di Larry Chapp*
In un documentario intitolato The Pope: Answers, girato nel giugno 2022 e appena distribuito da Disney+, papa Francesco risponde alle scottanti domande di dieci giovani adulti su sesso, aborto e genere, ma molte delle sue osservazioni e risposte, così come sono state riportate dal Catholic News Service e Vatican News, sono scioccanti nella loro superficialità.
Non posso dire altrimenti, né posso indorare la pillola per rispetto dell’ufficio petrino. Anzi, è proprio per la mia devozione al ministero petrino nella Chiesa che sento di dover parlare in modo più schietto del solito, anche per me.
Il pontefice, probabilmente per il desiderio di coinvolgere veramente i giovani, si presenta come un pastore che asseconda il suo pubblico, ma in questo modo fa confusione rispetto ai chiari insegnamenti della Chiesa su questi temi. Sono favorevole a un dialogo rispettoso e a un impegno sincero verso coloro che, per qualsiasi motivo, si sono allontanati dalla Chiesa. Non sono un predicatore fanatico che minaccia i non credenti con il fuoco dell’inferno e scaglia contro di loro copie del Catechismo. Ho passato una vita in classe a insegnare a gruppi eterogenei di laureandi completamente modernizzati. Ciononostante, una cosa è il dialogo rispettoso, un’altra è un’insalata di parole ed errori.
In risposta a una domanda sulla moralità dell’uso di un’App di incontri come Tinder, papa Francesco afferma che queste cose sono “normali”, poiché i giovani vogliono naturalmente cercare di coinvolgersi con gli altri. Giusto, ma il commento o ignora l’uso di Tinder come strumento per la cultura del “rimorchio” sessuale, o il papa sta deliberatamente deviando l’attenzione da questa realtà per evitare di fare una vera valutazione morale. È probabile che ci siano relazioni sane iniziate attraverso un contatto su Tinder, ma l’App nel complesso è utilizzata da coloro che, per usare una terminologia antiquata, cercano di fornicare.
Questo dovrebbe meritare almeno un commento di passaggio da parte del pontefice sull’uso improprio, per scopi immorali, di questo tipo di tecnologia nella nostra cultura pornificata e sessualmente licenziosa. Il papa dovrebbe dire che tali pratiche sono disumanizzanti all’estremo e possono portare a una sessualità distorta e spiritualmente mortale. Invece non fa alcuna ammonizione di questo tipo.
In una discussione sulla pornografia e la masturbazione, apparentemente iniziata da una “giovane donna che dice di creare contenuti per adulti”, Francesco dice che “esprimersi sessualmente è una ricchezza”, e aggiunge che “tutto ciò che diminuisce la vera espressione sessuale sminuisce anche te, ti rende incompleto e impoverisce questa ricchezza”.
Sono abbastanza certo che papa Francesco pensi che il sesso al di fuori del matrimonio eterosessuale sia un peccato (di qualsiasi livello di gravità a causa della responsabilità ridotta), il che rende le sue osservazioni (o la mancanza di osservazioni) sulla cultura reale promossa da Tinder doppiamente problematiche: è un esempio di insensibilità pastorale verso i fatti verificabili sul campo. Per chi parla spesso della necessità di leggere “i segni dei tempi”, i suoi commenti su Tinder rivelano un notevole grado di sordità rispetto alla natura dei tempi in cui viviamo.
Il pontefice afferma inoltre che non dobbiamo mai dire che il sesso è una cosa “brutta”. Ma chi lo dice? Forse c’è qualche testardo giansenista che parla in questo modo, ma anche i miei amici tradizionalisti più accaniti non farebbero mai un’affermazione del genere. Questa è la solita caricatura che il papa fa del cattolicesimo conservatore e della sua insistenza sul fatto che la morale sessuale non solo è ancora importante, ma lo è in modo decisivo, vista la spirale di morte della nostra cultura verso la follia sessuale. Francesco usa questa caricatura per impostare la propria visione “misericordiosa” secondo cui “tutti” dovrebbero essere ricevuti e accolti nella Chiesa e nessuno deve mai essere respinto. Si tratta di un mero sofisma, poiché utilizza il falso presupposto secondo cui nella Chiesa ci sono molti che pensano che il sesso sia brutto per stabilire una contro-affermazione, simile a quella del cardinale McElroy, secondo cui la strada giusta da seguire è essere più “inclusivi” verso tutti coloro che vivono relazioni sessuali immorali. Siamo di fronte a due estremi opposti che escludono la via di mezzo, veramente pastorale, di essere sì infinitamente e accoglienti, ponendo però la sfida della chiamata di Cristo alla santità.
