di Eusebio Episcopo
Un’immagine postata in rete dell’altare-meteorite della cattedrale di Alba, acconciato con panni etnici e con l’immancabile bandiera della pace in vista – e che gli albesi chiamano “il cioccolatino” – ha suscitato un certo clamore di commenti ma anche evidenziato una sensibilità più consapevole e reattiva rispetto allo scempio compiuto, a suo tempo, con caparbia volontà dal vescovo Sebastiano Dho (1935-2021), uno di quei presuli più ideologizzati e uno dei molti che si opposero a Summorum Pontificum con dichiarazioni pubbliche, quelle che oggi, a fronte di provvedimenti papali ben più gravi e incomprensibili, i vescovi per paura non hanno più il coraggio di fare.
L’immagine illustra bene ciò che i liturgisti intendono per «musealizzazione» degli antichi altari i quali, quando non possono essere distrutti, devono essere spogliati, nascosti e resi invisibili, non solo al fine di “obbedire” alle Soprintendenze – che peraltro lasciano fare – ma soprattutto per rendere evidente che essi erano il «prima» della Chiesa, quando regnava l’oscurantismo e i cristiani magari diventavano anche santi ma – ahimè – non erano ancora «adulti».
Nel caso di Alba, l’antico presbiterio sopraelevato sulla cripta è diventato così il proscenio per i cori e le orchestre e sugli scalini dello splendido altare barocco del SS. Sacramento è stato collocato un pesante arredo di sacrestia, trasformato in pseudo altare versus populum. Sempre meglio, comunque, del solito tavolino pieghevole.
Verrebbe da dire: povero don Giacomo Alberione (1884-1971) che in quel duomo, dove era cerimoniere, trascorse in adorazione, davanti a quell’altare, la notte tra il 1900 e il 1901 maturando la sua vocazione di apostolo della comunicazione.
Il “cioccolatino” che lo ha sostituito, sovrastato da una rete luminosa da discoteca, sembra ricordare l’irresistibile coppia di fruttaroli romani, interpretati da Alberto Sordi e Anna Longhi, obbligati dai figli intellettuali e modaioli alle “vacanze intelligenti” alla Biennale di Venezia, dove la moglie, sedutasi per una pausa su quella che non riconosce come opera d’arte, ma come una semplice sedia, viene scambiata per un’installazione della pop art.
Fonte: lospiffero.com