Domenica 19 marzo. Vado alla Messa domenicale, novus ordo. Se potessi andrei alla Messa vetus ordo, ma è lontana e io ho mal di schiena e un ginocchio malandato. E poi, a dirla tutta, non voglio arrendermi all’idea di dover abbandonare la mia chiesa parrocchiale.
Entro chiedendo al Signore: “Fa’ che non mi inquieti”. Ma i tanti fedeli mascherati già mi mettono di cattivo umore.
Poi arriva il sacerdote e anche lui è mascherato. E per tutta la celebrazione non toglierà mai la pezza nera sul volto, e più volte farà uso del gel disinfettante il cui contenitore troneggia sull’altare.
L’inquietudine sale. Tanto più che nella seconda lettera di san Paolo ai Corinzi, l’epistola di oggi nel rito ambrosiano, viene proclamato: “Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore”.
“A viso scoperto”. Parole giuste al momento giusto. Ma il celebrante e gli altri mascherati non sembrano farci caso.
Poi arriva l’omelia, dedicata al brano evangelico del cieco nato. Un brano che ogni volta mi commuove ma questa volta, dopo quanto abbiamo vissuto a causa del terrore pandemico, mi parla ancora di più al cuore.
Non riesco a non pensare al cieco al quale Gesù ha ridonato la vista come ai tanti di noi che per essersi ribellati alla narrativa del terrore e all’obbligo di inocularsi il siero sono stati estromessi dal consesso sociale e abbandonati da tutti. I Giudei del nostro tempo lo hanno stabilito: “Se non ti vaccini, ti ammali e muori. Vaccinarsi è un atto d’amore. Se non fai come diciamo noi, fuori dalla sinagoga!”.
Proprio com’è successo a tanti di noi, anche il cieco nato al quale il Signore ha donato la vista è abbandonato persino da chi dovrebbe essergli più vicino, perfino dai genitori. Infatti, incalzati e intimoriti dai Giudei, essi si limitano a dire: “Ha l’età, chiedetelo a lui”. E “lo dissero poiché avevano paura”.
Quanti motivi di riflessione! Ma il prete mascherato che dice? Dice che oltre alla pandemia e alla guerra in Ucraina ci sono anche cose belle a cui guardare e quindi non dobbiamo essere ciechi. Stop. Poi va all’altare, si cosparge le mani di gel e le sfrega ben bene. E così farà di nuovo, più volte.
Sto per uscire dalla chiesa. Guardo il crocifisso che conosco così bene, fin da bambino, e assomiglia a quello con cui parlava don Camillo. Gli dico: “Signore mio, che tristezza! La tua casa! Com’è ridotta. Ma non ti lascerò solo. Qui sono stato battezzato, qui ho fatto la prima confessione e la prima Comunione, qui ho ricevuto la Cresima. No, non ti abbandono”.
Lo saluto con una genuflessione. Prima di fare il segno della croce, intingo le dita nell’acqua santa, ma non trovo acqua. L’acquasantiera è secca. Il contenitore del disinfettante invece è bello pieno.
Ecco, anche stavolta mi sono inquietato.
A.M.V.