Tre anni fa / Così in quella notte di paura Johnson mise i britannici in modalità panico
di Laura Dodsworth
Sono passati tre anni dal discorso con cui Boris Johnson ordinò ai britannici di rimanere a casa causa Covid.
“Il coronavirus è la più grande minaccia che questo Paese abbia affrontato da decenni. In tutto il mondo stiamo vedendo l’impatto devastante di questo killer invisibile. Da questa sera devo dare al popolo britannico un’istruzione molto semplice: dovete restare a casa!”. Così disse alla nazione Boris Johnson, il 23 marzo 2020.
Mentre ascoltavo il discorso, iniziai a osservare il suo linguaggio del corpo. Perché stringeva i pugni così forte? Perché un discorso così concitato? Qualcosa mi sembrava fuori posto e mi fece scattare un campanello d’allarme. In seguito ho ripensato alla mia reazione. Fino a quel momento non ero stata spaventata in modo irragionevole dal virus, quindi perché adesso il discorso del premier mi spaventava?
Come molti altri, ho fatto del mio meglio per qualificarmi come virologo da poltrona entro la metà di marzo 2020. Mi sono sciroppata articoli e video di YouTube sui virus, su Wuhan e compagnia. Ho quindi capito che, sebbene si trattasse di un virus letale e cattivo, e ancora sconosciuto, si sarebbe inevitabilmente comportato come tutti gli altri virus respiratori che l’hanno preceduto. Perché non avrebbe dovuto?
Uno dei motivi per cui il discorso di Boris Johnson mi allarmò fu che temevo che la risposta fosse sproporzionata. Mai prima d’ora avevamo messo in quarantena i sani. Stavamo imitando la risposta al virus della Cina totalitaria. Quanto mi avevano fatto pena i poveri cinesi sigillati nelle loro case! La mia mente andò velocemente alle peggiori conseguenze economiche e sociali possibili. Mi chiesi: in questo caso il principio di precauzione dovrebbe imporre il blocco – un metodo non provato per cercare di controllare un virus – o è più prudente seguire i protocolli ben collaudati sulle pandemie, che non hanno mai raccomandato il lockdown?
Devo riconoscere la mia paura: non ne sono affatto immune. Anzi, dubito che avrei voluto scrivere questo libro se non avessi sentito anch’io i brividi della paura. Ma fin dalla prima notte in cui ci fu detto di chiuderci in casa, mi resi conto di essere più spaventata dall’autoritarismo che dalla morte, e più dalla manipolazione che dalla malattia.
Cosa c’era di strano nel discorso di Boris Johnson? Johnson di solito recita la parte del buffone simpatico. Ci si aspetterebbe che un discorso così importante fosse stato provato, ma quella volta sembrò troppo artificioso e diverso dalla sua normale interpretazione. Era controllato, severo e, a un livello difficile da individuare, non sembrava autentico.
Chiesi dunque a due esperti di aiutarmi a decodificare il linguaggio del corpo e il modo di parlare di Johnson.
Naomi Murphy, una psicologa clinica e forense che ha lavorato per molti anni in carceri di massima sicurezza, spesso con persone che non sempre dicono la verità, fece eco alla mia reazione: “Le sue parole e alcuni aspetti del linguaggio del corpo trasmettono un messaggio, ma se ne percepisce un altro, e questo fa scattare un campanello d’allarme. Non sembra autentico”. Disse che in alcuni momenti Johnson dava un messaggio con la testa e con le mani, muovendo la testa in avanti e gesticolando, ma il suo corpo era trattenuto, il che suggeriva che personalmente non credeva alle sue stesse parole.
Neil Shah, fondatore della Stress Management Society e dell’International Wellbeing Insights, ha tenuto corsi di formazione sulla leadership che includono la lettura della comunicazione non verbale. Anche con lui ho esaminato il video del discorso su YouTube, in modo che potesse analizzarlo.
“Dopo ventisei secondi, nelle sue dita si vede la tensione”, commentò Shah. “Sta stringendo così forte che le nocche diventano bianche”. Johnson era ingobbito e piegato in avanti come se si stesse aggrappando alla vita.
Che cosa significa quando qualcuno stringe i pugni così forte? Può essere per mettere enfasi oppure può essere un gesto aggressivo, ma in questo caso, spiegò Shah, “sembra piuttosto un bambino che fa i capricci. Il modo in cui stringe i pugni verso di noi mostra tensione”.
Johnson fece anche un sorriso pieno di imbarazzo quando parlò di conformità, e Shah commentò: “Ha un che di minaccioso. Noi spesso sorridiamo quando le cose sono divertenti, ma anche quando siamo nervosi. Quando ha detto che nessun primo ministro avrebbe voluto fare ciò che lui stava facendo uno sguardo grave si sarebbe adattato meglio alla situazione, piuttosto che un sorriso macabro”.
