Dibattito / Su Mosca, la propaganda e noi

di Fabio Battiston

Avrei voluto rispondere a stretto giro di posta al contributo di Andrea Colombo sul conflitto russo-ucraino, pubblicato su Duc in altum il 19 marzo. Non l’ho fatto e forse è stato meglio così. Ho avuto la possibilità di evitare quelle reazioni a caldo che talvolta mi fanno andare un po’ sopra le righe. Eh già, perché così come il signor Andrea è rimasto allibito leggendo il messaggio che monsignor Viganò ha indirizzato all’associazione dei russofili, mettendo in campo il peggio della propaganda che Mosca sta diffondendo, con una certa presa nel nostro Paese, da diversi decenni”, così io sono rimasto letteralmente basito leggendo diverse sue considerazioni.

Dovrei e potrei ribattere, punto per punto, alle posizioni – rispettabilissime ma, dal mio punto di vista, quasi mai condivisibili – espresse dal signor Colombo. Mi limito a quelle che ritengo più significative, avendo l’obiettivo di contribuire a un dibattito non sterile ma fruttuoso per chi vi partecipa. Per questo ringrazio il signor Andrea per aver dato modo di aprire un confronto che potrà anche essere aspro ma, comunque, sempre improntato al massimo rispetto.

Inizio dalla dichiarazione, già riportata nell’incipit di questo mio contributo, in cui il signor Andrea fa esplicito riferimento alla propaganda che Mosca sta diffondendo, con una certa presa nel nostro Paese, da diversi decenni”. Non sono un giornalista, un saggista né, tantomeno, un addetto ai lavori della comunicazione massmediale. Nondimeno mi ritengo un cittadino consapevole, da sempre attento a ciò che mi circonda e con una naturale predisposizione ad annusare i pericoli di un’informazione pilotata (o peggio, deviata) a vantaggio di interessi economici, politici, sanitari e sociali. Ebbene, pur sforzandomi, non riesco proprio a riconoscere nel panorama informativo nazionale una qualche forma di reale e diffusa propaganda che Mosca sta da anni pervasivamente ed efficacemente diffondendo. Limitandoci a esaminare la realtà degli ultimi anni, vorrei che qualcuno fosse in grado di indicarmi solo una testata informativa massmediale di qualche rilevanza (quotidiani, periodici, agenzie tv, radio, web, ecc.) che sia stata in grado di orientare in modo significativo l’audience nazionale in favore di Putin, della Russia e, men che mai, di un loro ruolo positivo in questa guerra. Se poi, per il signor Colombo, Russia Today – visibile sulla piattaforma Rumble – i pronunciamenti di monsignor Viganò veicolati da pochi blog cattolici, la linea editoriale espressa dalla benemerita Byoblu (che peraltro rischia la chiusura per mancanza di fondi) oppure gli articoli tradotti in italiano della rivista culturale Octagon possano considerarsi i formidabili e potenti strumenti della propaganda putiniana in Italia ed in Europa, allora mi arrendo. Non parliamo poi dei cosiddetti opinion leaders o maître à penser, italiani e internazionali. Al netto di Alessandro Orsini (chiamato in tv soprattutto per essere dileggiato e insultato) e dell’eroe Tony Capuozzo (da tempo messo in naftalina) mi pare che l’orizzonte sia tristemente deserto. Comunque, anche in questo caso attendo dei nomi poderosi; se ne esistono (ma di quelli veri, s’intende) sono pronto a fare ammenda. Chiudo questa prima parte di contro-considerazioni, dedicato alla comunicazione, citando un altro passo del contributo del signor Andrea: “In troppi, sui social, in tv, financo in quei canali che negli anni scorsi hanno combattuto la sacrosanta battaglia contro la dittatura sanitaria, si lanciano in giudizi, proclamano certezze, salutano Putin come il grande condottiero che salverà le sorti del nostro malato Occidente. E lo fanno senza conoscere la storia di quelle terre, senza esserci mai stati, seduti comodamente davanti a un pc o in un salotto televisivo”. Sulla prima parte della frase mi pongo una domanda; scusi signor Andrea (lo dico senza volerle mancare di rispetto), ma da quale pianeta proviene? Ma dove stanno i “troppi” che, nella comunicazione, salutano Putin grande condottiero? Le reti unificate Rai e Fininvest forse? La7 e la galassia informativa Sky? TV2000? O forse lei si riferisce a Repubblica, Corsera, La Stampa, Il Giornale, Liberoquotidiano, Il Tempo, Avvenire o il Messaggero? Ah ecco, parliamo dell’Ansa e dell’Agi, vero? Credo di averle citato – tra TV, radio, carta e web – oltre il 90% della fruizione informativa nazionale. L’altro dieci per cento fa televendite e musica da strapazzo. Desidero poi commentare l’ultima parte di quanto ho soprariportato e che, sinceramente, trovo leggermente offensiva. Come si può affermare che i pochi o i molti che sostengono posizioni diverse sull’Ucraina lo fanno senza esserci mai stati e – conseguentemente – senza conoscere la realtà? Assumere questo come vero è come dire che può argomentare sulla piaga della tossicodipendenza solo chi si è materialmente fatto una siringa o ha annusato della cocaina. Nessuno può mettere in dubbio l’esperienza e le conoscenze da lei accumulate durante il suo soggiorno ucraino; la prego quindi di dare agio a chi le scrive (e a tutti gli altri che sostengono posizioni alternative) della capacità di formulare ragionamenti altrettanto rispettabili, senza aver mai toccato con mano quella realtà.