Papa Francesco crea questo falso binario e lo usa per promuovere l'”inclusione”, parola d’ordine carica di significati non certo favorevoli all’insegnamento della Chiesa. Dice: “Dio non respinge nessuno, Dio è Padre, e io non ho il diritto di espellere nessuno dalla Chiesa. Non solo, il mio dovere è sempre quello di accogliere. La Chiesa non può chiudere la porta a nessuno. A nessuno”. Ma questo non fa che sollevare altre domande. Per esempio, ci sono dei limiti a questa ospitalità? Quali altri peccati dovrebbero essere presi in considerazione all’interno di questa etica pastorale di totale accoglienza?
Possiamo accogliere, senza scuotere il dito indice in modo moralistico, razzisti palesi e suprematisti bianchi dichiarati? Misogini? Antisemiti? Mafiosi? Ladri? Truffatori finanziari? O solo il peccato sessuale va trattato con un “accompagnamento” che inizia con “Benvenuto, amico!” prima di passare alla sostanza dell’etica del Regno di Cristo?
Papa Francesco e i suoi prelati preferiti, come il cardinale McElroy, non ci forniscono mai un’analisi del significato pastorale dell’accompagnamento, come dovrebbe fare un’istituzione spirituale dedicata alla Rivelazione di Dio in Cristo. Scelgono invece di parlare nel linguaggio della nostra cultura terapeutica, con il suo individualismo atomizzato e il suo soggettivismo morale sfrenato in materia di morale sessuale. Mai viene offerta una guida su come dovrebbe essere l’accompagnamento nell’accogliere un razzista. L’attenzione si concentra sempre sui peccati sessuali, il che dà l’impressione, ironicamente, che la Chiesa sia ossessionata dal sesso.
Il papa si lancia poi in un’assurda psicologizzazione da bar affermando che coloro che nella Chiesa, secondo lui, non sono accoglienti con i peccatori hanno paura di confrontarsi con la propria peccaminosità: “Vivono per condannare gli altri perché non sanno chiedere perdono per le proprie colpe”. Ma come fa a saperlo? Ha forse fatto uno studio del problema o le sue prove sono solo aneddotiche e radicate nelle sue esperienze piene di idiosincrasia? Dove sarebbero tutte queste parrocchie che avrebbero installato davanti alle porte buttafuori liturgici per rifiutare l’ingresso al “Club Gesù”?
Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una caricatura di ciò che è la vita nella maggior parte delle parrocchie moderne. La realtà effettiva è esattamente l’opposta, dato che la canzone All are Welcome è diventata l’inno preferito, gridato con fervore oratorio. Le file per la confessione si sono prosciugate, mentre quelle per la comunione sono popolatissime da chi vede l’accoglienza eucaristica come un favore dovuto, un diritto di nascita, indipendentemente dai loro peccati.
Forse sto fraintendendo lo stato della vita parrocchiale moderna; forse sto solo proiettando su un grande schermo un film che si svolge nella mia testa, basato solo sulle mie esperienze soggettive. Ma non credo. Come persona di sessantaquattro anni, cresciuta interamente nella Chiesa post-Vaticano II e che ha frequentato decine di parrocchie in tutta l’America, in diversi tipi di quartieri, posso affermare con grande sicurezza che lo stereotipo usato dal papa, che parla di parrocchie moderne piene di ipocriti moralisti che non vogliono affrontare i propri peccati e si scagliano contro quelli degli altri, è semplicemente falso.
Non per sottilizzare, ma la questione di come sono realmente le parrocchie è molto importante. Perché una valutazione accurata, a livello empirico, dello stato della vita parrocchiale moderna è l’unico punto di partenza valido per un corretto sviluppo della pastorale. Attualmente siamo impegnati in un processo “sinodale” i cui promotori hanno voluto farci sapere quanto siano state meravigliose le “sessioni di ascolto”. Ma, da quanto ho letto, solo l’1% circa dei cattolici di tutto il mondo ha partecipato a queste deliberazioni. Il che, a mio avviso, non fa che sottolineare il mio punto di vista: il problema che affligge la maggior parte delle parrocchie oggi non è il moralismo, bensì la noia, l’apatia e un certo livello di allontanamento emotivo causato dalla mediocrità. La Chiesa, ci viene detto, ora “ascolta”. Ma, esattamente, ascolta che cosa? Forse l’ascolto più profondo di tutti sarebbe ignorare l’1% e concentrarsi invece sul frinire dei grilli dell’indifferenza nei cortili del silenzioso 99%.
