Lettera / Rupnik e le sue brutte opere
di Vincenzo Rizza
Caro Aldo Maria,
in Francia si è recentemente aperto un dibattito sulla sorte delle opere del gesuita Rupnik. In particolare una commissione episcopale sarà chiamata a valutare se rimuovere, in ragione della sofferenza delle vittime di abusi, i mosaici del gesuita che decorano la basilica del santuario di Lourdes.
Vorrei esprimere la mia opinione in proposito. Premetto subito che sono perfettamente d’accordo con l’idea della rimozione, ma non per le ragioni che muovono la commissione episcopale, bensì per il semplice fatto che trovo quelle opere prive di qualsiasi valore artistico; in altre parole, brutte.
Se dovessimo valutare la dignità di un’opera d’arte sulla base delle virtù dell’autore, dovremmo mandare al macero i dipinti di Caravaggio a San Luigi dei Francesi. Michelangelo Merisi, infatti, non brillava certo per le sue doti umane e tra le sue imprese conosciamo non solo l’abitudine di utilizzare prostitute come modelle (perfino per raffigurare la Vergine Maria) ma anche i numerosi guai con la giustizia, fino all’ omicidio di Ranuccio Tomassoni che lo costrinse a fuggire da Roma per evitare la pena capitale.
Sennonché nessuno (almeno per ora, ma in tempo di cancel culture nulla è scontato!) si sognerebbe mai di mandare al macero i suoi capolavori. La maestria con cui rappresentava tanto il sacro quanto il profano era giustamente stimata già ai suoi tempi e ancora oggi, trascorsi oltre quattrocento anni, non possiamo che apprezzare con stupore la meraviglia della sua arte.
L’arte, tuttavia, si evolve e soprattutto negli ultimi decenni abbiamo assistito a una deprimente involuzione e il reale valore di molta arte cosiddetta moderna consiste nel fatto che riesce a produrre il miracolo di autentiche schifezze che nessuno ha il coraggio di definire tali.
Così le opere di Rupnik, brutte copie dei mosaici bizantini, sono divenute la massima espressione dell’arte religiosa moderna e hanno invaso importantissimi luoghi di culto (non solo Lourdes, ma anche il Laterano, San Giovanni Rotondo, Fatima, il palazzo apostolico). In fondo è lo specchio della nostra epoca che ha non solo dimenticato il senso del sacro, ma perso il senso del bello.
Un solo motivo potrebbe indurre a non rimuovere le opere di Rupnik: se in epoca rinascimentale potevano permettersi di sostituire i dipinti di Perugino e Piermatteo d’Amelia nella Cappella Sistina con i capolavori di Michelangelo Buonarroti, è più che concreto il rischio che i mosaici del gesuita siano domani sostituiti con opere ancora più brutte.