Passo ora a una seconda considerazione del signor Colombo, che ritengo particolarmente significativa per la sua gravità: “La guerra tra Ucraina e Russia non è la mia guerra e soprattutto non è una ‘guerra per la democrazia’ come vanno blaterando i media nostrani”. Qui la mia contrarietà è assoluta; cercherò ora di fornirne le motivazioni. Anzitutto vi è una questione direi elementare. Come possiamo considerare non nostra una guerra che si combatte, ferocemente, a poco più di trenta ore d’automobile da noi? In un’Europa che la martellante propaganda bruxellese (quella sì) ci obbliga da decenni a considerare come la nostra casa comune? Che vede i contendenti essere nazioni cristiane? Aggiungo a questo un ulteriore elemento. Se non fosse “anche” la nostra guerra, come mai essa viene combattuta per procura (che è il modo più vile e ignobile di partecipare a un conflitto) da tutto l’Occidente che vi impegna ingenti risorse finanziarie, militari e politiche? E da quale motivazione dovrebbe scaturire tale nostra fattiva partecipazione se non dall’ennesimo coinvolgimento dell’onnipresente democrazia? Un bene che, anni fa, era portato come regalo alle nazioni mediorientali oggi è un valore da difendere a spada tratta per il “libero” popolo ucraino. È evidente che questo mio discorso contiene una buona dose d’ironia. Difendere la democrazia, per l’Occidente, significa una cosa sola: salvaguardare a ogni costo e poi esportare in tutto l’est continentale quello stile di vita” di più, quella Weltanschauung fatta di modelli sociali, economici ed etici sostanzialmente disvaloriali (perdita di qualunque identità culturale, liberismo senza regole, aborto, eutanasia, eugenetica, LGBYQ%&++YZ, diritti innaturali, sincretismo religioso, ecc.). E a proposito di aborto e diritti innaturali, credo sia importante sottolineare due aspetti. Dal 1993 in poi si sta assistendo in Russia a una progressiva e significativa riduzione degli aborti (erano a livelli da record mondiale nell’Urss comunista). A essa si va accompagnando una notevole azione legislativa tendente a restringere sempre più questo “diritto inalienabile della donna”, favorendo nel contempo una decisa promozione di politiche finalizzate a scoraggiare le scelte abortive a vantaggio di una procreazione sempre più tutelata e incentivata. Non è secondario segnalare come tali nuove politiche si siano sviluppate con l’ascesa al potere di Putin. Il secondo aspetto riguarda lo scenario delle teorie gender e LGBT che vede oggi la Russia come forse l’ultimo baluardo contro il diffondersi di questa piaga. Basta dare un’occhiata, nemmeno troppo approfondita, a siti, organizzazioni e pubblicazioni arcobaleno per rendersi conto dell’odio che questi soggetti riversano sulla Russia e il suo leader.  L’Occidente – questo fetido Occidente le cui nazioni stanno mettendo nelle loro costituzioni il diritto all’aborto (cioè all’assassinio premeditato) – non può tollerare l’esistenza di un sì grande ostacolo ai suoi progetti di disfacimento della società tradizionale.