Il papa, lodevolmente, continua a parlare con forza contro gli abusi sessuali nella Chiesa e invita ad affrontarli in modo rapido ed efficace. Accolgo con entusiasmo il chiaro e netto richiamo all’azione su questi temi. Ma le azioni del papa a tal proposito, come spesso accade in questo papato, non sempre corrispondono alla sua retorica. Devo forse citare i nomi di persone come padre Rupnik o il vescovo Zanchetta? Il papa ha detto ai suoi giovani ascoltatori ciò che volevano sentire su questo argomento – apparentemente come tutto il resto che ha detto nell’intervista – ma si è fermato di fronte all’ammissione dei suoi fallimenti.
Infine – ed è l’aspetto più scandaloso – papa Francesco dice che la “catechesi della Chiesa sul sesso è ancora in fasce”. Cosa significa? Significa forse, come penso, che l’insegnamento tradizionale della Chiesa è ancora agli inizi e deve maturare e crescere? Se è così, si tratta di uno di quei discorsi spontanei che ci permettono di capire come la pensa davvero il papa. Ci mostra che il suo sventramento dell’Istituto Giovanni Paolo II a Roma non è stato un caso, così come non lo è stato il radicale riposizionamento della Pontificia accademia per la vita. Ci dice che la promozione di prelati come McElroy, che sposano apertamente teorie morali proporzionaliste, fa parte della sua agenda. Ci dice che la promozione di padre James Martin a una carica vaticana e le sue lettere di sostegno al New Ways Ministry [iniziativa “cattolica” a favore delle persone LGBTQ+, NdT] non sono il prodotto di un pontefice ingenuo e facilmente manovrabile, ma il frutto di una calcolata strategia di rottura.
A quanto pare, per il papa la Chiesa ha bisogno di essere educata all’uso del vasino in materia sessuale ed è giunto il momento che indossi finalmente i pantaloni e si muova nel nuovo e coraggioso mondo del pluralismo degli “stili di vita” sessuali. Ma questa caratterizzazione della teologia morale tradizionale della Chiesa, come se fosse in una fase di sviluppo infantile, può avvenire solo attraverso un monumentale atto di amnesia ecclesiale. Papa Francesco non ha mai letto la teologia morale di san Tommaso d’Aquino? Anche l’Aquinate, intellettualmente parlando, era ancora in fasce? L’attuale papa non ha mai letto gli insegnamenti di san Giovanni Paolo II su questi temi? Mai letto nulla sulla teologia del corpo del defunto pontefice e la sua erudita delucidazione della teologia morale in Veritatis splendor? Questi insegnamenti possono davvero essere liquidati con un colpo di bacchetta e descritti come la “fase del pannolino” delle nostre riflessioni su questi temi? La teologia morale di papa Giovanni Paolo e i suoi numerosi scritti sulla sessualità e sul matrimonio erano quindi solo una parte di questa “fase del pannolino”?
Tutto questo, ovviamente, è un’assurdità risibile, una cosa irresponsabile da dire per un papa. Offre alimento ai critici secolari della Chiesa – “Vedete, anche il papa dice che la Chiesa è stata infantile in queste cose!” – e aggiunge molta benzina alle affermazioni iper-tradizionaliste secondo cui la Chiesa moderna è uscita dai binari. Queste affermazioni non fanno altro che alimentare i cani che abbaiano e si annidano negli estremi opposti e non fanno assolutamente nulla per aiutare e sostenere i pochi adulti rimasti nella stanza.
Dietro a tutto questo si nascondono i dibattiti in corso sulla corretta ricezione del Vaticano II. E le parole del papa in questa intervista implicano che coloro che sposano una visione del Concilio come un evento di rottura con il passato hanno ragione. Questa è la Chiesa di Sant’Eraclito [Eraclito, il filosofo oscuro, teorizzatore della dottrina dell’unità dei contrari, NdT], ora sotto steroidi, dove tutto è contestato e messo in discussione. È una Chiesa, come ha lamentato il vescovo Robert Barron, in un costante stato di “sospensione”, in cui il cambiamento e il flusso sono gli unici parametri di verità. Le parole del papa implicano non solo un ripudio di Giovanni Paolo II, ma anche di Benedetto XVI, il cui tema caratteristico era la priorità del lógos sull’ethos, e della verità rivelata di Dio sulle passioni e le mode passeggere del momento.
In conclusione, tutto ciò che posso dire dopo aver letto questa intervista è: “Santo cielo, è imbarazzante!”.
*teologo
Fonte: catholicworldreport.com
Titolo originale: A Pope at Disney and the Church “in diapers”