Come Murphy, anche Shah concluse che il primo ministro non credesse a tutto quello che stava dicendo: “Non sembra esserci congruenza tra le sue parole e il suo linguaggio del corpo. Ciò suggerisce che non sta parlando con il cuore e che non crede a ciò che dice”.
Entrambi gli esperti ritennero che il linguaggio del corpo di Johnson fosse più coerente con le parole quando parlava dell’impatto sul servizio sanitario nazionale, mentre era incongruente quando voleva essere più autoritario. Gli occhi non mentono mai, si dice, anche quando lo fa la bocca, e queste conversazioni con Murphy e Shah mi dimostrarono che nemmeno il linguaggio del corpo lo fa. Il primo ministro della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord probabilmente fu istruito professionalmente sul modo in cui tenere il discorso della sua vita, ma il corpo tradì emozioni e conflitti che non poté nascondere.
Senza parlarsi, entrambi gli esperti giunsero a conclusioni concordi facendo analogie sorprendenti. Murphy paragonò il discorso di Johnson a “un discorso da ostaggio forzato”. Shah mi chiese se vedevo la somiglianza con l’episodio di Black Mirror (la serie televisiva distopica britannica di fantascienza) in cui il primo ministro deve essere filmato in diretta televisiva mentre fa sesso con un maiale. Capii che cosa intendessero entrambi.
Il senno di poi fornisce un altro livello di analisi. Sappiamo che il contenuto del messaggio non era vero. Il motivo per cui fummo chiusi in casa era apparentemente quello di appiattire la curva. Ora sappiamo che la curva si sarebbe appiattita comunque, indipendentemente dal lockdown, poiché i decessi raggiunsero il picco l’8 aprile, il che significa che le infezioni raggiunsero il picco prima del lockdown.
Quando Johnson ci disse che avrebbe chiuso il Paese per tre settimane, l’autenticità del suo linguaggio corporeo si interruppe, il suo linguaggio e la sua postura furono forzati e aggressivi. Le parole di Johnson erano finalizzate a richiamare alla mente la paura e la morte: “assassino invisibile”, “si perderanno delle vite”, “funerali”, e così via. Ci disse anche che eravamo “arruolati”: un linguaggio bellico molto specifico, che evoca lo spirito del blitz, ma anche una manipolazione emotiva.
Shah mi fece notare che non ci fu data la possibilità di scegliere. Eravamo stati arruolati? In realtà, non ci fu spazio per gli obiettori di coscienza, quindi direi che fummo pressati.
Io e i miei esperti abbiamo trovato difficile rivedere il video. Con il passare del tempo, l’esibizione si fa più stridente e le parole acquistano un sapore amaro. In definitiva, sia che si creda che Johnson abbia fatto il discorso più sincero e onesto della sua vita, sia che si ritenga che sia stato istruito in un certo modo e abbia esagerato, sia che si pensi che ci abbia ingannato, fu un discorso spaventoso. Le sue parole diedero il tono alle tre settimane successive e rimasero nell’aria per molti mesi. Come mi disse Murphy, “non si può sottovalutare la quantità di imprinting che questo discorso avrebbe creato”.
Johnson quella sera diffuse una certa quantità di paura, proprio come un virus trasmesso per via aerea, e noi l’abbiamo assorbita, in un modo o nell’altro. Forse avete creduto a ogni parola e avete pensato a una pandemia apocalittica che avrebbe messo in ginocchio la società. Forse sospettavate le motivazioni dietro l’inautenticità, forse temevate che ci fosse un’agenda che avrebbe messo in ginocchio la società. Ma il fatto è che tutto fu spaventoso.
Ci venne detto che avremmo dovuto seguire le regole per “salvare molte migliaia di vite”. Le minacce costellarono l’ultima parte del discorso di Johnson. La polizia avrebbe avuto il potere di far rispettare le regole. Noi dovevamo solo seguire le regole. La minaccia di sanzioni è sempre pensata per spaventarci.
Quando siamo in modalità panico, il nostro corpo dirige meno sangue al cervello e più agli arti, in modo da essere in grado di combattere o scappare, a seconda delle necessità. Di conseguenza, quando siamo minacciati il cervello ha bisogno di scorciatoie. Siamo ancora più stimolati ad ascoltare i comandi e a obbedire per sopravvivere.
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Da: Laura Dodsworth, A State of Fear. How the UK Government Weaponised Fear During the Covid-19 Pandemic, Pinter & Martin