Lettera / Perché solo nelle chiese italiane vige ancora il terrore?
Gentile Valli,
torno sull’argomento della reazione della Chiesa italiana di fronte alla pandemia.
Lavoro da tempo all’estero, ma ritorno frequentemente in Italia. Mi definisco senz’altro un “cattivo credente”, ma cerco di fare del mio meglio andando a messa e pregando ogni volta che posso. Conscio della mia debolezza, mi pongo però spesso delle domande, che condivido con mia moglie, per me continua fonte di sostegno e conforto.
Negli ultimi tempi, molte delle mie domande si concentrano sulla Chiesa italiana: non riesco a darmi una risposta sul perché si sia ridotta così.
Ecco le mie domande.
Perché le chiese sono ancora tappezzate di divieti o moniti che riguardano il sedersi, il bagnarsi le mani nell’acquasantiera, l’inginocchiarsi, lo stringersi la mano? Come ho detto, lavoro all’estero e dove mi trovo – Europa centrale – tutte le chiese hanno rimosso ogni riferimento alla pandemia. Non vedo nessuno che mi adocchia con sospetto quando mi genufletto facendomi il segno della croce. Non ci sono zelanti “operatori religiosi” (si dirà così?) a regolare il traffico in chiesa prima o dopo la messa. Come mai in Italia siamo ancora a questo punto?
Perché i sacerdoti in Italia – e soprattutto a Roma – quando arrivano all’altare per dire messa sembrano più chirurghi che pastori, bardati di mascherina e guanti azzurrini? Che messaggio vogliono trasmettere, se ne hanno uno? Un messaggio di paura, di sconforto e abbandono, proprio nel momento fondamentale della settimana in cui il fedele vuole alimentarsi di forza e speranza. E la dose di paura raddoppia nel momento in cui sciaguratamente si ripete “Padre nostro, non abbandonarci alla tentazione”! Ma quando mai un Padre vorrebbe abbandonare un figlio?
Perché tanta sfiducia e cattiveria? Perché tanto ossequio a normative inutili oltre che superate? Al punto da arrivare a dover “patteggiare” preventivamente la modalità di assunzione del sacramento della Comunione, come ho letto sul suo sito.
Perché diffondere sospetto e diffidenza, nel negare ormai anche lo scambiarsi di un normale segno di pace. Ora si rimane rigidi, ognuno chiuso nel proprio bozzolo di solitudine. Quanto si è lontani dall’elevarsi in silenzio e raccoglimento durante la messa vetus ordo!
Perché proprio in Italia siamo a questo punto? Quali sono gli obiettivi di Conferenza episcopale italiana e vescovi nell’impartire – immagino anche con il timore – ai sacerdoti istruzioni tanto dure? E perché i sacerdoti non fanno domande, non ascoltano i fedeli, non si guardano intorno?
Ultima domanda, la più sgradevole: perché i fedeli italiani si adeguano, abbozzano e si rassegnano a frequentare messe insulse e algide come riti protestanti? Sul clero non mi pronuncio – ancor meno sulla sua attuale guida – ma sui fedeli mi sono fatto l’idea che forse a noi italiani, nel nostro disperato individualismo, piace essere formalmente a posto con quanto il potere impone, cercando anzi di fare con zelo qualcosa di più, a patto che poi non ci si molesti sulle cose che di più ci interessano. Il nostro è uno scenario triste e meschino, che non riscontro in altri Paesi europei. .
Grazie per l’ospitalità e congratulazioni per quanto sta facendo con il suo indispensabile sito Duc in altum.
M. E. M.