di Marco Radaelli*
Dio ha creato tutto in sei giorni, e il settimo si è finalmente – e giustamente – riposato, godendo del lavoro fatto. La Creazione non è avvenuta in un momento, e non si è creato tutto in un istante. No. Sei giorni, una cosa per volta, una dopo l’altra secondo il progetto divino. Tutta la Creazione aveva come fine ultimo l’uomo, ma Dio non ha avuto la fretta di creare subito l’obiettivo di tutto quanto il suo lavoro. Tutto era in funzione della creazione dell’uomo, ma non ha fatto subito l’uomo. Il primo giorno il cielo e la terra, separando poi la luce dalle tenebre; il secondo giorno il firmamento con la separazione delle acque; il terzo giorno, dopo aver separato la terra dalle acque, fu il turno dei semi e dei germogli, immettendo in essi il grande principio della crescita, secondo il quale ciascuno darà frutto secondo la propria specie, che poi è l’intuizione che ha dato origine a questa mia riflessione: ogni cosa a suo tempo, e secondo le proprie qualità naturali -; il quarto giorno toccò ai due grandi luminari del giorno e della notte, il sole e la luna; il quinto arrivarono le prime specie viventi, quelle del mare, quelle del cielo e quelle della terra.
Infine, ma solo infine, “Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra. […] Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”.
“Dio creò l’uomo e la donna ‘a sua immagine’ (cfr Gn 1, 27), la Bibbia aggiunge che affidò loro il compito di dominare la terra (cfr Gn 1, 28). Fu l’ultimo giorno della creazione (cfr Gn 1, 28-31). Nei giorni precedenti, quasi scandendo il ritmo dell’evoluzione cosmica, Jahvé aveva creato l’universo. Al termine creò l’uomo, il frutto più nobile del suo progetto, al quale sottomise il mondo visibile, come immenso campo in cui esprimere la sua capacità inventiva. Dio ha, dunque, chiamato all’esistenza l’uomo trasmettendogli il compito di essere artefice. […] L’uomo si rivela più che mai immagine di Dio, e realizza questo compito prima di tutto plasmando la stupenda materia della propria umanità e poi anche esercitando un dominio creativo sull’universo che lo circonda. L’Artista divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all’artista umano, chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice. […] Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specifico del termine. Secondo l’espressione della Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è affidato il compito di essere artefice della propria vita: in un certo senso, egli deve farne un’opera d’arte, un capolavoro”[1].
Dio crea l’uomo, e lo crea bene. Tutti siamo fatti bene. Abbiamo in noi un cuore grande, fatto per le maggiori altezze e per le maggiori profondità, per la felicità, per il bene, per la bellezza. E siamo unici, abbiamo cioè in noi, all’atto della nostra creazione, qualità e predisposizioni differenti l’uno dall’altro. Stesso cuore, stesso obiettivo, diverse strade per arrivarci. Qui inizia la nostra responsabilità e dunque anche la nostra fatica. Siamo chiamati a plasmare la stupenda materia della nostra umanità e portarla verso la piena fioritura, e farne così un’opera d’arte, un capolavoro. Tuttavia… tuttavia ciascuno darà frutto secondo la propria specie, arrivando cioè alla propria fioritura secondo i semi che possiede e portando a maturazione le proprie qualità, per arrivare infine ad essere sempre di più se stesso, e giungere a somigliare sempre di più all’immagine perfetta di noi che Dio ha in mente da sempre e per la quale ci ha chiamati all’essere. Ci ha chiamati ad essere dei capolavori, opere uniche, irripetibili e insuperabili, e ci ha chiamati ad esserlo ognuno diversamente da chiunque altro, dando frutti differenti a seconda delle proprie qualità: ciascuno secondo la propria specie.
