulla liturgia, Sacrosanctum Concilium”, per lui la “Magna Carta” in campo liturgico. “Non posso sapere – aggiunse – se la vecchia forma della Messa finirà per cadere in disuso”, ma certamente lo scopo di Traditionis custodes è “avvicinare le persone alla comprensione di quanto chiesto dal Concilio”.
A proposito del gruppo di lavoro che starebbe dietro le due bozze consegnate al papa, il sito The Wanderer, che i lettori di Duc in altum ben conoscono, spiegava tempo fa che l’elemento comune è il Pontificio istituto liturgico dell’ateneo Sant’Anselmo, i cui studiosi si considerano, insieme alla Scuola di Bologna, gli eredi legittimi dello “spirito conciliare” in materia liturgica. Parliamo dunque del professor Andrea Grillo, ben introdotto e ascoltato a Santa Marta, del già citato monsignor Viola, anch’egli “uscito dalle viscere di Sant’Anselmo”, di don Corrado Maggioni e altri: una “élite di illuminati che riconoscono come capostipiti monsignor Annibale Bugnini e il suo segretario, monsignor Piero Marini”, già maestro delle cerimonie liturgie pontificie (1987-2007) per Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
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Fonti:
caminante-wanderer.blogspot.com