di Aurelio Porfiri
Il mio recente articolo sulle prerogative del Primato del Sommo Pontefice [qui] ha suscitato un’interessante critica da parte di un lettore, Antonio Polazzo [qui], che mi invita a rimeditare alcune cose che ho scritto. Lo ringrazio per le osservazioni garbate e articolate a cui cerco di rispondere.
Innanzitutto credo che il gentile lettore abbia mancato un punto importante del mio articolo, e cioè che la mia valutazione partiva dalla serie televisiva a cui avevo assistito e faceva vedere a quale abisso di manipolazione si può giungere per “motivi religiosi”. Nel frattempo ne ho vista un’altra, che riguarda la tragedia di Waco in Texas accaduta esattamente trent’anni fa.
Ciò che volevo dimostrare è che noi avremmo gli strumenti per impedire una eventuale papolatria. Io non ho mai voluto dissociare il Papa da Cristo, come mi sembra si adombri nella critica al mio articolo. Ho detto che il Papa rappresenta Cristo e ha un senso fino a che svolge questo compito e non viene sostituito a Lui. Così va letta la mia osservazione sul Tu es Petrus, in cui certamente Gesù garantisce un posto speciale vicino a Dio ma dicendo chiaramente che la Chiesa è la sua e che solo in Lui essa ha un senso.
Per quanto riguarda i rinnegamenti di Pietro e la sua autorità pontificia vorrei citare un testo di san Giovanni Bosco:
Gesù disse: sopra questa Pietra fonderà la mia chiesa: le quali parole vogliono dire: tu, o Pietro, sarai nella mia Chiesa quello che in una casa è il fondamento. Il fondamento è la parte principale della casa affatto indispensabile. Tu, o Pietro, sarai un’autorità nella mia Chiesa affatto necessaria. Sul fondamento si fabbrica tutta la casa, affinché su di esso sostenendosi duri ferma ed immobile. Sopra di te, che io chiamo Pietro, come sopra di una pietra fermissima, per mia virtù eterna, io innalzo l’eterno edifizio della mia Chiesa la quale sopra di te appoggiata starà forte ed invitta contro a tutti gli assalti de’ suoi nemici. Non vi è casa senza fondamento, non vi è Chiesa senza di Pietro. Una casa senza fondamento, non è opera di un sapiente architetto. Una Chiesa separata da Pietro non potrà mai essere la mia Chiesa. Nella casa le parti che non poggiano sul fondamento cadono e vanno in rovina. Nella mia Chiesa chiunque si separa da Pietro precipita nell’errore e si perde. Le porte dell’inferno non mai vinceranno la mia chiesa: le porte dell’inferno, siccome spiegano i Ss. Padri, significano le eresie, gli eresiarchi, le persecuzioni, i pubblici scandali e generalmente tutti i peccati e i disordini che il demonio cerca di far nascere nella Chiesa: le quali cose potranno bensì muovere aspra guerra alla Chiesa, e turbarne lo spirito pacifico, ma non la potranno mai vincere. Finalmente dice Cristo: e ti darò le chiavi del regno de’ cieli. Le chiavi sono il simbolo della potestà. Quando si presentano le chiavi di una città ad un re si vuole significare, che quella città lo riconosce per suo signore. Così le chiavi del regno de’ cieli, cioè della Chiesa, date a Pietro, dimostrano che esso è fatto principe e governatore supremo della Chiesa. Laonde G. C. soggiunge a Pietro: e tutto quello che legherai sulla terra, sarà altresì legato ne’ cieli, e tutto quello, che scioglierai in terra, sarà pure sciolto in cielo. Le quali parole indicano manifestamente, l’autorità suprema data a Pietro, autorità di obbligare la coscienza degli uomini con decreti e leggi in ordine al loro bene spirituale ed eterno, e l’autorità di scioglierli dai peccati e dalle pene che impediscono lo stesso bene spirituale ed eterno.
Nel fatto, che qui abbiamo esposto, il divin Salvatore promette di voler costituire S. Pietro capo supremo della sua Chiesa, e gli spiega la grandezza di sua autorità: noi vedremo il compimento di questa promessa dopo la sua risurrezione.
Quindi, secondo san Giovanni Bosco, nel momento in cui il Signore pronuncia le parole Pietro riceve l’autorità suprema. Malgrado ciò, Pietro lo rinnega.
San Giovanni Paolo II disse nel 1992:
Pietro non è stato preservato dal rinnegamento, ma, dopo aver fatto l’esperienza della propria debolezza, egli è stato confermato nella fede, in virtù della preghiera di Gesù, al fine di poter adempiere alla missione di confermare i suoi fratelli. Questa missione non si può spiegare in base a considerazioni puramente umane. L’apostolo Pietro, che si distingue come il solo che rinneghi – tre volte! – il suo Maestro, è sempre l’eletto di Gesù, l’incaricato di fortificare i suoi compagni. Le pretese umane di fedeltà professate da Pietro vengono deluse, ma la grazia trionfa. L’esperienza della caduta serve a Pietro per imparare che non può riporre la sua fiducia nelle proprie forze e in qualsiasi altro fattore umano, ma unicamente in Cristo. Serve anche a noi per indurci a vedere nella luce della grazia l’elezione, la missione e lo stesso potere di Pietro. Ciò che Gesù gli promette e gli affida viene dal Cielo, e appartiene – deve appartenere – al Regno dei cieli.
Quindi anche Giovanni Paolo II legge il rinnegamento alla luce di elezione, missione e potere di Pietro e quindi dei suoi successori.
Io ho affermato che i titoli che spesso sono attribuiti alla funzione del Papa sono per lui prima di tutto un richiamo al sic transit gloria mundi. Poi sappiamo che i pronunciamenti del Papa sono infallibili solo a determinate condizioni. Gli altri pronunciamenti richiedono un devoto ossequio. Tuttavia, specialmente quelli in materie non definitive possono essere discussi. E i Papi, come esseri umani, non sono esenti dalle nostre inadeguatezze.
Il lettore Polazzo dice che il passaggio di san Paolo in Galati è per assurdo, come qualcosa che non può accadere, e conclude il suo intervento in questo modo: “Il Papato è un tesoro preziosissimo. Anzi, è molto di più. Pietro è per volontà di Gesù Cristo la roccia sopra cui la Chiesa stessa è stata elevata e si regge. Senza il papato, dunque, la Chiesa non sarebbe come Dio l’ha fatta e come deve rimanere sino alla fine del mondo. Non bisogna avere alcun timore di conoscerne e difenderne la vera natura e le reali prerogative. Che sono grandissime. Ancor meno questo timore deve sussistere qualora per disgrazia sul trono di Pietro sieda chi non è un successore di Pietro, essendo proprio del papato un feroce nemico”.
Anche in questo caso devo comprendere queste affermazioni in senso paolino, e cioè per assurdo? Perché poco sopra, in parte citandomi, Polazzo aveva detto quanto segue: “Se siamo disposti a seguire un vero papa “nella misura in cui egli – nell’esercizio della sua alta funzione – ci porta a Cristo’ è evidente che non sarà mai il papa colui che seguiamo, ma noi stessi o qualcun altro che ci convince che il papa ci porta a Cristo”.
Potrei sbagliarmi, ma mi sembra che quanto lui dice possa essere applicato ai suoi interventi precedenti in cui giudica in modo molto negativo tutti gli ultimi Papi.