Elly Schlein, il disagio dei cattodem e l’entusiasmo dei preti á la page
di Eusebio Episcopo
Non è scopo di queste note occuparsi di politica, ma il risultato delle primarie per la segreteria del Pd, vinte da Elly Schlein, induce a qualche riflessione, non soltanto sulla presenza dei cattolici militanti in tale partito, ma anche sul significato che la Chiesa italiana – tutta schierata a sinistra – sembrerebbe attribuirgli. Chi ci sembra abbia colto il punto è stata Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia ed ex militante radicale, la quale indica, con un paradosso, i vincitori delle primarie del Pd in Pier Paolo Pasolini e Augusto Del Noce: «Non certo perché Elly Schlein incarni la visione anticonformista del primo o l’amara consapevolezza del secondo. Ma perché, al contrario, la sua vittoria rappresenta l’ultimo e probabilmente definitivo atto di quella trasformazione della sinistra che Pasolini temeva e Del Noce profetizzava. La trasformazione della sinistra, come partito o come ceto intellettuale di riferimento, nella casa liquida del “dirittismo” da Ztl, à la page nei grandi centri urbani, così distante non solo dall’idea di responsabilità, ma anche dai diritti autentici che discendono dalla centralità della persona. Così omologata e omologante da aver perso qualsiasi parentela con quel pensiero “irregolare” di cui Pasolini era espressione».
Ma mentre i cosiddetti “cattodem” manifestano quantomeno un certo disagio – si pensi agli ex parlamentari Stefano Lepri e Davide Gariglio, esclusi dall’assemblea nazionale, o a Giorgio Merlo che prende realisticamente atto della impraticabilità politica della cultura popolare nel nuovo Pd e si orienta al centro – sono invece i preti e i teologi (e questo è un altro paradosso) a guardare con simpatia al nuovo corso impersonato da Elly Schlein. Un esempio per tutti è don Duilio Albarello che, con la chiarezza e il coraggio di cui gli va dato atto, così scrive: «Mi pare lapalissiano che Elly Schlein sia la più credibile e la più attrezzata per presentarsi sulla scena politica come la “anti Meloni”. Forse la parola “opposizione” tornerà finalmente ad assumere un senso compiuto, dopo mesi di afonia, quasi sotto l’incantamento prodotto dalla corsa senza freni della principale esponente dello schieramento avversario. Non è più tempo di moderatismo, qualunque cosa significhi questo termine assai ambiguo, al limite della vacuità. Ci vuole piuttosto la radicalità degli ideali di fondo…».
Possiamo stare certi che il pensiero del teologo monregalese rispecchia quello di una non piccola maggioranza di docenti della facoltà teologica torinese, di vescovi e di preti, esponenti di quel pensiero evanescente – e a volte consenziente – su aborto e sui “nuovi diritti” e che sono diventati perciò insensibili alla gravità dei temi e della deriva in atto semplicemente perché nessuno nella Chiesa parla più con chiarezza dottrinale e allora tutto diventa fluido e possibile. Un tipico esempio è un’intervista rilasciata dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, pupillo di papa Francesco dove per il suo tenore, se non sapessimo che egli è un vescovo, penseremmo ad un capocorrente del Pd. Sua Eccellenza manifesta il suo entusiasmo per la vittoria di Elly Schlein e alla domanda se un cattolico possa avere qualche riserva sulla piena adesione del nuovo segretario al movimento Lgbt, risponde con una sorprendente arrendevolezza, dimentico del Magistero solenne della Chiesa: «Sono temi da affrontare. La sinistra, per trovare unità, ha bisogno di recuperare la capacità di ascoltare tutte le anime. Purtroppo, siamo abituati a continue scissioni perché ognuno radicalizza la sua posizione». Che sia alle viste, per il buon Lorefice, la tanto agognata porpora?
Fonte: lospiffero.com