La vera obbedienza nella Chiesa / Una guida
Benedetto XVI ha affermato la perpetua validità della Messa tradizionale preconciliare, insistendo sul fatto che «ciò che per le generazioni precedenti era sacro anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente e del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» (lettera ai vescovi in occasione della pubblicazione del motu proprio Summorum pontificum sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970).
Tuttavia, con l’uscita nel 2021 di Traditionis custodes (titolo paradossale), e ora con il recente rescritto e forse altri documenti in arrivo, il successore di Benedetto XVI, Francesco, si sta muovendo in senso contrario, limitando o addirittura impedendo di praticare la forma di culto più in linea con la Tradizione.
Dunque, come deve comportarsi un cattolico di fronte a questa inversione di tendenza? A chi obbedire? Possono esserci situazioni in cui l’obbedienza diventa un impedimento alla missione della Chiesa e al bene delle anime?
Peter Kwasniewski, teologo tomista, studioso di liturgia e compositore di musica sacra, affronta la questione nel libro La vera obbedienza nella Chiesa. Una guida al discernimento in tempi difficili (Fede & Cultura, 96 pagine, 14 euro), traduzione del libro True Obedience in the Church. A Guide to Discernment in Challenging Times, che Kwasniewski pubblicò nel 2021 per la casa editrice Sophia Institute Press (Duc in altum se ne occupò qui).
Secondo l’autore, “non è esagerato affermare che per i cattolici che cercano di agire rettamente davanti a Dio e agli uomini discernere la natura e i limiti della virtù dell’obbedienza sta diventando oggi la questione più critica”.
È qualcosa che molti di noi stanno sperimentando, via via che l’insegnamento della Chiesa si discosta dalla Tradizione per diventare sempre più liquido, ambiguo e simile a un vago umanitarismo che prescinde dai comandamenti divini.
Dunque, che fare? Kwasniewski argomenta così: «Il culto liturgico tradizionale della Chiesa, la sua lex orandi o legge della preghiera, è un’espressione fondamentale, normativa e immutabile della sua lex credendi o legge della fede, che non può essere contraddetta o abolita o pesantemente riscritta senza rifiutare la continuità guidata dallo Spirito della Chiesa cattolica nel suo insieme».
Se i protestanti rifiutano la lex orandi tradizionale perché dissentono apertamente dalla lex credendi che essa esprime, i modernisti ritengono che la lex credendi debba evolversi perpetuamente e quindi la lex orandi debba essere mutevole e malleabile per stare al suo passo.
«Per lo stesso motivo, la tradizione cattolica riconosce il solenne dovere del papa nei confronti dell’immemorabile pratica liturgica della Chiesa. Secondo il famoso giuramento pontificio del Liber Diurnus Romanorum Pontificum, prontuario di formulari utilizzato dalla cancelleria pontificia alla fine del primo millennio, il papa giurerà: “Manterrò inviolata la disciplina e il rito della Chiesa così come l’ho trovato e ricevuto tramandato dai miei predecessori”. E in uno dei suoi testi il Concilio di Costanza afferma: “Poiché il Romano Pontefice esercita un potere così grande tra i mortali, è giusto che sia tanto più legato dagli inoppugnabili vincoli della fede e dai riti che devono essere osservati riguardo ai Sacramenti della Chiesa”».
Tra le autorità teologiche che potrebbero essere citate, Kwasniewski ricorda Francisco Suárez, SJ (1548-1617): «Se il papa dà un ordine contrario ai giusti costumi, non si deve obbedirgli; se cerca di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarebbe lecito resistergli; se attacca con la forza, potrebbe essere respinto con la forza, con la moderazione caratteristica di una buona difesa» (De Fide, disp. X, sez. VI, n. 16).
Suárez sostiene inoltre che il papa potrebbe essere scismatico «se volesse sovvertire tutte le cerimonie ecclesiastiche fondate sulla tradizione apostolica» (De Caritate, disp. XII, sez. 1). Di conseguenza, è sempre legittimo per noi voler aderire a ciò che la Chiesa ha solennemente insegnato e praticato lungo i secoli.
Già nel IV secolo sant’Atanasio Magno riferendosi alla preghiera e al culto faceva riferimento a un patrimonio «sapientemente e sicuramente» trasmesso dai padri. Dunque, «dovremmo essere scettici nei confronti delle novità che alcuni uomini di Chiesa desiderano aggiungere alla tradizione o con cui vorrebbero sostituirla, e dovremmo essere disposti a resistere se si cerca di eliminare la tradizione, che è indiscutibilmente parte essenziale e costitutiva del bene comune della Chiesa».
L’autore ricorda che secondo la teologia cattolica due punti sono chiari: è possibile che l’autorità ecclesiastica agisca contro il bene comune e i semplici fedeli sono in grado di riconoscere l’errore.
«In Inghilterra molti cattolici si rifiutarono di partecipare al nuovo rito protestante della Messa dell’arcivescovo Cranmer, anche quando furono incoraggiati a farlo dal clero che preferì la strategia del compromesso con le forze eretiche che arrivarono al potere nel XVI secolo. Anche a costo di disagi e sanzioni, i devoti cattolici inglesi si rifiutarono di partecipare a quello che solo in seguito sarebbe stato chiamato il rito anglicano, e questo ben prima che qualsiasi direttiva da Roma affermasse che il nuovo servizio era “la progenie dello scisma, il segno dell’odio della Chiesa” e che parteciparvi era “gravemente peccaminoso” (William Lilly, England Since the Reformation)».
Scrive Kwasniewski: «Proprio come i governanti secolari non hanno un’autorità che può prevaricare l’esercizio della ragione da parte di un cittadino e la voce della sua coscienza, così anche nel regno della grazia i governanti ecclesiastici non hanno un’autorità che possa semplicemente spegnere la ragione del credente ed eliminare la sua responsabilità davanti a Dio».
Il cardinale Newman osservò che durante la crisi ariana del quarto secolo il dogma della divinità di Nostro Signore fu testimoniato e preservato molto più dai fedeli che dalla Ecclesia docens. Infatti, mentre l’episcopato era infedele al suo incarico, i laici rimasero fedeli al loro battesimo.
Oggi, dunque, «un vero appello alla coscienza può e deve essere fatto dai cattolici che vedono che i beni vitali vengono loro sottratti con violenza». E tutto ciò significa «essere giustamente tradizionali, conoscendo e testimoniando il valore perenne di ciò che è stato amato e venerato prima di noi ed è stato sempre tramandato con incrollabile fedeltà».
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