“In questa aspirazione a qualcosa di più, che è implacabile nell’animo giovanile, e per questo benefica e benedetta, io desidero confermarvi. È Pietro, roccia per chiamata divina, che vi esorta a non appiattirvi nella mediocrità, a non assuefarvi ai desideri mondani, a non voler vivere solo a metà, con aspirazioni ridotte o, peggio, atrofizzate. Il Papa è venuto per invitarvi al cammino, alla novità continua da cercare dentro di voi, con la vostra stessa vita. […] Non lasciatevi vivere, ma prendete nelle vostre mani la vostra vita e vogliate decidere di farne un autentico e personale capolavoro!”[2]
E Dio, oltre a crearci, ci insegna anche come poter giungere alla realizzazione di questo qualcosa di più. E il primo elemento di metodo che ci consegna è l’uso buono del tempo.
Prima pagina della Bibbia. Genesi 1,1-31. È sufficiente leggere questi pochi versetti per trovare tutto quello che serve. Dio crea tutto in vista dell’uomo, ma prima crea tutto, e solo alla fine crea l’uomo. Non fa il contrario. Ha un obiettivo, ma non crea subito l’obiettivo. Ci arriva, passo dopo passo, cosa creata dopo cosa creata, giorno dopo giorno. Prima una cosa, poi una seconda, poi una terza, e così via. È solo dopo aver creato il vertice della Creazione, cioè l’uomo, che Dio giudica molto buono tutto quanto ha creato. L’uomo completa la Creazione e rende molto buono ciò che prima era “soltanto” buono. Il fine era l’uomo, ma il cammino per arrivarci era necessario.
Facendo così, oltre a creare, Dio ci dà anche il vero principio educativo, seguendo il quale le cose possono essere davvero molto buone: all’obiettivo ci si arriva nel tempo, passo dopo passo, giorno dopo giorno, sempre avendo di mira l’obiettivo ma con la pazienza di arrivarci bene, nel modo giusto e nei tempi corretti. È bello pensare che Dio stesso abbia fatto così, quasi “allenandosi” nei cinque giorni precedenti, per arrivare preparato, dandosi il tempo giusto, al momento della creazione del fine ultimo del suo impegno, per il quale si era speso tutto nei giorni precedenti: l’uomo.
Creando il mondo, Dio ha così immesso nel mondo anche la legge del lavoro ben fatto, dando valore al tempo e alla pazienza come elementi fondamentali per la costruzione di qualcosa di grande. Senza cedere al desiderio di arrivare subito al motivo per cui stava creando tutto, cioè l’uomo, ma creando tutto perché quell’uomo potesse sentirsi veramente grande.
E se perfino Dio, che è l’Eterno Lavoratore, il modello per ogni lavoro ben fatto, ha ritenuto di escludere la fretta dal suo lavoro, se nemmeno Dio ha ritenuto di raggiungere l’obiettivo secondo la mentalità del tutto e subito, perché mai noi, che invece non siamo Dio, dobbiamo pensare di essere più capaci di Lui, e che a noi il tempo giusto non serva per fare le cose nella maniera migliore? È la legge della creazione.
Lo stesso discorso andrebbe fatto anche per la situazione opposta. Dio ha fatto le cose esattamente nel tempo e nel momento in cui andavano fatte. Non va bene fare le proprie scelte o agire con fretta, dunque, senza il giusto allenamento e la giusta preparazione, ma non va bene nemmeno aspettare all’infinito, oltre il giusto tempo, per decidersi a fare il passo definitivo. Ogni cosa infatti vuole il suo tempo, non di meno, ma neanche di più. Un frutto non va colto prima che sia maturo, ma nemmeno dopo la sua maturazione. Sono dunque necessari due aspetti complementari: l’intelligenza di comprendere quale sia il momento giusto, cioè la capacità di attendere fino a quando non si hanno in mano tutti i fattori per decidere, e la capacità di decidere una volta che li si ha in mano. Non prima, non dopo. Al momento giusto.
[1] Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 4 aprile 1999
[2] Giovanni Paolo II, Incontro con 20000 giovani nel palazzo dello sport, Genova, 22 settembre 1985
*insegnante di Filosofia e Storia presso il liceo Omodeo di Mortara (Pavia)
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Da: Marco Radaelli, Educare insegnando. Ciascuno darà frutto secondo la propria specie, in uscita nei prossimi mesi