Terzo argomento. Il signor Colombo scrive: “Ma è un conflitto per la sopravvivenza di un popolo che da secoli è minacciato dal vicino orso russo”. Con tutto il rispetto, questa mi sembra un’affermazione a dir poco incauta. Già altri commenti su Duc in altum – mi riferisco ad esempio a quello del signor Grifone, pubblicato il 22 marzo – hanno accennato a quest’aspetto. Mi limito a suggerire la consultazione (problematica la lettura integrale, trattandosi di un ponderoso e complesso volume di 650 pagine) di un testo del professor Giovanni Codevilla dal titolo emblematico: Chiesa e impero in Russia: dalla Rus’ di Kiev alla Federazione Russa (Jaca Book, 2011). Codevilla è incontestabilmente tra i più importanti studiosi italiani di storia russa e anche dei plurisecolari rapporti delle chiese ortodosse con i poteri politici di quel paese. Egli, inoltre, non può certo essere accreditato come un sostenitore dell’attuale esecutivo russo né della sua politica. Di particolare interesse, per il tema lanciato dal signor Andrea Colombo, è la prima parte del libro. Da essa si potrà evincere quanto la relazione Russia-Ucraina sia ben più radicata, complessa e articolata rispetto a quella di una grande potenza che intende fagocitare la piccola nazione indifesa. Questa non è affatto la storia di Davide contro Golia. È un rapporto che, iniziato già nel IX secolo e proseguito sino a oggi, ha visto intrecciarsi, unirsi e talvolta scontrarsi chiesa e politica, fede e laicismo, identità e culture.

Proseguo le mie considerazioni legate a questo terzo argomento con alcune note dedicate all’Ucraina e alla sua storia più recente. Già chi mi ha preceduto nel dibattito ha avuto modo di segnalare, con ragione, che i presunti connotati democratici e liberali di questa nazione sono più apparenti che reali. Voglio aggiungere solo alcuni ulteriori elementi storici. Qui in Occidente si è spesso parlato – per denigrarla – della cosiddetta “denazificazione” che Vladimir Putin propone come una delle chiavi interpretative del suo intervento militare. Ebbene, si potrà condividere o meno questa posizione, ma alcuni elementi sono incontrovertibili. Che l’Ucraina sia stato, tra i paesi dell’Est, quello maggiormente simpatizzante con il Terzo Reich è fatto storicamente acclarato. Si dirà che questo, ormai, appartiene al passato; analizziamo allora alcune realtà dell’Ucraina post-comunista. Questa nazione dal 1991 – anno della sua indipendenza da Mosca – non ha mai fatto i conti con la propria storia condannando o mettendo sotto accusa suoi cittadini implicati come collaborazionisti dei nazisti negli eccidi e nelle deportazioni (di ebrei ma non solo) che seguirono all’invasione tedesca del 1941. E che le maleodoranti istanze vicine al neonazismo siano presenti ancora oggi e nel recentissimo passato di questo paese lo testimoniano gli accadimenti che hanno caratterizzato la politica e la società ucraina in quest’inizio di XXI secolo. La guerra del Donbass, iniziata nel 2014 (e totalmente ignorata sia dalle “democrazie” europee che dagli Usa), sta drammaticamente a testimoniare le modalità con le quali i governi ucraini sono soliti trattare le questioni interne con le minoranze etniche. L’emblema di questo scenario può essere identificato in Stepan Bandera (1909 – 1959), un personaggio certamente controverso e di non facile inquadramento storico-politico ma che ebbe un indubbio ruolo come il più importante esponente del collaborazionismo ucraino con i nazisti. Ebbene, il signor Bandera è da sempre considerato nel suo paese un vero e proprio mito, tanto da meritarsi l’alta onorificenza di Eroe dell’Ucraina – Ordine della Stella d’Oro, riconfermata nel 2014 dall’allora presidente della Repubblica Petro Oleksijovyč Porošenko. Libertà e indipendenza, gentile signor Colombo, non sembrano le parole più adatte per definire la storia recente di questo paese.

