Le monache di Siria: “Fermate le sanzioni subito!”
di Rita Bettaglio
Le monache trappiste sono in Siria da diciotto anni. Nel 2005 partirono dalla Trappa di Valserena, in provincia di Pisa, per raccogliere l’eredità spirituale dei confratelli di Tibhirine (Algeria), trucidati nel 1996 e beatificati nel 2018 con altri dodici martiri d’Algeria.
Leggiamo tutto questo in un recente articolo di suor Veronica comparso sul sito della Fondazione Monasteri, di cui è presidente la badessa del monastero trappista di Valserena.
Si tratta di cinque monache di clausura che, con impegno e perseveranza, hanno costruito un “monastero di pietra e di spirito” ad Azer, nella provincia di Homs, zona rurale al confine col Nord del Libano. Ogni giorno esse rendono testimonianza dell’amore di Dio “vivendo la Regola di san Benedetto in un contesto in cui i cristiani sono minoranza”.
Cos’hanno trovato le monache al loro arrivo in Siria nel 2005? “Al loro arrivo le Sorelle sono state accolte da un Paese in piena crescita, con contraddizioni, ma anche ricchezze culturali, religiose, umane, spirituali. C’era tolleranza. Una capacità di stare insieme nella diversità, cosa che la guerra ha cercato di spezzare in ogni modo”.
Piena crescita, tolleranza: una Siria che i media occidentali non ci hanno mai raccontato. Perché?
“In Occidente non è mai stato facile capire il conflitto siriano, tra informazioni montate ad arte e un arcipelago d’interessi in gioco”, racconta suor Veronica, che ha vissuto in prima persona la realtà della Siria.
Continua: “La guerra è stata orchestrata a tavolino e strumentalizzata da poteri regionali e internazionali, per interessi economici e geopolitici”.
La guerra ha spazzato via il clima di tolleranza, ha deturpato il volto dell’antichissima terra di Siria e della sua gente: “Ci ritroviamo ad assistere a un martirio senza fine, fatto oggi di sanzioni, furti e soprusi che generano una povertà sempre più nera”, conclude la monaca.
Una guerra sporca, intrisa di menzogne e di armi straniere. “Per anni le Sorelle hanno passato le notti in dormiveglia, attente ai movimenti dei mercenari che entravano dal Libano”.
E ora il terremoto, terribile, devastante. Nel deserto della povertà, causata da dodici anni di sanzioni internazionale, la terra ha tremato, quasi volesse scuotersi violentemente il giogo di tanta sofferenza.
Il monastero intitolato a Nostra Signora fonte della pace, la cui costruzione procede grazie alla generosità di numerosi benefattori, è rimasto in piedi.
La gente accorreva al monastero, in cerca di pace e di Dio. “Si percepisce in Siria, tra la gente, una sete spirituale profonda”, spiega suor Veronica.
Il terremoto ha devastato un paese già devastato dalla guerra e dalle sanzioni, ma non ha toccato i cuori di chi, nell’opulento occidente, continua ad infliggere alla popolazione siriana il giogo delle sanzioni economiche. Un paese dove si muore di fame, ma la cui gente vive tutto ciò con la dignità di chi abita un paese con millenni di storia, culla della civiltà mesopotamica. “Quei luoghi risuonano di echi profondi, di una storia antica. E inserirsi in questa Grazia lo considerano un privilegio e un onore. E inserirsi in questa Grazia lo considerano un privilegio e un onore”, conferma suor Veronica, con parole che tradiscono un grande amore per quella terra e la sua gente.
La voce delle trappiste, che notte e giorno si eleva al cielo nel canto dell’Ufficio divino, ora si fa sentire anche sulla terra.
“Ci uniamo”, affermano le suore con la loro superiora, madre Marta, “all’appello di padre Bahjat parroco di Aleppo, di tanti altri, ripetiamo le parole che spesso anche noi abbiamo pronunciato e scritto senza che nulla cambiasse: ora si devono togliere le sanzioni alla Siria! Adesso! Subito!”.
Subito, perché è ora il momento favorevole, dice san Paolo, l’ora della salvezza che è offerta a tutti coloro che si pentono, chiedono perdono e riparano al male fatto.
Racconta madre Marta: “Un amico di Aleppo, venuto a stare da noi perché la sua casa è inagibile, ci diceva ieri: che almeno tutto questo serva a riavvicinare la gente a Dio! Se la fede è debole, le persone si allontaneranno ancora di più dal vero bene. Ma se almeno tutto questo servisse a riportarci a Dio!”.
Riportarci a Dio: le parole di fede di quest’uomo di Aleppo, dopo tutte le privazioni di questi dodici anni, è una lezione che accogliamo e facciamo nostre in questa Quaresima. Ma c’è chi non ha parole di fede, né di verità, bensì vuoto cordoglio che lascia il tempo che trova.
Dice madre Marta: dove eravate in questi anni, voi che avreste potuto fare una grande differenza, quando giorno dopo giorno la nostra gente è arrivata letteralmente a morire di fame? Certo, non solo le sanzioni hanno portato a questo … Ma anche le sanzioni, e pesantemente.
Ci voleva tutto questo per far aprire gli occhi sulla tragedia siriana, di cui nessuno parlava più da tempo? “C’era già un terremoto, più silenzioso ma non meno devastante, che da anni scuoteva la vita e il futuro di questa gente”. Queste le parole sincere e pesanti come pietre, coraggiose e libere, di madre Marta e delle monache trappiste di Azer-Syria