Che cosa possono fare i vescovi per aggirare il rescritto sulla Messa tradizionale pur rimanendo dalla parte del diritto canonico? Un esempio geniale arriva dall’Illinois.
Thomas Paprocki, vescovo di Springfield, Illinois, ha anticipato la misura e, nel gennaio 2022, ha formalmente tolto alla chiesa del Sacro Cuore a Springfield, dove viene celebrata la Messa secondo l’usus antiquior, il titolo di parrocchia. Questione risolta: non è più necessario chiedere il permesso al Vaticano.
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di Carlos Esteban
L’ultimo colpo di scena contro la Messa tradizionale, il rescritto di Roche, ha colpito molti vescovi, specialmente negli Stati Uniti: non per un amore speciale nei riguardi della Tradizione liturgica, ma per l’intollerabile ingerenza in quella che finora è stata sempre loro competenza esclusiva. Alcuni, come il vescovo Paprocki, hanno reagito con astuzia e con la legge dalla loro parte. A gennaio, se ricordate, già crescevano voci secondo cui il Vaticano avrebbe messo nuovamente mano alle restrizioni sulla Messa Tradizionale, dato che molti vescovi, soprattutto negli Stati Uniti, erano restii nell’applicazione delle istruzioni vaticane.
Si diceva, ad esempio, che la Messa Tradizionale non sarebbe più stata celebrata nelle chiese parrocchiali senza il permesso di Roma, fermo restando che Roma avrebbe sistematicamente negato tale permesso. Così Thomas Paprocki, vescovo di Springfield, Illinois, ha anticipato la misura e, nel gennaio 2022, ha formalmente destituito la chiesa del Sacro Cuore a Springfield, dove viene celebrata a Messa secondo l’usus antiquior, del titolo di parrocchia. Questione risolta: non è più necessario chiedere il permesso a Roche.
Paprocki, che ha celebrato il rito tridentino in due chiese della sua diocesi, non vede nei suoi parrocchiani seguaci della Messa tradizionale nessuna di quelle tendenze dannose contrarie all’unità che vengono brandite nel motu proprio Traditiones custodes come scusa per accusare il rito millenario, e così ha dichiarato all’agenzia CNA: “Trovo che le persone siano molto docili agli insegnamenti della Chiesa e siano desiderose di seguire i suoi insegnamenti. Sono cattolici molto fedeli”.
Paprocki dubita anche che il rescritto risponda all’intenzione originale del Santo Padre espressa in Traditionis custodes, e ha osservato che l’iniziativa questa volta è stata del cardinale Roche, non del papa. Una cosa è Traditionis custodes, un motu proprio che come tale rappresenta un’iniziativa del pontefice, e un’altra cosa è una precisazione, la risposta a una richiesta avviata da un’altra persona, in questo caso dal cardinale Roche. “Non è stato il Santo Padre a prendere l’iniziativa”.
La lettera di accompagnamento del papa, sostiene Paprocki, suggeriva che la sua intenzione fosse quella di dare potere ai vescovi. In essa, il Papa dice ai vescovi che “spetta a voi autorizzare […] l’uso del Missale Romanum del 1962″ e “determinare caso per caso la realtà dei gruppi che celebrano con questo Missale Romanum“.
“Metto in dubbio la saggezza [del rescritto] dal punto di vista del principio di sussidiarietà”, dice il vescovo, aggiungendo che il principio di sussidiarietà richiede che queste decisioni siano prese “generalmente a livello locale”.
Fonte: infovaticana.com
Traduzione di blog.messainlatino.it