Il quarto e ultimo argomento che intendo trattare si basa sulla parte della lettera nella quale il signor Andrea scrive di “vomitevole propaganda antiamericana e della Cina che tende a scalzare l’unica forza che si può opporre a tale incubo planetario: gli Stati Uniti d’America. E se proprio vogliamo guardare a un modello, all’estero, che potrebbe indicarci la via per una ritrovata libertà e dignità, guardiamo al governatore della Florida Ron DeSantis”. Mi pare di cogliere in queste righe un’incrollabile fiducia nella potenza d’oltre oceano. La capisco, signor Colombo. Io sono stato per decenni non solo uno strenuo difensore degli States ma un sincero ammiratore/sostenitore di ciò che gli Usa hanno sempre rappresentato sul piano politico, delle libertà individuali ed economiche e della promozione della persona in tutte le sue forme. Pensi che il viaggio più importante della mia vita è stato quello in Normandia. L’ho fatto col solo scopo di rendere omaggio ai soldati della 1^ e 29^ divisione americana sbarcati a Omaha Beach, ai paracadutisti dell’82^ aviotrasportata massacrati sulla piazza di Sainte-Mère-Église e alle altre migliaia di ragazzi uccisi dai tedeschi negli acquitrini e nel bocage normanno. Non sono mai stato un nemico dell’America, tutt’altro! Purtroppo molte cose sono cambiate in questi ultimi quindici anni. Dall’amministrazione Obama in poi ho assistito a una deriva, poi trasformatasi in una vera e propria valanga, nella quale le peggiori istanze del liberalismo radicale si sono diffuse con protervia e violenza nel tessuto sociale di quel grande paese. Il partito che fu di Andrew Jackson e dei suoi successori è oggi il mostruoso contenitore di una panoplia di disvalori che hanno rapidamente infettato anche l’Europa e l’Italia. Se per lei l’America del Mee Too, del Not in my name, del Woke, del Black Lives Matter e della Cancel culture (cioè quella sta dominando incontrastata) è l’unica forza che può opporsi all’incubo planetario cinese o russo, siamo su due strade che non s’incontreranno mai. Gli Usa di questi ultimi quindici anni, quegli stessi che si apprestano ad arrestare Donald Trump e che stanno trascinando il mondo verso un conflitto globale – essi, non la Russia! – sono il vero incubo di questo pianeta. Personalmente ritengo che stiano rapidamente avviandosi verso una seconda, sanguinosissima, guerra civile. Per quanto riguarda il suo auspicio riguardante Ron DeSantis, faccio sommessamente notare che le posizioni del probabile prossimo candidato GOP alle presidenziali sono molto distanti dall’approccio euroamericano al conflitto russo-ucraino, tant’è che proprio in queste settimane egli è al centro di roventi polemiche a causa dei suoi orientamenti decisamente anti interventisti e per nulla ostili alla Russia di Putin.

Concludo con una preoccupazione. Forse molti di noi non hanno ancora ben compreso cosa potrà accadere se Putin e la Russia dovessero perdere questa guerra, o meglio, se l’Occidente – questo stramaledetto e satanico Occidente – dovesse malauguratamente vincerla. Avremmo un mondo dominato da due “mostri”, alleati per succhiare ciò che resta di un’umanità ancora legata a una fede, a valori e a tradizioni identitarie. Il primo mostro: Usa-Canada-Europa (disvalori e anormalità al potere, pandemie programmate, tecnocrazia, assassinio indiscriminato di nascituri, ammalati e anziani, transgender, Cancel culture, scientismo, LGBTQI… e chi più ne ha più ne metta) con al guinzaglio la chiesetta, tutta fluid faith e sincretismo universale, del falso profeta argentino. Il secondo: il feticcio pechinese che integra il peggio (all’ennesima potenza) del capitalismo selvaggio occidentale con il comunismo più becero. Un feticcio giallo col quale gli sgherri al servizio del despota di Santa Marta, ricordiamolo, hanno già stipulato i loro fetidi accordi.

Oggi – purtroppo o per fortuna – è finito il tempo delle equidistanze. Non è più possibile fare zero a zero ed è necessario schierarsi. Pur essendo pienamente consapevole che tra i soggetti in gioco nessuno è perfetto, serenamente e convintamente ho deciso da tempo da che parte stare (e non è per puerile partigianeria o contrapposizione tra tifoserie, la prego di credere signor Andrea). Se l’Occidente vincerà questa fetida guerra che esso ha fortemente voluto e scientificamente innestato da trent’anni a questa parte, il sottoscritto cercherà di morire ancora cattolico, con la speranza che – alla fine – questa Chiesa me lo consentirà.

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L’articolo di Andrea Colombo al quale risponde Fabio Battiston si può leggere qui.

Sulla questione sono intervenuti in seguito Mario Grifone e Maurizio Nicolin, qui.

 

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