Lettera / Il conflitto in Ucraina e la trappola delle tifoserie
Gentilissimo Valli,
da assiduo lettore del suo blog ho seguito con attenzione il dibattito sulla guerra in Ucraina e vorrei esporre anch’io qualche considerazione sulla lettera [qui] di Andrea Colombo, pubblicata in Duc in altum il 19 marzo, i cui contenuti condivido fino a un certo punto. Capisco e apprezzo la vicinanza del signor Colombo al popolo ucraino, effetto anche di una positiva esperienza da lui vissuta in quel Paese. D’altronde chi non si commuoverebbe alla vista delle sofferenze che quel popolo sta patendo? Mi sembra tuttavia che il signor Colombo rischi di cadere nella “trappola delle tifoserie”, da lui stesso deprecata, quando demonizza senza attenuanti l’operato di Putin, caricando sul capo del Cremlino tutte le responsabilità della guerra in corso. Lo invito caldamente a leggere la chiara e documentatissima analisi delle cause del conflitto svolta da Michela Di Mieri e pubblicata su questo blog il 10 marzo [qui]: un’analisi che collima, nella sostanza e nelle conclusioni, con quelle di altri studiosi attenti a non cadere nella trappola suddetta.
Ora, mettendo da parte le cause politiche della guerra in corso, vorrei soffermarmi su alcuni altri passi della lettera del signor Colombo. Egli ricorda la “profonda devozione di quel popolo, che faceva lunghe file per confessarsi”. Questo almeno era quanto egli poteva constatare nel 2001, anno della sua visita al monastero di Leopoli. Sono anch’io convinto che a quel tempo la religiosità del popolo ucraino fosse ancora molto forte, quasi come quella dei vicini polacchi, e che da essa fosse dipesa la forza di coesione interna che quelle popolazioni avevano saputo mantenere sotto l’egemonia dell’Unione Sovietica. Ma è ancora tale oggi, a ventidue anni di distanza? Mi risulta che l’Ucraina sia l’unica nazione europea ad aver aperto un vero e proprio mercato di bambini, con tanto di pubblicità dell’utero in affitto, rassicurando tempestivamente i potenziali clienti sul fatto che le cliniche deputate alla maternità surrogata non sono state toccate dalla guerra e che gli ordini saranno evasi abbastanza regolarmente. Non ho notizia di scoppi di indignazione, proteste o cortei da parte dei cristiani ucraini di fronte a un simile abominio.
Mi risulta inoltre che, dopo i rumeni, gli ucraini forniscano il maggior numero di badanti al resto d’Europa e mi assale un dubbio: ma in Ucraina non ci sono anziani e disabili? E su quale assistenza possono contare, vista una simile fuga all’estero di persone idonee a prendersene cura? E ancora una volta mi domando: i cristiani di quel Paese non hanno nulla da obiettare?
Il signor Colombo ricorda poi che da parte russa vengono mandati al fronte “tagliagole islamici ceceni, mercenari della Wagner, avanzi di galera”. È vero. Ma, dalla parte opposta, gli ucraini schierano i battaglioni Azov e Svoboda, che si dichiarano apertamente seguaci di Stepan Bandera, filonazista e alleato di Hitler nella seconda guerra mondiale.
Quanto al demonizzato Putin, non mi nascondo certo le sue incoerenze. Riscosse tutta la mia ammirazione quando, anni fa, si dichiarò credente e, in particolare, devoto alla Vergine (attestò pubblicamente questa sua devozione in occasione della visita a papa Francesco) e quando, recentemente, ha denunciato la corruzione morale dell’Occidente, i cui centri di potere sono da lui accusati di essere asserviti al pensiero unico politicamente corretto, avverso alla famiglia e alla maternità. È però vero che, d’altra parte, Putin non ha saputo o voluto tenere a freno i rigurgiti nostalgici del comunismo, né impedire la massiccia ricomparsa di bandiere rosse con falce e martello o addirittura l’erezione di nuovi monumenti a Lenin e Stalin.
Altra considerazione, sul tema “due pesi, due misure”, circa la fiducia riposta dal signor Colombo nella politica degli Usa. È stato da poco spiccato contro Putin un mandato di cattura internazionale perché avrebbe deportato bambini ucraini al fine di rieducarli. Se la deportazione di bambini è una misura che mi indigna profondamente, mi indigna ancor di più, molto di più, l’uccisione di bambini nel seno delle loro madri, esserini innocenti del tutto incapaci di difendersi. Ma non mi aspetto un’analoga condanna nei confronti del sedicente cattolico Biden, imperterrito sostenitore e finanziatore di Planned Parenthood, il più imponente abortificio del mondo. Non me l’aspetto perché, per il suddetto pensiero unico, l’aborto è un diritto e quei poveri innocenti continueranno, a milioni, a essere risucchiati, maciullati ed espulsi dal ventre delle loro madri, per finire tra i rifiuti ospedalieri (consiglio vivamente la visione del film Unplanned).
In politica estera Biden vuol dare l’impressione di ergersi a difensore dei poveri ucraini contro l’orso russo; in realtà persegue solo l’obiettivo di conservare agli Usa il ruolo di incontrastata superpotenza egemone. Come dimostra con solidi argomenti Michela Di Mieri, il conflitto in corso “non è una guerra dell’Ucraina contro la Russia, ma una guerra della Nato contro la Russia per interposta Ucraina”. Anche papa Francesco l’ha riconosciuto quando ha denunciato l'”abbaiare della Nato alle porte della Russia”, che avrebbe scatenato la reazione di Putin; questo spiega, tra l’altro, la sostanziale equidistanza del pontefice tra le due parti in conflitto e la sua incessante esortazione a ricercare una soluzione pacifica.
Di uno stato che, anziché favorire negoziati di pace, continua a inviare armi agli ucraini (e anche l’Italia, ahimè, si è lasciata convincere a sostenere tale politica) io non mi fido per nulla. Sono nato poco dopo la guerra (1946) e fino alla presidenza Reagan sono stato un convinto sostenitore e ammiratore degli Stati Uniti, che consideravo un baluardo della libertà. Da allora la mia ammirazione è andata progressivamente scemando fino a ridursi praticamente a zero da quando gli Usa – nella loro parte democratica, ma non solo – sono diventati (in modo subdolo, non esplicito) fautori del cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, che minaccia di ridurci in schiavitù, dopo aver fatto a pezzi quei valori che il compianto papa Benedetto XVI aveva definito non negoziabili.
Tornando agli ucraini, faccio mio il dubbio del signor Colombo, che si chiede che cosa rimanga oggi di quella “fede eroica” da lui riscontrata più di vent’anni fa. Ma è un dubbio che nel mio cuore si estende a tutte le comunità cristiane che vivono in Occidente e che mi fa venire in mente l’inquietante interrogativo di Nostro Signore (Luca 18, 8): “Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”
La ringrazio, caro Valli, per la sua infaticabile battaglia in difesa della verità. La ricordo sempre nelle mie preghiere.
Giovanni Ipavec
Cameri (Novara)